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  • Sarri è da Champions, la Juve no. Ad Allegri restano solo le coppe e il -15 in tribunale

    Sarri è da Champions, la Juve no. Ad Allegri restano solo le coppe e il -15 in tribunale

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Anche se avesse ragione Mourinho, e alla Juve, il 19 aprile, il collegio di garanzia del Coni restituisse i 15 punti che le sono stati tolti, la Lazio, vincitrice sui bianconeri per 2-1, è ormai designata ad entrare in Champions League in forza dei risultati e del gioco che li accompagnano. Da seconda, come è ora, con sei punti sul MIlan e cinque sulla Roma. O da terza (sarebbe dietro la Juve, appunto), l’esito non cambierebbe, perchè il vantaggio è al tempo stesso considerevole e rassicurante. In più c’è la qualità della manovra e la duttilità dei singoli a fare la differenza.

    Se va ammesso, infatti, che nell’ultima mezz’ora, la Lazio ha sofferto il ritorno della Juventus, bisogna anche rilevare che fino al gol di Zaccagni, quello decisivo, c’è stata una sola squadra in campo. La Lazio - lo sanno tutti - è un colettivo che abbina la solidità alla qualità, la capacità di un palleggio fitto e, a volte, sublime, alla saldezza difensiva. Che non sia solo una questione di reparto, lo si è visto proprio nel finale, quando tutti si sono sacrificati in fase di non possesso.

    Successo meritato, dunque, anche se la Juve, dopo i cambi effettuati da Landucci (Allegri è rimasto a Torino con l’influenza), è piaciuta molto e, forse, ha trovato un nuovo modo di stare in campo che potrebbe esserle utile in Italia e, magari, in Europa League.

    Di certo, con Danilo (in panchina all’inizio per rifiatare) al posto di un Cuadrado, ormai fuori giri sia dal punto di vista agonistico che nervoso (non era meglio, dopo la rissa con Handanovic, assegnare la fascia di capitano ad Alex Sandro?), Chiesa a sinistra e Di Maria a destra, la Juve ha avuto almeno tre occasioni per pareggiare. Sulla prima, Chiesa è caduto in area, anzichè battere a rete (non era rigore). Sulla seconda Fagioli ha girato al volo, alto di poco, l’assist di Chiesa. Sulla terza, Milinkovic Savic ha deviato distendendosi in tutta la sua lunghezza un tiro da dentro l’area di Di Maria.

    Purtroppo per la Juve, non avere un centravanti all’altezza sta diventando un grande problema. Vlahovic (uscito anche perché toccato duro nel primo tempo) è totalmente involuto e non tiene una palla che sia una. Milik, al secondo spezzone di partita dopo un lungo infortunio, non ha ancora (o, forse, non ha più) il guizzo di una volta.

    C’è stato molto da recriminare sul primo vantaggio della Lazio (37’) perchè Milinkovic Savic, prima di segnare, ha spostato Alex Sandro, mentre il brasiliano stava cercando di colpire di testa. Se all’arbitro non è sembrato fallo, era impossibile che il Var (chiamato in causa) modificasse la decisione. Le proteste juventine sono state veementi, ma Di Bello ha confermato il gol.

    La Juve, praticamente inesistente fino a quel momento (anche una grande deviazione di Szczesny su tiro al volo di Immobile), ha pareggiato quasi subito (42’) con Rabiot su azione d’angolo (battuto da Di Maria). Bremer ha colpito di testa, Provedel ha respinto e il francese, da due passi e per ben due volte, ha colpito la palla insaccandola.

    La buona partenza della Juventsu nella ripresa, è stata vanificata in fretta dal gol di Zaccagni (53’) sull’azione più bella della partita. Felipe Anderson ha accelerato da destra e messo in mezzo, Luis Felipe ha allungato di tacco e Zaccagni, al volo e radente terra, l’ha piazzata con un tiro a giro. Grande calcio, grande Lazio. La Juve sembrava in balìa dell’avversario (gol annullato a Zaccagni per fuorigioco), quando con i cambi (Paredes per l’ammonito Locatelli, Chiesa per Kostic, Milik per Vlahovic e, poco dopo, Danilo per Cuadrado, ormai al limite dell’espulsione) hanno determinato il cambio del sistema di gioco e modificato spirito e spartito. Il pareggio non sarebbe stato uno scandalo, ma la Lazio, per un’ora, ha fatto tutto, mentre i bianconeri hanno guardato. Più di un tempo buttato e questa volta non c’è stato modo di rimediare.

    E’ assai probabile che la sconfitta dell’Olimpico pregiudichi la rincorsa-Champions della Juve se - ma mi pare ovvio - non riavrà i quindici punti. Senza quelli, il Milan (quarto) è distante otto punti e l’Inter (quinta) sette. Forse ci sarebbe ancora tempo per raggiungere l’Atalanta (a meno quattro), ma la vera impresa è finire lassù con le altre tre elette. Allegri e i suoi ci proveranno. Però, a questo punto, ha più senso concentrarsi sulla Coppa Italia e sul quarto di finale di Europa League. Quei due trofei, se vinti, non li potrebbe toccare nessuno.


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