Romamania:| Non si sentono 'grandi'
Due uguale due. Eliminiamo la successione degli eventi. E' lo stato psicologico a render più o meno apprezzabile un risultato ad un tifoso. Prendete ad esempio uno spettacolo teatrale o un film: meglio se horror o poliziesco. Solitamente le avversità compaiono subito, per poi arrivare ad una soluzione e lasciare il sorriso sul volto dello spettatore. Nell'osservare le partite della Roma si prova esattamente il sentimento opposto: gioia iniziale, amarezza sfociante in rabbia dopo. Immaginate se i gol di Simplicio fossero arrivati nel finale al termine di una clamorosa rimonta. Probabilmente si sarebbe parlato di grande Roma.
Il precedente già esiste, Roma-Bayern 3-2, il picco più alto dell'attuale stagione: nel primo tempo i giocatori giallorossi sono apparsi come dei brocchi, fuori dalla Champions League e nelle proiezioni mentali dei tifosi al massimo da salvezza in serie A. Al termine di quella partita, gli stessi undici si sono trasformati in favoriti incontrastati di campionato e Champions. In sostanza: come i tifosi peccano di esaurimento (in senso buono), i calciatori in campo latitano di autostima. Quando si trovano sopra di uno o due gol non sanno che fare: vorrebbero far passare il tempo servendosi il pallone, ma il calcio non è questo e l'avversario lo sa. Il dinamismo inversamente proporzionale al nervosismo.
Quest'ultimo in situazioni di emergenza assume una connotazione positiva, mentre se si è alla difesa di un risultato diventa addirittura deleterio. Troppe rimonte subìte nel passato recente. E' proprio l'aspetto psicologico, spesso strumentalizzato in questo sport, a rappresentare la linea sottile fondamentale tra un buon collettivo ed uno vincente. Basta crederci di più. E lavorare maggiormente in settimana. Ma di questo aspetto ad avere le maggiori responsabilità è Ranieri.