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  • Addio a Fosbury, l'uomo che fece la rivoluzione rovesciando il mondo

    Addio a Fosbury, l'uomo che fece la rivoluzione rovesciando il mondo

    • Furio Zara
    Ci sono uomini che inventano altri mondi. Capovolgono quello in cui viviamo e ce lo restituiscono nuovo. Hanno il coraggio dei sognatori, l’ardire degli avventurieri. Portano lo sport più avanti, gli fanno fare uno scatto. E’ morto Dick Fosbury, aveva 76 anni. Se è vero che lo sport ci porta oltre i nostri limiti, allora Fosbury - con i suoi salti - ci ha detto qualcosa che non sapevamo. In queste ore, in rete, leggerete che è stato campione di salto in alto negli anni 60 e 70 e oro olimpico ai Giochi di Città del Messico 1968 con la misura di 2,24 metri. La parola più usata è rivoluzione. Ha rovesciato il proprio corpo, ha rovesciato il mondo. In poche parole: Fosbury ha dato le ali a tutti quelli che da quel giorno hanno affrontato l’asticella. Quando Sara Simeoni lo incontrò gli disse con riverenza e ironia: “Dick, sei stato l’uomo più importante della mia vita”. La sua tecnica è nota come “Fosbury Flop”: consiste nel saltare l’asticella di schiena, non più di pancia. Banale, vero? Come tutti i geni - anche Dick - scoprì che non esiste un solo modo di fare qualcosa, ma uno più gli infiniti che ancora non sappiamo. Fino al 1963 si saltava passando il petto sull’asta. Dick a sedici anni decise che era arrivata l’ora di cambiare. E saltò di schiena. Aveva scoperto l’America, ce l’aveva indicata, atterrando in una terra sconsacrata, lì dove regnava il buio aveva portato la luce. 

    Era americano, di Portland, nell’Oregon. Battezzato Richard, detto Dick. Aveva cominciato con l’atletica fin da ragazzino, si era specializzato nel salto. Saltava “a forbice”, come tutti. A sedici anni saltava 1,77, a 18 anni era arrivato a 1,91. Migliorava, ma non quanto avrebbe voluto. L’idea gli frullava nella testa da un po’. Da “ventralista”, come si diceva all’epoca, valeva davvero poco. Allora cominciò a cambiare tecnica. Cadeva ogni volta, e cadeva male. Era pieno di lividi, i compagni di allenamento ridevano. Il suo più caro amico gli disse: “Dick, quando salti sembri un gambero, lascia stare, ti prendono in giro tutti”. A coniare il nome della sua invenzione, la “Fosbury Flop”, fu un giornalista. Anche quella volta: la nostra categoria non aveva capito nulla. Il “Flop” indicava il fallimento. Pure il giornalista lo prendeva per i fondelli. 

    Dick Fosbury smise di saltare nel 1973. Era ancora giovane, aveva solo 26 anni. Si rimise a studiare, si laureò in Ingegneria. Per un po’ fece parte di una sorta di “Circo Barnum” che girava le città americane proponendo esibizioni spettacolari. C’era anche la sua, ovviamente. Lo pagavano 500 dollari a serata, una gran bella cifra per quegli anni. Anni dopo raccontò che era rimasto per sette spettacoli, poi aveva stracciato il contratto, rinunciando ai soldi pattuiti. Non aveva il cuore di svendere così l’invenzione che gli aveva cambiato la vita. Qualche anno fa è saltata fuori una vecchia foto. Ritrae un ragazzo di nome Bruce Quande che salta con la tecnica di Fosbury. Solo che è il 1963, e Fosbury ancora non aveva inventato nulla. Cinque anni prima di Dick c’era già chi saltava come lui. O almeno ci provava. Quande studiava al college, praticava il salto in alto. Non è mai diventato un saltatore professionista. Raccontò che non si ricordava più come gli era venuta l’idea, forse per scherzo, forse per fare lo scemo con le ragazze aveva interrotto la corsa, quindi dato la schiena all’asticella e saltato. E comunque aveva smesso di saltare dopo un paio di semestri, dedicandosi ad altro. Nella foto Quande è ripreso un attimo prima di superare l’asticella. Non sappiamo se poi è caduta o no. Sappiamo che chi atterrò sul materasso, alzando le mani verso il cielo per il salto perfettamente riuscito che gli valeva l’oro, era il nostro Fosbury, Dick Fosbury che fece la rivoluzione rovesciando il mondo.

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