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  • Sampmania: libro Cuore e canto di Natale
Sampmania: libro Cuore e canto di Natale

Sampmania: libro Cuore e canto di Natale

  • Lorenzo Montaldo
Passato Natale, tolto il dente del periodo dell’anno in cui dobbiamo essere tutti più buoni, possiamo tornare a parlare di Sampdoria. Di Sampdoria, e di un ritiro in Turchia che va riposizionato nel modo giusto, a livello concettuale. Qualcuno lo ha letto (e forse interpretato) alla stregua di una preparazione estiva, in cui inizi a cementare il gruppo, poni le basi per la stagione, godi di ampio credito da parte della tifoseria e puoi lavorare in tranquillità e serenità per una stagione che, eventualmente, hai sempre il tempo e le possibilità di raddrizzare.

Non è così. La Sampdoria il tempo lo ha finito. Di ultime chiamate ne ha avute a decine, e le ha sbagliate tutte. I quasi due mesi di stop forse ad alcuni hanno annebbiato i ricordi, rendendo nebuloso e onirico quanto successo sino ad oggi. La realtà è che l’ultima partita della Samp è stata il tremendo 0-2 casalingo con il Lecce. Magari può sembrare un’altra vita, c’è l’impressione psicologica che si tratti di un campionato diverso, ma è solo un’illusione. La stagione era questa, e quello appena conclusosi non è un ritiro estivo, di quelli che resettano tutto, bensì un intermezzo in un torneo ormai quasi compromesso, in cui il Doria non può permettersi il minimo passo falso. Non ha più margine di errore, non sono consentiti inciampi, incidenti di percorso, tentennamenti vari. La prima partita sbagliata, equivale sportivamente parlando al precipitare in un crepaccio. 

Lo spirito da libro Cuore del ritiro, tra partite di Uno e quadretti idilliaci dati in pasto via media ai tifosi è stucchevole. Capisco lo sforzo per ricreare l’alchimia, il gruppo, l’intesa. Giocatori e staff facciano quel che devono per ritrovare armonia o, quantomeno, l’interesse professionale a lavorare tutti assieme per evitare una macchia curricolare indelebile. Ma almeno evitiamo di propinare ai tifosi il canto di Natale riedizione ‘mondo pallonaro 2022’. Ripeto, il problema non sono le partite a carte, alla Playstation, o conoscere la composizione delle camere come se si trattasse di una gita scolastica del liceo. Tutto lecito, e spero serva. Contesto solo il tentativo di somministrare tutto ciò tramite social e tramite stampa a dei tifosi già costretti ad ingoiare parecchio olio di ricino. Anche a livello comunicativo, personalmente credo che tale scelta susciti l’effetto opposto: non crea simpatia o empatia, fa solo innervosire.

La celebrazione delle amichevoli contro squadre da dopolavoro ferroviario, i ‘si è vista un’altra Samp’ o i ‘passi avanti’ individuati da qualcuno - credo siano gli stessi che notavano la ‘mano di Stankovic’ dopo tre giorni di allenamento del mister serbo - sono un altro insulto all’intelligenza. I test mi auguro siano utili all’allenatore per avere risposte ed indicazioni precise e settoriali su determinati movimenti o su risposte fisiche degli atleti impegnati, al massimo per tastare il polso della squadra. Di certo, non possono essere prese a riferimento delle partite contro una formazione sudafricana di media classifica, un club di terza serie tedesca e una compagine militante nella seconda divisione kazaka.

Probabilmente io sono troppo infastidito e pessimista. Anzi, ne sono sicuro. Ma i miei nervi già provati da tre mesi da incubo e da una situazione societaria ai confini della realtà, tra Al Thani, ritorni più o meno annunciati e perdite di tempo propedeutiche a favorire la Restaurazione dell’attuale proprietario, sono tesi come corde di violino. Forse è anche per questo che alcune vicende non mi scivolano addosso. Penso all’intervista di Colley, ad esempio, non mi è piaciuta un granché, così come mi ha fatto storcere anche il rendimento ai Mondiali di giocatori blucerchiati magicamente guariti, o insufficienti per tutta la stagione e improvvisamente freschi e attenti in Nazionale.

Ho apprezzato invece le frasi di Stankovic di ieri. Decise, non banali, anche autocritiche, sicuramente ‘diverse’ rispetto alle vuote chiacchiere pallonare consuete. Di passaggi salienti ce ne sono tanti, ne sottolineo tre. Il primo mi ha fatto persino ‘tenerezza’: “Tutte le mattine e le sere mi faccio le stesso domande, sono all’altezza o no? Ne parlo coi miei collaboratori, con i miei famigliari. Prima di chiedere risposte ai miei calciatori devo darle a me stesso”. E’ il discorso di una persona intelligente, non è sintomo di debolezza. Seconda frase significativa, in merito alla celebre vicenda del ‘listone’ dei promossi e dei bocciati: “La colpa è di chi l’ha fatta trapelare e so chi è”. Evidentemente, qualcuno in seno alla società lavora contro, o quantomeno ha comportamenti che non piacciono al mister. Terzo punto, il più importante: “Ci sono anche quelli dai quali mi aspettavo di più anche in questo ritiro, una crescita che non c’è stata. Io non giudico, magari questo è il loro massimo o c’è qualche limite. Qualcuno mi doveva dare delle risposte: se è pronto a resistere, a combattere con la pressione, con l’importanza del club e i suoi obiettivi. Se non ce la fa, lo dica. Io apprezzo ogni risposta, ma non chi cerca scuse". Non è uno scaricabarile, perché subito dopo il mister serbo ribadisce come voglia prendersi tutte le responsabilità. “Mi assumo le mie colpe” ribadisce più volte. Anzi, “Mi prendo anche quelle di altri”. Però, Stankovic non può fare da parafulmine a tutti. Altro che libro Cuore e partite a Uno. Uomo avvisato…

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