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  • Truffa milionaria ai danni dell'ex calciatore Gamberini, tre condannati

    Truffa milionaria ai danni dell'ex calciatore Gamberini, tre condannati

    Lo convinsero a investire in un fondo obbligazionario: un milione di euro che, ogni anno, sarebbe cresciuto del 3 per cento. Un'operazione di facciata che nascondeva ben altro ma Alessandro Gamberini, ex difensore di Fiorentina, Napoli, Genoa, Chievo e della Nazionale, se ne rese conto tardi, quando ormai i suoi soldi erano già serviti come garanzia per nuove linee di credito a favore dei fratelli Filippo e Alessio Paoli, imprenditori in grande crisi e, all'epoca dei fatti – 2011 – amici del calciatore. Come riporta notiziediprato.it oggi, martedì 28 gennaio, i due, difesi dall'avvocato Enrico Guarducci, sono stati condannati a un anno e sei mesi di reclusione per truffa aggravata e tentata truffa aggravata: il giudice Francesca Sordi ha accolto integralmente la richiesta del pubblico ministero Laura Canovai. Condanna più lieve – un anno di reclusione, pena sospesa – per Stefano Magnani, ex bancario della filiale di San Giusto del Credito cooperativo di Vignole, a processo con le stesse accuse e difeso dagli avvocati Antonio D'Avirro e Alessio Colomeiciuc.

    Ad Alessandro Gamberini, costituito parte civile (avvocato Massimiliano Iovino) solo nei confronti di quelli che, nel corso della sofferta testimonianza davanti al giudice, definì una “seconda famiglia”, è stata riconosciuta una provvisonale di 765mila euro, in sostanza la differenza tra il milione versato come pegno a favore dei Paoli e i circa 270mila euro che la banca restituì nel 2015 quale risarcimento a patto di non avanzare ulteriori pretese se l'inchiesta – già in corso – fosse sfociata in un processo.
    L'ex calciatore fu raggirato: si fidò della proposta fatta dagli amici con i quali aveva anche qualche affare in comune, firmò il contratto che il bancario gli sottopose senza però capire che non erano le carte per investire i suoi risparmi bensì quelle per un pegno a garanzia della posizione debitoria dei Paoli. Lo stesso fece con il contratto per una seconda operazione: una fidejussione da 620mila euro, ulteriore impegno a favore degli amici. Fidejussione che venne azionata qualche tempo dopo quando gli affari degli imprenditori naufragarono definitivamente e a Gamberini arrivò un decreto ingiuntivo che gli fece aprire gli occhi ma intanto il milione di euro non c'era più e solo grazie all'opposizione in sede civile riuscì a salvare l'importo della seconda operazione.

    Le indagini hanno consentito di appurare che la firma dell'ex calciatore compariva solo sull'ultima pagina sia del contratto per il pegno che di quello per la fidejussione, mentre la norma bancaria stabilisce che tutte le pagine devono essere firmate, cosa che fu regolarmente fatta soltanto per il contratto di accensione del conto corrente; un aspetto, questo, sul quale il pubblico ministero ha insistito molto. Gamberini si fidava degli amici e questo ha sempre ripetuto dal giorno in cui ha presentato la denuncia: “Ho peccato di ingenuità – disse al giudice nel corso della sua testimonianza – Filippo e Alessio erano amici, mi fidavo di loro e di conseguenza del funzionario della banca che era persona di loro fiducia. Li credevo amici veri e sinceri, mai avrei creduto che potessero farmi del male”.

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