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  • Roma, Mkhitaryan: 'L'Arsenal è un sogno. Ecco perché sono venuto in Italia'

    Roma, Mkhitaryan: 'L'Arsenal è un sogno. Ecco perché sono venuto in Italia'

     Il blogger Yevgeny Savinha realizzato un documentario su YouTube in cui racconta il Mkhitaryan, la sua vita privata, la carriera, i rapporti con gli ex allenatori e molte altre curiosità.

    Il trasferimento alla Roma e gli obiettivi personali
    Il primo settembre, due ore dopo il match giocato con l’Arsenal, Mino Raiola mi ha detto che avrei dovuto prendere il primo volo per Roma. E’ successo tutto molto in fretta. Mi ero ripromesso che le cose sarebbero dovute cambiare in questa stagione. Quando hai 30 anni non hai più tempo da perdere e hai bisogno di andare avanti per continuare a divertirti. A inizio stagione il nostro obiettivo era entrare nelle prime quattro, andare in finale di Coppa Italia e proseguire il più possibile nel cammino Europeo. La pressione qui non è un problema per me. Non per la mia età, ma perché ho giocato in club come Manchester United e Arsenal. La gente qui vive di calcio ed è molto bello.

    Il futuro
    Il mio obiettivo è continuare a giocare fino a 37 anni. Non so cosa mi succederà e se il fisico continuerà a supportarmi. Voglio giocare al livello massimo il più a lungo possibile. E’ il mio obiettivo, ma vedremo. Cosa farò a fine carriera? Non lo so. Potrei fare l’allenatore, il dirigente o il procuratore. Ancora non ci penso.

    Il mancato trasferimento in Russia
    Non ho rifiutato lo Spartak Mosca. Quando ero allo Shakthar pensavo di essere nella squadra più forte dell’ex unione sovietica. Non c’era motivo di andare allo Spartak perché il mio sogno era di giocare in Europa. L’Anzhi mi ha promesso un ingaggio folle più i bonus, ma per inseguire il mio sogno ho rifiutato. Quanti soldi? Un po’ meno di Eto’o. Quindi non proprio 20 milioni, ma quasi.

    Il conflitto con Mourinho
    Una volta Mourinho mi ha visto a colazione e mi ha detto: “Per colpa tua la stampa mi critica”. Io gli risposi: “Davvero mister? Non lo faccio certo di proposito”. Ai tempi del Manchester United c’erano paparazzi tre giorni a settimana. Ti filmavano mentre entravi in macchina, come eri vestito… Una volta arrivati al centro sportivo loro erano ancora lì. Ogni passo era controllato. Se Mourinho è l’allenatore più difficile della mia carriera? Sì, potrei dire di sì. E’ un vincente di natura. Vuole che tu vinca e che tu faccia quello che ti chiede. E’ difficile per chiunque. Ci sono state divergenze e conflitti, ma non hanno avuto un forte impatto sul buon lavoro e i tre trofei vinti. Se è vero che mi ha attaccato dopo la partita e mi ha spinto dicendo che dovevo allenarmi? Si è vero. Tutto è iniziato da lì. Ho pensato: “Non ho altro da aggiungere al Manchester. Lavoro, presso, aiuto la squadra, segno e qualcuno è anche insoddisfatto. Non volevo perdere tempo e giocare a calcio”. Giocare al Manchester è comunque un’occasione che ti capita una volta nella vita. Scendere in campo insieme a Ibrahimovic, Pogba, Mata, De Gea… Se dovessi ritornare indietro nel tempo, avrei rinnovato il contratto con i Red Devils. Non mi pento però di ciò che ho fatto.

    Il passaggio all’Arsenal
    Sapevo che Wenger e l’Arsenal erano interessati a me, ai tempi dei conflitti con Mourinho. Wenger mi voleva con i Gunners. Passare con loro è stato coronare il sogno che avevo da bambino. Molti giocatori francesi avevano indossato quella maglia in passato: Henry, Pires, Bergamp, Petit, Vieira. Ero appassionatissimo.Poi, con l’arrivo degli Emirati Arabi, hanno iniziato ad avere problemi economici e hanno iniziato ad investire sui giovani. Trasferirmi all’Arsenal di Wenger è stato un sogno, una favola.
     

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