Udinesemania: la contestazione a Gino Pozzo
A dare il senso della totalità della contestazione, l'applauso che il pubblico si riserva da solo, capendo che era la cosa giusta da fare. Da queste parti anche solo nominare o criticare la famiglia Pozzo è una cosa che si fa al massimo in osteria, ma allo stadio mai, per riconoscenza e un po' perché i più nostalgici ti ricordano dove eravamo prima che arrivasse. Per il figlio le cose sono un po' diverse, la stampa locale talvolta spalleggia la situazione e oramai viene visto lui come capro espiatorio nelle situazioni negative, mentre se succede qualcosa di buono vuol dire che ci ha rimesso mano il “vecchio”.
Ci vorrebbe chiarezza e responsabilità da parte della società, sia a livello di obiettivi (anche a lungo termine) che nel capire chi comanda. Perché la situazione in cui riversa l'Udinese da oramai cinque stagioni è la stessa, si fanno scelte giuste e sbagliate la squadra in qualche modo si salva e alla fine si ricomincia da capo, con la strana sensazione che in fin dei conti gli obiettivi societari siano stati raggiunti. Il fatto è che se gli obiettivi societari sono sempre e solo una salvezza tranquilla, ma il gruppo potrebbe fare di più, è evidente che si crei un malumore che poi esplode.
Una decina d'anni fa, in una situazione di classifica serena, non sarebbe esplosa una contestazione per una sconfitta contro la Fiorentina. Ma i tempi cambiano, lo stadio nuovo di suo anche attraverso un nome commerciale ha creato delle aspettative, l'acquisto del Watford in cui gli investimenti si vedono, si illumina come una spia di problemi al motore per i tifosi. Quindi o si alza l'asticella degli obiettivi oppure si molla, perché altrimenti questo è un lento trascinarsi senza motivazioni, che non può far altro che accrescere il malumore di un pubblico senza gioie.