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  • Al Milan serve Braida, non Ibrahimovic

    Al Milan serve Braida, non Ibrahimovic

    • Alberto Cerruti
      Alberto Cerruti
    Sembra che la medicina per guarire il Milan, e in particolare Pioli come pensano molti, si chiami Ibrahimovic. Tutti, o quasi, lo vogliono a cominciare da Cardinale, il grande boss che va e viene e nelle sue intermittenti apparizioni milanesi ha già incontrato l’ex attaccante. Nessun dubbio, appunto, sul suo passato da attaccante, ma ormai “ex” purtroppo. Il problema, infatti, nasce proprio da qui, perché si rischia di confondere il passato che non ritorna, con il presente e soprattutto con il futuro. E allora, al di là del fascino e del carisma che Ibrahimovic avrà sempre agli occhi dei tifosi comprensibilmente nostalgici, è giusto chiedersi che cosa potrebbe garantire lo svedese nella sua nuova veste di dirigente, tutta da scoprire al contrario di quella da giocatore.
    Premesso che Pioli sembra d’accordo sul suo nuovo ruolo nel Milan, visto che non potrà più risolvere i problemi sul campo come alternativa di Giroud, Ibrahimovic dovrebbe risolvere quelli fuori, aiutando il tecnico a motivare i giocatori, oppure prendendoli da parte per evitare nuovi malumori o incomprensioni con lo stesso Pioli. Conoscendo il suo carattere esuberante, per usare un eufemismo, e il suo smisurato “ego”, il rischio però è quello di generare qualche nuova frattura nel gruppo, alimentando la tensione.

    La certezza, invece, è un’altra, perché la presenza di Ibrahimovic si sovrapporrebbe a quella di Pioli, limitando sia pure indirettamente il suo ruolo di leader, specialmente se poi tutti cercherebbero lui per intervistarlo, prima o dopo le partite. Ibrahimovic, infatti, ha tante qualità ma non l’equilibrio che invece è prezioso specie quando mancano i risultati. E un conto è dimostrarsi un leader vincente in campo, come ha fatto benissimo quando Boban lo richiamò al Milan, un altro esserlo fuori con la divisa ufficiale della società.

    Proprio ripensando a questo diverso ruolo di Ibrahimovic, per lui tutto da scoprire, visto che nel nuovo Milan manca la figura di un dirigente esperto e autorevole come Galliani, che ha risolto tanti problemi a Milanello aiutando i tecnici rossoneri, più dello svedese sarebbe prezioso un altro ritorno: quello di Ariedo Braida.

    Libero da impegni, dopo aver concluso l’ultima sua collaborazione con la Cremonese, l’ex direttore sportivo che ha vinto tutto con il Milan tra l’altro chiederebbe meno garanzie anche dal punto di vista economico, pronto ad aiutare Pioli senza togliergli autonomia nelle scelte e senza essere mediaticamente ingombrante come Ibrahimovic. Capace di parlare davanti alle telecamere perché non gli manca certamente l’equilibrio dialettico, grazie alla sua esperienza Braida potrebbe anche diventare prezioso nelle future scelte di mercato, lasciando comunque inalterato il ruolo di Moncada, il regista a livello tecnico dell’ultima campagna acquisti, che vicino a un autentico maestro del settore potrebbe ulteriormente crescere. Perché un conto è essere stato un (grande) giocatore, un altro diventare un (grande) dirigente. E la conferma arriva indirettamente proprio da Braida, che nessuno ricorda come centravanti, tra l’altro in prestito nel Milan di Rocco, ma tutti ricordano come il grande regista che portò in rossonero i “palloni d’oro” Van Basten, Shevchenko e Kakà. E senza mai vantarsi di essere Dio…

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