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  • Stadi aperti, la risposta dei tifosi: venduto il 51% dei biglietti disponibili, ma il Green pass frena alcuni ultras

    Stadi aperti, la risposta dei tifosi: venduto il 51% dei biglietti disponibili, ma il Green pass frena alcuni ultras

    • Luca Fazzini
      Luca Fazzini
    Li abbiamo aspettati a lungo. Noi, addetti ai lavori e amanti del calcio, ma probabilmente non solo. Scommettiamo che anche i calciatori, nell'entrare in campo, abbiano provato un insolito brivido nel sentire i cori, nel vivere gli applausi, nell'udire le urla. Inevitabile, curioso destino di chi prova a riabbracciare la normalità 539 giorni dopo. 539 giorni di buio, di vuoto, di sensazione d'impotenza e di un silenzio a cui ci eravamo probabilmente abituati, ma mai affezionati. Eppure, il ritorno del pubblico negli stadi di Serie A non è stato un esodo. 

    LA RINUNCIA - Certo, le variabili sono molte. A partire dalla data, un 23 agosto che vede ancora tantissimi italiani in ferie. Fino alle tante restrizioni, inevitabili regole diventate ormai compagne di vita e utili a riaprire i cancelli degli impianti. Obbligo di green pass per sedersi in tribuna, stadi aperti al 50% e disposizione a scacchiera, con un posto occupato e uno lasciato libero, a file alternate. Condizioni che diversi gruppi ultras non hanno voluto accettare, preferendo fare un passo indietro. La precisazione è doverosa: i no vax non c'entrano. Anzi, in più occasioni alcune tifoserie hanno precisato di essere vaccinate (o tamponate). Dietro alla scelta c'è l'ideologia del tifo organizzato che vede nel Green pass un ostacolo alla libertà di tifo. "O tutti o nessuno" è la frase chiave tra i tifosi, che - davanti all'obbligo di restare distanziati, senza bandiere e striscioni - hanno preferito continuare a rimanere a casa. L'esempio più lampante arriva da Salerno, dove gli ultrà granata hanno spiegato: "Prendiamo atto delle restrizioni alla capienza dello Stadio Arechi. Recepiamo le modalità di accesso e fruizione dei gradoni che siamo stati abituati ad occupare in una certa maniera. Siamo consapevoli del momento storico e rispettosi delle normative di prevenzione. Distanziati, seduti, senza bandiere e striscioni: no, proprio non si può. A queste condizioni la nostra presenza non ha alcun senso. Non si comprende perché con il Green Pass debba esistere comunque un distanziamento. Non tolleriamo i posti assegnati come fossimo al cinema o al teatro". Il tutto, va ricordato, davanti a un ritorno in Serie A atteso 22 anni. 

    I DATI - Ecco allora che i numeri della prima giornata mostrano statistiche curiose. I dati dicono che è stato venduto il 51,4% dei biglietti disponibili per un totale di 113.965 tifosi tornati a tifare. Guida l'Inter con il felice battesimo del campionato: 27.402 gli spettatori a San Siro sui 37.961 possibili, pari al 72%. Meglio, in termini di percentuale, hanno fatto Udinese-Juve e Roma-Fiorentina: ben il 79% alla Dacia Arena (9.960 spettatori sui 12.572 consentiti), il 73% (26.997 su 36.630) per l'esordio di Mou. Dati positivi anche da Napoli (18.300 su 27.363, il 66%) e dalla Unipol Domus di Cagliari (5.387 su 8.208, il 65%) per la sfida con lo Spezia. 

    FLOP TORO E SAMP-MILAN - Occupati meno della metà dei posti disponibili, invece, a Bologna (8.375 spettatori su 18.231, il 45%) e a Empoli (3.655 su 9.923, il 36%). Dati decisamente bassi per Sampdoria-Milan (4.966 tifosi sui 18.174 consentiti, il 27%), Verona-Sassuolo (5.448 su 19.605, il 27%) e Torino-Atalanta (solo 3.475 su 13.997, il 24%). Numeri che aprono a riflessioni e danno vita a vari dibattiti che, in forma ampia, coinvolgono anche la modernità dei nostri impianti. Ma questa, questa è un'altra storia. Godiamoci, intanto, il ritorno dei tifosi. Almeno quelli che ci sono...

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