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  • Sampmania: cronaca di un naufragio annunciato

    Sampmania: cronaca di un naufragio annunciato

    • Lorenzo Montaldo
    Com’è che era? ‘La società è solida’, ‘sulla gestione non puoi dirgli niente’, ‘tranne Di Francesco non ha mai sbagliato un allenatore’, ‘E’ stato confermato il blocco dello scorso anno, Osanna eh, Osanna eh’? Dimentico qualche slogan da autocelebrazioni e lisciate di pelo varie? Sampdoria-Bologna è la cronaca di un disastro annunciato. Un disastro arrivato da lontano, sublimato nella totale confusione di un allenatore che già in estate suscitava perplessità piuttosto corpose, individuato sulla base dell’unico criterio possibile, ossia il minor costo, e rivendicato dal padrone della Sampdoria come una ‘sua scelta personale’. 

    Ferrero voleva prendersi meriti e riconoscimenti. Lo ha detto lui. Ora, si prenda anche le conseguenti responsabilità. Il calcio è subdolo, perché dopo qualche anno pensi di conoscerlo, credi di capirne quanto quelli che lo masticano da decenni. Il calcio ti fa pensare di poterlo domare, o comandare come un dipendente. Invece non è così. Specialmente se il tuo ego ha costante bisogno di iniezioni di botox. 

    La barca Sampdoria, oggi, più che una nave sembra una bagnarola, affidata ad un timoniere inesperto e dal curriculum non entusiasmante, costruita con assi di legno fragili e, in determinati punti, di scarsa qualità, tenuta insieme non da solidi chiodi e viti, ma da colla. E non sono neppure sicuro si tratti di un mastice resistente all’acqua. E’ stato l’armatore a volerla così, perché obbligato a spendere il meno possibile. Le sue responsabilità rappresentano il punto apicale in una cascata di colpe che scende giù e giù, fino agli ultimi tasselli di una squadra sfiduciata e spenta, apostrofata da un pubblico saturo con il coro più gettonato in momenti del genere, l’invito a mostrare gli attributi. Ma non sono sicuro basti.

    La partita in sé è solo una fedele rappresentazione di tutti gli errori commessi da giugno in poi, anche se scaturiti da situazioni ben più lontane, radicate indietro nel tempo eppure sempre dipinte dagli araldi di corte come grandi intuizioni. Tutti questi incastri hanno generato, come esclusivo scenario plausibile, la situazione attuale. La Sampdoria odierna è un’amalgama informe di calciatori a fine carriera, parecchi onesti mestieranti da Serie A, alcuni oltretutto strapagati, e pochi giovani di proprietà, peraltro difficilmente piazzabili a peso d’oro come vorrebbe il proprietario. Basta leggere l’elenco dei convocati di D’Aversa per rendersi conto di quanto sia strutturale e radicato il problema. Il Doria, ieri, si è presentato allo scontro della vita con sei centrocampisti, di cui cinque centrali (e tra essi due erano Primavera) e un solo esterno di ruolo. Per raddrizzare il match, l’allenatore è stato costretto a giocarsi i cinque cambi così: un centravanti fuori contesto come Torregrossa, un attaccante del 2002 adattato da esterno a centrocampo, e ben tre (TRE) difensori. Io non ricordo di aver mai visto, a memoria, una squadra obbligata ad attaccare pronta ad impiegare tre cambi con tre difensori. D’Aversa ha anche le sue colpe, macroscopiche, ma il contesto non lo aiuta per niente. Anzi.

    Fortuna che il ritiro ce l’hanno dipinto come il bosco di Biancaneve. Non era punitivo, figuratevi. Anzi, il clima era quello di una gita scolastica. Tutti felici, tutti contenti, non ci sono problemi. I giocatori si sono ritrovati, risate e scherzi ovunque, gli uccellini cinguettavano e gli scoiattoli probabilmente aiutavano a lavare i piatti. Deve essere servita, come soluzione. Sono sempre stato scettico, sull’utilità di tali mosse. E pure questa volta, non mi sono ricreduto. 

    Con premesse del genere, che gara poteva venir fuori? Abbiamo visto ciò che ci aspettavamo, niente più, niente meno. Anzi, addirittura nel primo tempo temevo peggio. E mi rendo conto suoni come una bestialità. E’ stata persino una partita divertente, per quarantacinque minuti, con tante occasioni, condita dalle solite, paurose sbandate difensive ma anche da un paio di reazioni veementi. La seconda frazione, invece, potrei definirla soltanto agghiacciante. Il gol a freddo ha gelato la Samp, e in almeno quattro-cinque circostanze si è avuta l’idea di una squadra sparpagliata senza una logica sul campo, priva di soluzioni e incapace di colmare gli spazi in modo organico. Avete fatto caso a quante volte Ekdal e Colley, palla tra i piedi, hanno guardato sconfortati la disposizione dei compagni senza trovare uno scarico decente? 

    Ai difetti di posizionamento e di movimento hanno fatto da corollario pure i marchiani svarioni tecnici. Come a Torino, abbiamo ‘ammirato’, si fa per dire, cambi gioco a regalare il possesso agli avversari, marcature blande e distratte, stop sbagliati e passaggi fuori misura a due metri di distanza. Mettiamoci pure qualche ciabattata negli ultimi venti-trenta metri, e il quadro è servito.

    E ora? Non lo so. Non so come si possa raddrizzare la rotta, rintuzzando alla bell’e meglio le falle dello scafo per un approdo di emergenza. Non c’è disponibilità per intervenire sul mercato, e nelle casse i piccioli per assumere un allenatore in grado di compiere il miracolo scarseggiano. L'unico deterrente potrebbe essere la paura, da parte di Ferrero, di perdere il giocattolo in caso di retrocessione in B. Ma ci credo poco. L’ambiente è scarico, teso e abbattuto, scollato dal pubblico e dalla realtà. Sembra di essere tornati a ottobre 2019, ma gli ultimi due anni non sono stati una cura, più un tappeto sotto cui nascondere la polvere. Ma cosa volete, sono i giornalisti pessimisti il problema, o i tifosi mugugnoni che non capiscono la genialità imprenditoriale di una condotta invidiabile. Magari fosse davvero così. D’altro canto, la colpa non è di chi fa le scelte, se mai tocca a quelli che le evidenziano.

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