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Anastasi, dal gol della storia alla Jugoslavia al Mondiale mancato: anche il Brasile temeva la coppia con Riva

Anastasi, dal gol della storia alla Jugoslavia al Mondiale mancato: anche il Brasile temeva la coppia con Riva

  • Alberto Polverosi
    Alberto Polverosi
La palla sale rapida attraverso mani e piedi fatati. Da Zoff a Mazzola, a cui basta alzare la testa per accorgersi che De Sisti, la mente illuminata del calcio dell’epoca, è già vicino alla linea di metà campo, fuori dal controllo degli jugoslavi. Sandro mette la palla nello spazio che si spalanca davanti a Picchio, mentre Domenghini comincia a correre senza palla. Corre perché ha già capito cosa potrebbe succedere, cosa sta per succedere. Gira alle spalle di De Sisti, si scambiano la palla, quando il primo difensore della Jugoslavia esce per marcarlo è troppo tardi: Picchio ha già visto lui, Pietruzzu Anastasi, che al limite dell’area di rigore si è svincolato dalla marcatura. Ha le spalle girate alla porta, "Che potrà mai combinare?", sembrano chiedersi gli ottimisti difensori del ct Mitic. Non sanno che Pietro Anastasi, catanese, soprannominato u’Turcu, con le spalle alla porta è capace di autentiche magie. La palla che De Sisti gli passa bassa e precisa lui la alza con un tocco di destro e ancora di destro, come un fulmine, e sempre con la spalle girate alla porta, prima che tocchi l’erba dell’Olimpico la scaraventa in rete, vicino al palo, con una mezza girata che resterà il simbolo dei suoi gol. E’ una rete storica e meravigliosa, è il 2-0 alla Jugoslavia nella finale-bis dell’unico Europeo che abbiamo vinto, quello del ‘68.



Il primo gol era di Gigi Riva. Erano trent’anni che l’Italia non vinceva niente, da campioni del Mondo eravamo diventati niente. Ferruccio Valcareggi aveva creato nella sua Nazionale una delle più forti coppie d’attaccanti di tutti i tempi. Una coppia classica, la potenza e la velocità mischiate in una straordinaria miscela, Anastasi era perfetto per Riva e Riva era perfetto per Anastasi. Due anni dopo stavano per partire insieme per il Messico. Li temevano anche i brasiliani, ma nella notte fra il 15 e il 16 maggio 1970, la notte prima della partenza, Anastasi cominciò a lamentarsi. Aveva fortissimi dolori al basso ventre, nella camera del Parco dei Principi che ospitava la Nazionale lo visitò il dottor Fino Fini. Si parlò di appendicite, venne operato e al suo posto Valcareggi chiamò non uno ma due attaccanti, Boninsegna e Prati, così la lista passò da 22 a 23 azzurri.

Il ct si ripromise di scegliere l’escluso in Messico e l’escluso non fu un attaccante ma Giovanni Lodetti, il mediano scudiero di Rivera. Ferruccio racconterà anni dopo: “Che non avrebbe fatto parte dei 22 glielo dissi quando eravamo già in Messico. Non so come feci a guardarlo negli occhi. La sua faccia in tv, mentre piange, resterà per sempre il più amaro dei miei ricordi calcistici”. Forse avremmo perso lo stesso quel Mondiale, perché il Brasile ‘70 è stata la più forte squadra del mondo, ma con Anastasi in campo avremmo avuto quanto meno una chance in più. Due così, due come Gigi e Pietro, nascono ogni mezzo secolo.

   

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