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  • Sampmania: perseverare sarebbe stato diabolico

    Sampmania: perseverare sarebbe stato diabolico

    • Lorenzo Montaldo
    Il gelo di Marassi è qualcosa di illegale. In serate tipo ieri, la temperatura percepita al Ferraris è siberiana. Vestito alla stregua di un soldato dell’Armata Rossa, alla fine del primo tempo di Sampdoria-Udinese pregavo per una vampata di calore qualsiasi. Mi andava bene qualunque cosa. Avevo un principio di intorpidimento alle mani, e non capivo se la sonnolenza fosse dovuta all’agghiacciante primo tempo oppure a un principio di ipotermia. Non ne sono sicuro tutt’ora. Per fortuna, la seconda frazione è riuscita a riportarmi in vita dalla catalessi, prima con una botta di nervoso, poi con una doppia gioia. Il fatto di essermi letteralmente lessato sotto la doccia, una volta arrivato a casa, ha fatto il resto.

    Pur intontito e stordito dalle mazzate del Generale Inverno, sono riuscito a notare un particolare scorto con tutta probabilità da chiunque: la Sampdoria, con la formazione del primo tempo, proprio non può giocare. Non è un'analisi troppo arguta o originale, mi rendo conto, ma è la più giusta. Capisco, nessuno dei centomila tifosi blucerchiati sparsi in giro per il mondo è in realtà un incompreso potenziale allenatore di Serie A, ma se tutti e centomila pensano e dicono la stessa cosa, un fondo di verità ci sarà, o no? Anche contro i bianconeri, la Samp per oltre un’ora ha sfoderato una prestazione proprio brutta, a tratti persino irritante. Non ci vuole un master a Coverciano per comprendere che il 4-5-1 non solo non ti permette di difenderti meglio, perché subisci regolarmente almeno un gol da quattordici giornate consecutive (l’ultimo match a reti inviolate è il 3-0 sulla Lazio del 17 ottobre, tre mesi fa), ma ha pure ricadute negative sul povero attaccante di turno. Spesso in questa stagione la croce è stata affibbiata a Quagliarella, e alla sua poca brillantezza fisica. Sono sicuro ci fosse, e ci sia tutt’ora, del vero. Eppure sono incocciati nelle stesse identiche difficoltà anche La Gumina e Keita, due che fanno della condizione atletica il loro tratto distintivo. La partita in effetti è svoltata è svoltata con la prima tornata di cambi, quando l’allenatore ha inserito due punte togliendo lo spento numero 27. Però mi piacerebbe ribaltare la questione. Quagliarella avrebbe avuto le stesse difficoltà, e avrebbe offerto la stessa prestazione opaca, con un partner in grado di sgravarlo, almeno in parte, delle ruvide attenzioni dei tre omaccioni piazzati in difesa dai friulani?

    Fatico a comprendere le motivazioni alla base di un atteggiamento così rinunciatario e coperto per affrontare una squadra come l’Udinese, francamente modesta e non pericolosa. La principale, e verrebbe da dire unica, luce nella formazione di Gotti è il guizzante De Paul. Lui c’entra proprio poco con gli altri dieci. Ecco, nel soppesare il successo ottenuto in rimonta da una Samp incapace di rimanere in partita per oltre un’ora di gioco, bisogna tenere conto pure di questo aspetto. A livello di valore assoluto degli effettivi, l’Udinese vale lo Spezia, però senza la sua organizzazione di gioco. Eppure la gara si era incanalata esattamente sugli stessi binari del Picco. Perseverare nell’errore sarebbe stato diabolico. Questa volta però Ranieri ha messo in pratica quanto ci si attendeva da un normale allenatore. Non si è inventato nulla, sia chiaro, e neppure doveva farlo. Non siamo qui a celebrare chissà quale mirabolante intuizione tattica. Bastava rispettare le tempistiche, senza farsi anestetizzare dal gelo dello stadio. Fuori un esterno, il rifinitore e una punta, dentro una mezz’ala e due centravanti per un inedito 3-5-2. Immediato pareggio. Poi, addirittura, l’inserimento di Ramirez nella sua posizione naturale, quella di trequartista. Otto minuti dopo, da una palla lavorata proprio sull’asse tra l’uruguaiano e Augello, il raddoppio. A volte tocca sorbirsi pistolotti incomprensibili su verticalità, intensità e tante altre belle parole in ‘à’, in grado di farci scordare l’immediata e lineare semplicità del calcio. Uno sport dove vinci se hai un portiere a parare il pallone, e le punte a buttarlo dentro. Riuscirci senza è piuttosto complesso.

    Una buona mossa di Ranieri, e gliene va dato atto, è stata quella di utilizzare Thorsby da schermo e diga per De Paul. La corsa del norvegese, unita alla stanchezza dell’argentino, hanno di fatto sterilizzato le velleità offensive bianconere, affidate quasi esclusivamente all’inventiva e all’estro del numero 10 bianconero. Il resto lo hanno fatto uno scavino di Candreva, utile per riattivare all’istante la circolazione del mio sangue ormai ghiacciato - ma non lo fare mai più, grazie - e la capocciata di Torregrossa. Un gol vecchio stampo, per un calcio vecchio stile. E lo dico senza nessuna vena di ironia, perché era proprio ciò di cui avevamo disperato bisogno in quel momento. Massimo risultato con il minimo sforzo. Per una decina di secondi mi sono persino dimenticato del freddo e del disagio, all’interno del mio microcosmo fatto di maglie termiche, pile, sciarpe e scaldacollo. Girare a 23 punti in attesa della Primavera e di giorni migliori va più che bene, a patto di ricordarsi la lezione sulle due punte. 

    P.S. Sono ritornato al mio posto, gli steward poveri cristiani già devono sorbirsi persino più freddo di noi,  manco soltanto io a complicargli il lavoro. Rituale sfatato, meglio così.

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