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  • Zeman:|Il miglior amico della Juve (e di Pirlo)

    Zeman:|Il miglior amico della Juve (e di Pirlo)

    Il calcio di Zeman si è sgonfiato. E lo ha fatto dentro al teatro più scivoloso per il tecnico boemo: uno, due, tre gol in un attimo, due traverse e l’acuto sui titoli di coda, è il bottino al passivo della truppa giallorossa. «Giochiamo un calcio senza senso. Non c’è logica nei nostri movimenti, ognuno - così Zeman - fa quello che gli passa per la testa...». 

    Severo con i suoi, un po’ meno con se stesso. Questo è il bilancio di un allenatore, adesso, sulla graticola perché Roma è città dagli sbalzi di umore. Zeman ha fallito nelle mosse della vigilia e nelle contromosse in campo perché, fra i suoi errori, c’è stato anche quello di lasciare che Pirlo tornasse il direttore d’orchestra dei tempi migliori senza ostacoli fra i tacchetti e il pallone. Nessuna marcatura a uomo, per l’architetto bianconero. Nessuna reazione o scossa della sua squadra durante l’intera contesa, è stato il magro verdetto per il tecnico boemo. «Siamo stati in balia della Juve dall’inizio alla fine, non c’è stata partita. Così non va bene, così - continua Zeman - si fa poca strada: credo di avere fra le mani i giocatori giusti per il mio tipo di calcio. Le mie idee superate? Come faccio a dirlo se non proviamo a metterle in pratica?». 

     

    Zeman non abdica, ma a farlo sono i risultati di una squadra che senza i tre punti a tavolino di Cagliari, ora, sarebbe nelle parti meno nobili della classifica. «Evidentemente - così il boemo - la Juve ci mette addosso un timore eccessivo. Continuo a non capire perché sbagliamo le cose che in allenamento proviamo da tre mesi. La sostituzione di Totti? Ormai la partita era persa, ho preferito risparmiarlo per i prossimi impegni...». Zeman non ha difese, allarga le braccia, rilancia, ma non indietreggia. 

     

    Nella notte più amara (assordanti gli insulti nei suoi confronti dalle due curve soprattutto nel finale) trova la forza per puntualizzare un’uscita dell’ex numero uno bianconero Cobolli Gigli. «Ha detto che alla mia età dovrei farmi da parte? C’è gente più grande di me come il presidente (riferimento al Capo dello Stato Giorgio Napolitano, ndr) e il Papa che continuano a fare bene il loro lavoro». 

     

    Sulla Roma cala il buio, mentre la Juve vola. Il progetto «zemaniano» è in discussione come nessuno poteva immaginare soltanto un mese fa. «Perdere in questo modo fa male, malissimo. Non abbiamo mai cominciato a giocare, per noi - l’analisi, dura, di De Rossi - la sfida non è mai esistita: si fa il male della Roma se si pensa a questa squadra come ad una potenziale candidata allo scudetto. La Juve può vincere il titolo, ma, la Juve è una formazione costruita per arrivare davanti a tutte. Noi evidentemente no: ieri sembrava il replay della finale degli Europei Italia-Spagna...». 

     

    Zeman è sotto processo. Lo è perchè, come afferma lo stesso boemo, «ci muoviamo in campo in modo illogico». La piazza è in fermento: dopo il fallimento di Luis Enrique, adesso fa paura un immediato bis. «È normale che l’entusiasmo dei tifosi stia calando. Sta a noi - sussurra Zeman - riconquistare il nostro pubblico con il gioco e i risultati». 

     

    Dalla panchina, il boemo si è alzato a più riprese. Negli ultimi minuti, Zeman si è seduto accanto a Totti, ma senza parlare. «Se mi hanno dato la mano prima della partita? Me l’ha data l’allenatore della Juve, il primo allenatore...». Non Conte, in tribuna. Ma Carrera, al suo posto come accade dalla notte di Pechino dell’11 agosto. Il calcio di Zeman, ieri, si è sgonfiato. Un’altra figuraccia simile e il rischio sarà quello di un pallone «zemaniano» per pochi cultori. «Non avevamo la presunzione di venire a Torino per battere una grande squadra. Ma - l’amarezza di De Rossi - almeno dovevamo provarci. E, invece, è finito tutto così presto...». 

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