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  • Sabatini: 'La Samp deve restituirmi la Champions. Paredes? Non dobbiamo prendere quei giocatori'

    Sabatini: 'La Samp deve restituirmi la Champions. Paredes? Non dobbiamo prendere quei giocatori'

    • Lorenzo Montaldo
    Il 25 giugno sarà ricordato come il giorno in cui Walter Sabatini ha preso in mano la Sampdoria. Per presentarsi al suo nuovo pubblico, il dirigente blucerchiato ha scelto la via della conferenza stampa. E' stata una chiacchierata intensa, completa, caratterizzata anche da tratti ambiziosi. Tutto in perfetto stile Sabatini: "È stato bello poter scegliere di venire alla Sampdoria" attacca il nuovo responsabile dell'Area Tecnica. "Mi dà due opportunità: la prima è tornare a frequentare la mia utopia calcistica. È una cosa che facevo al Palermo, riguarda un modo di essere, di pensare di pormi davanti al calcio. Sette anni fa, ho contratto un debito con la Sampdoria che non ho risolto nella mia psiche: avevo fatto un accordo con Riccardo Garrone, accordo al quale ho dovuto venire meno. Ho colto in Garrone due tipi di sguardo: complice e indagatore. Ho dovuto dismettere questo accordo e ho incontrato il secondo sguardo di Garrone, che era di delusione. Oggi saldo questo debito, e per questo ringrazio tutto l’entourage blucerchiato per avermi voluto qui".

    "L’utopia calcistica non vi deve allarmare – spiega poi Sabatini per sviluppare il concetto espresso in precedenza – io credo che quando si lavora per un’azienda che ipoteticamente è inferiore alle altre, si debba coltivare l’ambizione di pensare di essere la Juventus, la Roma o l’Inter: non voglio considerare la Sampdoria subalterna a queste altre realtà. Io vivo di questo stato d’animo, di mettermi in discussione, di forgiare. Se non ho questo stimolo mi annoio, non potevo coltivare l’utopia alla Roma e all’Inter, che presupponevano una parità conclamata, qui invece posso coltivare ed elaborare una strategia forte per essere sempre competitivi. Non è un discorso di oggi, ma spero di elaborarlo nei prossimi mesi e anni. Mi permetto di dire, assumendomi la responsabilità, che la sfida mi stimola, mi fa vivere meglio: ci credo". Per convincere il dirigente è stata fondamentale la presenza a Genova di un tecnico come Giampaolo: "Il motivo per cui ho scelto la Sampdoria è Giampaolo, credo in lui e lo conosco da quando era allenatore-ombra al Giulianova. Penso che Giampaolo sia il valore aggiunto di questa società, è un demiurgo e sarà l’uomo che forgerà un modello di gioco e un’idea di quello che dovremmo essere. È eccezionale dal punto di vista metodologico, lo considero molto vicino alla perfezione: uno dei migliori di Europa. Domani ci incontreremo a Milano, assieme a Carlo Osti, e finalmente lavoreremo assieme".

    Il presidente Ferrero viene invece definito: "Un artista, un dirimpettaio della follia. È qualcosa di necessario per vivere meglio. È un grande motivatore, le sue caratteristiche sono necessarie: io ho il mio universo interiore complicatissimo, dentro di me c’è di tutto, sono un uomo dirompente nei modi di dire e di fare, e lui è un po’ come me. Poi abbiamo due guardiani: uno è Antonio Romei, e l’altro è Carlo Osti. Sono un uomo adulto e ancora ad oggi non riesco a metabolizzare la sconfitta: è un dolore che si rinnova ogni volta. Odio perdere. Mi fa sentire in colpa. Cercheremo tutti insieme di procurarci solo un numero sopportabile di sconfitte. La Sampdoria è stata capace di grandissime imprese, abbattendo avversari importanti. Il problema dell’adagiarsi è quello di una sorta di appagamento, ogni squadra ha un target che viene definito da chi fa la critica. Questo succede spesso, inevitabilmente, e la Sampdoria viene posizionata in una griglia di partenza tra il nono e il decimo posto. È legittimo fare un’osservazione di questo tipo, ma non è legittimo credere che quello sia il nostro valore. È questa la battaglia che dobbiamo fare. I calciatori devono combattere contro quella dimensione che gli viene attribuita, questo è il forgiare l’idea di noi stessi. Non voglio alibi, io voglio credere di essere una grande squadra con Giampaolo, i giocatori che ci sono oggi e quelli che arriveranno domani".
     
