Sabatini a CM: 'Inter, a Inzaghi manca qualcosa. Thiago Motta è il profilo giusto'

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Scusate… Scusate se ricomincio un altro pezzo per calciomercato.com con “scusate”. A scanso di equivoci: non è complesso di inferiorità, si tratta - più modestamente - di educazione. Scusate, dunque, se sfugge qualcosa dalla rassegna stampa mattutina, ma che Thiago Motta ha dato una lezione di calcio a Simone Inzaghi l’abbiamo letto solo qui (LEGGI L'APPROFONDIMENTO), a firma Alberto Cerruti.E “perdonate” (cambio scontato per evitare la ripetizione) se non si è ancora letto altrove che Thiago Motta avrebbe il profilo giusto per allenare l’Inter del futuro. È stato un grande nerazzurro del Triplete, è partito dalle giovanili, nel curriculum evidenzia il tatuaggio di un esonero che aiuta a crescere. Riassunto per le prossime puntate: promette talento, esperienza e spessore per una carriera da allenatore non banale.
È più “banale” - che comunque non è un’offesa - la carriera di Simone Inzaghi. Giovanili della Lazio, poi prima squadra quando Lotito non si accorda con quel matto (“loco” per gli amici) di Bielsa, anni belli e discretamente vincenti in biancoceleste. Un biennio all’Inter con la bacheca arricchita da qualche coppa, ma senza la medaglia tricolore dello scudetto. C’è l’impressione che manchi qualcosa. Nessuno può dire con precisione se il “qualcosa” sia a livello tecnico o di personalità, di strategia o di tattica. Ma forse il problema è proprio la precisione un po’ secchiona con cui Inzaghi ripete le sue lezioni ad ogni partita. Lo insegnano i colleghi allenatori delle squadre che battagliano con l’Inter in cima alla classifica: cambiare si può, anzi in certe situazioni di deve. Sia in allenamento che in gara.
Invece in questa Inter il sistema di gioco è sempre lo stesso, la tattica anche, la strategia pure e le sostituzioni tutte prevedibili. Così anche la bella copia si trasforma in abitudine, se il compito diventa compitino e si assomiglia sempre. Così si spiega perché l’Inter nel 2023 fa seguire quattro evidenti delusioni (Monza, Empoli, Samp e Bologna) a quattro belle prestazioni (Napoli, i due derby e Porto): l’abitudine.
“Per alcune partite l’allenatore non deve caricare la squadra di altre motivazioni. Da certe sfide le motivazioni arrivano da sole”: quante volte abbiamo sentito gli allenatori pronunciare questa frase, tanto rituale quanto vera? Ecco, sembra il caso dell’Inter di Simone Inzaghi. La squadra c’è quando la partita conta, ma non quando i tre punti servono (come tutti gli altri). Ed è un bel problema, da segnalare adesso: sicuramente troppo tardi per la stagione in corso, ma prima che sia troppo tardi per l’anno prossimo.
L`Inter vince le partite che contano perché contro squadre che giocano le sue punte trovano lo spazio per agire visto che nello stretto "difettano". Inzaghi ha nella sua rosa diversi giocatori "tramontati": Dzeko, Handanovic, Dambrosio...e altri sulla via del tramonto: Lukaku, DeVrij e alcuni inutili: Correa, Gagliardini e altri spariti: Dumfries, Gosens (contro il Bologna gli hanno dato la sufficenza ma il gol subito è colpa sua: da quella parte c`erano solo lui e Orsolini cosa è rimasto largo a fare, aspettava i Tartari? Ora continuate pure con il processo a Inzaghi che qualche colpa ce l`ha certamente anche lui.
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