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  • Ruiu: 'Poca qualità ed esperienza, il Milan vince solo se va a mille all'ora. Il mani Udogie più grave del gol di Muntari'

    Ruiu: 'Poca qualità ed esperienza, il Milan vince solo se va a mille all'ora. Il mani Udogie più grave del gol di Muntari'

    • Cristiano Ruiu
      Cristiano Ruiu
    Dopo due anni è molto chiaro che questo Milan, per essere competitivo, è obbligato a correre a mille all’ora, su tutti i palloni, in tutti i contrasti, per tutta la durata delle partite. Purtroppo non ha un quantitativo minimo di giocatori di classe ed esperienza che permettano di “gestire” le gare e i momenti di down di condizione. Non è nemmeno un fatto legato agli infortuni, anzi l’andamento stesso di questa stagione dimostra che le numerose assenze hanno condizionato solo minimamente il rendimento della squadra. Riprova ne è il fatto che tutti gli addetti ai lavori profetizzavano dicendo: “Il Milan tiene il passo con tutti questi infortunati, figuratevi quando rientreranno!”, i fatti invece hanno indicato l’esatto contrario. Paradossalmente il Milan faceva più punti quando era in emergenza rispetto ad adesso che ha l’organico praticamente al completo. La ragione è sempre la stessa: non c’è così grande differenza di valori all’interno della rosa, la vera differenza la fanno condizione fisica e mentale. Se questo Milan corre può battere tutti, persino l’Atletico a Madrid, se invece non corre può perdere punti con tutti, anche contro l’ultima in classifica. Il grande merito di Pioli e della società è stato inculcare in una squadra dai valori tecnici mediamente non eccelsi una mentalità vincente per cui in due anni sono state tantissime, quasi tutte, le gare in cui il Milan è effettivamente andato a mille all’ora. E non a caso i rossoneri sono sempre stati ai vertici della classifica, pur avendo mezzi tecnici inferiori ai competitor. Dopo le vittorie contro Inter e Lazio, la squadra di Pioli, inconsciamente, ha pensato di poter iniziare a “gestire” le partite, soprattutto contro avversari di rango inferiore. È accaduto contro la Sampdoria, la Salernitana e venerdì contro l’Udinese. Tre partite in cui i rossoneri hanno trovato agevolmente il vantaggio e poi invece di continuare a restare “sul pezzo” si sono messi in modalità “risparmio energetico”. Contro Giampaolo è andata bene, poi invece sono arrivate due rimonte dolorose che sono costate 4 punti. E la fortuna del Milan, in chiave scudetto, è che Inter e Napoli avevano e hanno un calendario nettamente più complicato con in mezzo due doppie sfide da brivido contro Liverpool e Barcellona. Per questo motivo, la corsa scudetto è ancora tutta in bilico. Ma è essenziale tornare a correre a mille all’ora e a non ripetere l’andamento altalenante del girone di ritorno della passata stagione.

    Premesso dunque che il Milan ha perso due punti contro l’Udinese per colpe proprie, in una partita in cui ha creato pochissimo e ha sofferto troppo, veniamo alla questione arbitrale che, guarda caso, casca precisamente 10 anni dopo il famoso “gol di Muntari”. Situazioni diverse e periodi totalmente diversi: quell’episodio fece epoca al punto da determinare addirittura la prima introduzione della tecnologia in campo. A livello simbolico, quella scelta di Tagliavento fu la concreta dimostrazione del ritorno al potere della Juventus, dopo il purgatorio post Calciopoli. Quel 25 febbraio 2012 è stata la dimostrazione plastica del fatto che la Juve fosse tornata forte. In campo e fuori. Non sto parlando ovviamente di illeciti, ma di pressioni psicologiche ed esercizio delle influenze di potere. Non a caso, dopo quel giorno la Juve vinse scudetti a ripetizione e vide schizzare alle stelle il proprio fatturato. Capite bene dunque, che l’impatto storico tra il gol “epocale” di Muntari e la “manina” di Udogie non è e non sarà mai lo stesso. Ma a livello tecnico, l’errore commesso dalla direzione di gara di Milan-Udinese è molto più grave. La gravità sta nel fatto che adesso c’è il VAR e il VAR è stato introdotto proprio per dirimere questioni che umanamente possono sfuggire all’arbitro di campo. Ci stava anni fa non vedere la mano di Adriano nel derby, ci sta non vedere la mano di Udogie nella stessa porta. Ma non esiste proprio che non si individui l’irregolarità dopo aver visto e rivisto l’immagine in tv. E non esiste che l’arbitro non venga richiamato al monitor per riconsiderare un episodio che, davvero, può decidere un campionato. La gravità concettuale della mano di Udogie supera di gran lunga sia l’errore di Milan-Napoli sia il clamoroso infortunio di Serra contro lo Spezia. Per questo motivo, nemmeno Paolo Maldini ha ritenuto giusto esimersi dal segnalare il fatto e, per la prima volta, non ha potuto evitare di protestare. Molti tifosi hanno criticato la scelta maldiniana di non lamentarsi mai degli errori arbitrali. Invece noi siamo totalmente d’accordo con questa filosofia che affonda le radici nella storia del primo Milan berlusconiano, quello dove Maldini si vedeva annullare gol regolari a Belgrado, Brema e Madrid, ma vinceva lo stesso le Coppe dei Campioni. Quello dove i rossoneri, senza intrallazzi politici, erano costretti a incassare arbitraggi tipo quelli di Lo Bello a Verona. Il Milan è sempre stato così, il Milan ha sempre evitato di stracciarsi le vesti di fronte al primo mezzo errore arbitrale. Ma ci sono dei momenti storici in cui è inevitabile intervenire e Maldini, da grande dirigente qual è, lo sa. Il Milan in campo sta pian piano tornando grande. È ora di farlo capire chiaramente anche fuori dal campo. E magari, la prossima volta, Marchetti, al monitor ci andrà.

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