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  • Barnaba-Ferrero, due fantasmi sulla cessione della Samp: cosa succede ora e perché torna lo spettro fallimento

    Barnaba-Ferrero, due fantasmi sulla cessione della Samp: cosa succede ora e perché torna lo spettro fallimento

    • Renzo Parodi
    Si arricchisce ogni giorno di nuovi colpi di scena la cessione della Sampdoria (non ancora perfezionata) da Massimo Ferrero al ticket Radrizzani-Manfredi, prossimamente rafforzati dai capitali di Qatar Sports Investments e 49ers Enterprises (gli americani che stanno rilevando da Radrizzani il 58% del capitale del Leeds).

    Torna ad aleggiare lo spettro di Alessandro Barnaba, il protegé di Edoardo Garrone che negli ultimi sei mesi aveva dato inutilmente l’assalto alla cassaforte blucerchiata, presentando ai creditori del club (le banche in prima linea) sei proposte tutte regolarmente respinte come inaccettabili. In altre parole troppo povere per convincere i creditori a rinunciare ad una fetta dei loro crediti. E riappare come Jack in the box l’ancora formalmente proprietario Massimo Ferrero che ha chiesto ed ottenuto la convocazione di un’assemblea di SportSpettacolo Holding (la controllante di Sampdoria) giusto a ridosso dell’assemblea convocata dal cda blucerchiato per votare il bilancio 2022 ed eleggere il nuovo cda.

    Il Viperetta non si smentisce. Lacrimando di essere stato espropriato della Sampdoria dall’accordo, peraltro accettato, che ha definito la somma di spettanza del trust nel quale la società era stata incapsulata, Ferrero tenta l’ultimissimo colpo: scucire un po’ di soldi (stavolta però destinati alle sue tasche) essendo per lui pochi spiccioli i circa 8 milioni concessi al trustee Vidal: cinque di stipendi arretrati, tre a titolo di liquidazione dell’ultima rata del mutuo di Banca Intesa sul marchio. Oltre ad una somma (anch’essa destinata al trust) sottoposta peraltro ad una serie di condizion tutte da verificare nel tempo. Un deal che ha mandato in bestia Ferrero. Convincendolo di essere stato defraudato di un bene. E quindi, ecco l’estrema trovata dell’assemblea di SSH, destinata peraltro a creare soltanto confusione lungo l’asse che conduce alla cessione del club. Se spingesse le cose alle estreme conseguenze la Sampdoria fallirebbe e Ferrero non vedrebbe un euro, né lui e neppure il trust. Di Tafazzi uno basta e avanza…

    E’ presumibile che Ferrero rimuova l’amministratore unico Ienca, colpevole ai suoi occhi di aver dato il via libera all’aumento di capitale a Radrizzani, e lo sostituisca con un uomo di fiducia. E magari tenti di imporre all’assemblea della Sampdoria, convocata il 16 giugno (e il 19 e il 20 in seconda e terza convocazione) un suo rappresentante che faccia valere la maggioranza relativa delle azioni tuttora in mano al Viperetta. Un guazzabuglio che potrebbe ingolfare il percorso, assai stretto ed impervio, verso l’iscrizione al campionato che va irrevocabilmente realizzata entro il 20 giugno. Vedremo come se ne uscirà e se i quattro membri dimissionari del cda attuale (Lanna, Romei, Panconi e Bosco) getteranno la spugna o resisteranno al fianco del nuovo consigliere incaricato di “osservare” e tutelare gli interessi di Radrizzani.  Nessun commento in proposito dal trustee Vidal. Interpellato, l’avvocato Sammarco, legale di Ferrero, ha risposto: “Non sono autorizzato a parlare”.

    Tornando al versante Barnaba. Quante probabilità ha il finanziere romano di tornare in pista a contendere la Sampdoria a Radrizzani? Praticamente nessuna, la strada è tracciata e conduce a Radrizzani-Manfredi. Tuttavia Barnaba si agita e fa sapere di essere pronto. A fare che cosa, esattamente? Non è chiaro. Non ha accordi con i creditori e si dubita possa raggiungerli in pochissimi giorni. Il cda ha delegato Radrizzani e non lui ad effettuare l’aumento di capitale. Sembra la sua un’azione di disturbo orchestrata da chi era stato per mesi intimamente convinto di spuntarla, in quanto unico player in campo. Alla fine, era il ragionamento, mangeranno la mia minestra. Altrimenti dovranno saltare dalla finestra, ossia nel buio del fallimento.

    L’irruzione sulla scena improvvisa (ma calibrata e preparata nei minimi dettagli e realizzata con tempismo perfetto) di Radrizzani e Manfredi ha mandato all’aria i piani di Barnaba e Garrone. L’ex proprietario sperava di riguadagnarsi la stima dei tifosi dimostrando di aver onorato la parola data in pubblico nel 2019. “Se ci sarà bisogno farò il possibile per salvare la Sampdoria”.

    Gli è andata male ma in un certo senso anche bene. La San Quirico, la cassaforte di famiglia, avrebbe messo mano alla borsa, ora risparmierà i 50 milioni di euro che aveva deciso di investire nell’operazione di salvataggio della Sampdoria.  Ha avuto quasi un anno di tempo, Garrone, se avesse davvero voluto salvare la Sampdoria, avrebbe dovuto occuparsi della squadra, facendo in modo di rafforzarla sul mercato di gennaio per tentare di evitare la retrocessione.   

    E’ chiaro e accertato viceversa che Radrizzani e Manfredi hanno avuto l’ok all’aumento di capitale di 40 milioni assicurato (salvo interventi diretti dell’ormai quasi ex patron del Leeds) da Banca Sistema, attraverso l’emissione di bond in obbligazioni convertibili in azioni, all’esito del closing dell’intera operazione di acquisto. Radrizzani e Manfredi si sono messi in gioco e balleranno fino all’ultimo giro di walzer. Vogliono fortemente e senza tentennamenti “la bellissima ballerina caduta ammalata che abbiamo guarito”, così la definì Duccio Garrone. L’ex patron la resuscitò letteralmente dalle ceneri salvandola dal fallimento nella primavera del 2002. I due manager italiani hanno già assicurato il pagamento del primo trimestre degli stipendi arretrati a calciatori, staff e dipendenti. Presto daranno l’ok al versamento di altre due mensilità. Insomma, stanno andando diritti alla mèta.

    A dispetto delle lungaggini procedurali e giudiziarie, gli incoming owners si sentono operativi e agiscono come fossero già ufficialmente montati in sella al purosangue (per adesso ancora un claudicante ronzino) blucerchiato. Ottenuta dalla controllante SSH il via libera all’aumento di capitale stanno attivamente lavorando (Manfredi con l’assistenza del vicepresidente blucerchiato Romei) alla definizione dell’accordo con i creditori del club. Questione di giorni. L’ultimo vero scoglio è costituito da alcuni procuratori, guarda caso in passato molto vicini a Ferrero, che reclamano la restituzione piena del loro credito. Si parla di milioni di euro, essendo il debito verso i procuratori accumulato durante gli ultimi anni della gestione Ferrero superiore ai 20 milioni di euro. Uno sproposito per un club come la Sampdoria. Probabilmente si chiuderà al 50% le diplomazie si sono già messe al lavoro. Neppure ai procuratori conviene una Sampdoria fallita.
     

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