    Sabatini con la Samp ha sottoscritto un contratto annuale. Una pratica comune, per il dirigente ex Roma: "Ho firmato per un solo anno perché è una mia abitudine, odio i contratti lunghi, con Ferrero c’è stima e non c’è bisogno di un contratto lungo. Se sarò l’uomo giusto, sarà il presidente Ferrero a dirmi di restare per altri anni: non mi piacciono le battaglie legali, non mi piace impegnare la società con un contratto ingombrante. Se le cose andranno come penso, non ci saranno problemi. Darò alla Sampdoria un contratto in bianco già firmato, se poi lo vorranno depositare ne sarò felice".

    Sabatini invece è meno felice della sua avventura all'Inter, conclusasi con le dimissioni: "Quella è stata una feroce delusione, mi sono dimesso perché non mi sentivo in totale sintonia, non tanto con l’ambiente, quanto con Suning. Ero stato assunto per costituire un network internazionale – riporta Sampnews24.com – poi sono cambiate alcune norme interne al governo cinese che si sono riflesse anche sul calcio e il progetto è andato in depressione. Mancando i presupposti, una mia permanenza sarebbe stata asfittica. Non vedevo come il mio modo di pensare e operare potesse coincidere con la proprietà cinese: sentivo di non potermi esprimere, di poter portare a buon fine le operazioni. Sono stati generosi ad accettare le mie dimissioni, è un rammarico, nessuna rivendicazione. Quando mi calo in un’altra realtà, mi dimentico quello che ho alle spalle. La società ha fatto delle scelte tecniche che condivido. Ho un piano di integrazione della rosa, non di rifacimento: non stravolgeremo la rosa, faremo scelte opportune. Non bastano i calciatori buoni, serve costruire un’idea forte e avere la coerenza forte di supportarla tutti i giorni".
     
    Sabatini ha le idee chiare anche sul discorso plusvalenze: "Il calcio di oggi rende necessaria una mobilità forte dei calciatori. Mi rendo conto che per i calciatori il non concretizzarsi di una continuità è difficile da accettare, ma se non si generano plusvalenze non si riesce a restare al passo. Logico che la società valuterà la permanenza di giocatori cardine, ma è una scelta obbligata fare mercato per poter combattere. Bisogna pensare che se parte un giocatore, ne arriverà un altro. Giampaolo l’ho definito il demiurgo perché è evoluto dal punto di vista culturale, ci permette di pensare a un laboratorio calcistico permanente: individuare calciatori nuovi, crescerli e trovarne altri. Questo mi motiva. Lo considero un centravanti, sono felicissimo di lavorarci, gli ho girato intorno per anni, ho cercato di portarlo alla Roma, e penso da sempre che possa diventare un top, nel senso di affermarsi in maniera assoluta e totale. Giampaolo è bravo e basta.

    I traguardi invece sono ambiziosi. "La Sampdoria deve pensare all’Europa. Quale? L’Europa e basta. Quando andai al Palermo lo dissi anche a Zamparini, e non ci riuscii solo perché la Sampdoria me la strappò dalle mani con Delneri. Ora la Sampdoria deve restituirmi la Champions League". Per farlo, bisognerà passare dal mercato: "Paredes? È un giocatore che ammiro molto, Giampaolo lo prese ad Empoli come centrocampista generico. Lo ha reinventato regista, cambiandone il corso. La Sampdoria non deve andare su questo tipo di calciatore, che ha raggiunto uno stipendio veramente alto. Sarebbe un obiettivo tecnico pregiato e prezioso, ma non è funzionale al progetto blucerchiato. Ci piacerebbe, ma dobbiamo pensare a qualcun altro. State tranquilli che sappiamo già chi sostituirà il portiere e quello che dobbiamo fare. Auspicabilmente faremo scelte importanti. Genova ha due squadre? Pensavo ci fosse solo la Sampdoria".

    La Samp perderà anche Pecini: "Ha fatto altre scelte, gli auguro imprese migliori. Seguiremo il calcio con mezzi diversi, molto. Io non ho mai utilizzato osservatori itineranti, per motivi irripetibili. Mi piace seguire tanto calcio attraverso i circuiti televisivi, non faccio girare le persone ma state tranquilli che vedremo centinaia di partite. Osti? Lui è l’unica persona che parla alla pari con me, io sono piuttosto arrogante in maniera educata. Di lui mi fido ciecamente, lavorammo insieme alla Lazio, in un periodo diverso in cui c’erano piani economici contenuti. Carlo è il direttore sportivo, tutte le mansioni saranno sue. Prima del rapporto lavorativo, c’è un rapporto di stima reciproco. Vogliamo predisporre una squadra per il 5 luglio" conclude Sabatini. "Sarà difficile che sia completa ma non stiamo parlando di rifondazione, ma di integrazione"..

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