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  • Vialli e Mancini: 'Eravamo fortissimi e devoti alla Sampdoria'

    Vialli e Mancini: 'Eravamo fortissimi e devoti alla Sampdoria'

    • Lorenzo Montaldo
    Gianluca Vialli e Roberto Mancini, ancora insieme. A distanza di trent'anni, i due volti simbolo della Sampdoria Campione d'Italia continuano a mantenere un feeling eccezionale. In campo, con la maglia azzurra, e pure fuori, quando ad esempio vengono invitati insieme in alcune trasmissioni televisive. Ieri gli ex 'Gemelli del Gol' erano entrambi su Rai 3, per Che Tempo che fa, a ricordare gli anni d'oro blucerchiati prendendo come spunto il libro recentemente scritto a quattro mani, La Bella Stagione: "L’abbiamo scritto perché ogni occasione era buona per rivederci, perché volevamo mettere per iscritto la nostra storia e anche per beneficenza" attacca Vialli. "Quello scudetto? Non dimentichiamoci che noi eravamo fortissimi. Dal portiere fino all’attaccante: eravamo uno squadrone. Roberto è il mio idolo da più di 40 anni - prosegue l'ex numero 9 parlando del compagno - Non ci siamo parlati per dieci giorni, se avevo qualcosa da dirgli la facevo dire da qualcun altro. Mantovani scelse dei professionisti e li coinvolse nella sua missione: noi eravamo devoti alla causa Sampdoria",

    Mancini inizialmente tocca il discorso dei convocati per gli Europei: "È stato difficile lasciare fuori sei ragazzi dal primo pre-raduno, sarà altrettanto complicato lasciare fuori gli ultimi due. Sono tutti ragazzi che meritano di stare in lista. Martedì a mezzanotte dirameremo l’elenco ufficiale. Avversari più pericolosi? Sicuramente le nazionali che hanno più esperienza tipo Francia, Belgio, Portogallo, Inghilterra.. ma  il nostro obiettivo è quello di andare il più avanti possibile" riporta Sampnews24.com.

    Poi però il Mancio torna alla Samp: "Paolo Mantovani lo ha reso possibile, poi è merito anche di Borea, Boskov e l’ambiente che si era creato. Questa è stata l’ultima volta che fu vinto lontano da Milano, Roma o Torino. Sarebbe più bello che accadesse più spesso, ma oggi è molto più difficile. Boskov scopriva tutto, non potevi nascondergli nulla, ma a volte faceva finta di niente. È stato molto importante per la nostra crescita".

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