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  • Ce l'ho con... Pioli ha ancora in mano il suo Milan? Non serve Ibra ma tornare a fare calcio

    Ce l'ho con... Pioli ha ancora in mano il suo Milan? Non serve Ibra ma tornare a fare calcio

    • Andrea Distaso
      Andrea Distaso
    Di solito non si apre mai un pezzo con una domanda, anche perché si presume che una risposta a determinati interrogativi la debba avere chi - in questo caso il sottoscritto - si rivolge ai suoi interlocutori, i lettori di calciomercato.com ed in particolare quelli di fede milanista. Ma se la domanda diventa retorica, allora assume tutto un altro significato: Stefano Pioli ha ancora in mano il suo Milan? Un dubbio legittimo, alimentato dal botta e risposta con capitan Calabria al termine della disfatta di Parigi, ma che non può certo esaurirsi col chiarimento avvenuto successivamente tra i due e il nuovo patto stretto all’interno dello spogliatoio in vista della delicatissima sfida di domenica contro il Napoli. Le preoccupazioni suscitate dall’ultima sconfitta dei rossoneri al “Parco dei Principi” vanno oltre i discorsi sulla leadership esercitata da Pioli presso il gruppo di calciatori e i continui spifferi su un possibile ritorno a Milanello di Zlatan Ibrahimovic.

    PIOLI-CALABRIA, E' TUTTO CHIARITO?

    ESSERE LEADER - Anzi, a dirla tutta, il messaggio che sta iniziando a filtrare di un Milan “obbligato” ad affidarsi al suo totem per riportare quel clima di comunione d’intenti e di fame che sembra essersi smarrita dopo la conquista dello scudetto 2022 è decisamente poco rispettoso nei confronti della figura di Pioli. Che non sta certo attraversando un gran momento dopo la doppia battuta d’arresto contro Juve e PSG, ma che ha già dimostrato in passato di saper riemergere dalle difficoltà. A patto che - come ci chiediamo e idealmente vi domandiamo - abbia davvero la situazione sotto controllo. Parliamo di calcio, di princìpi di gioco, di capacità di riconoscere ed analizzare eventuali errori e mancanze e di risolverli secondo le necessità del momento. Perché è questo che più di qualunque altra cosa rende credibile un allenatore agli occhi dei suoi giocatori, un riferimento, una guida per tutto il gruppo. Pioli nella sua lunga esperienza milanista ha saputo esserlo per molto tempo, portando ad una crescita individuale tantissimi ragazzi che, all’interno di un sistema con punti fermi precisi, si sono esaltati. Poi però gli avversari hanno cominciato a studiare questa squadra che, pur senza poter disporre di molte stelle, faceva dell’aggressività e delle rapidi transizioni offensive i suoi cavalli di battaglia. Sono cambiati pure molti interpreti, talvolta è mutato l’abito tattico, ma i princìpi quelli no, sembrano non negoziabili per l’allenatore ed il suo staff e qui - dalla passata stagione per essere precisi - sono iniziati i problemi.

    MILAN, HA ANCORA SENSO DIFENDERE COSI'?

    L'ATTACCO NON GIRA - Anche su calciomercato.com ci siamo a lungo soffermati sull’ostinazione a difendere con una linea altissima che espone soprattutto i calciatori più lenti e meno a loro agio con gli uno contro uno a rincorse all’indietro molto dispendiose e difficoltose, ma i mali del Milan sono molto più profondi e diffusi e riguardano fondamentalmente tutte le fasi di gioco. I rossoneri hanno acquistato nel mercato estivo una serie di mezzali con una certa propensione a correre in avanti più che all’indietro, ma lo hanno sempre fatto in contesti in cui lo sviluppo del gioco passava da movimenti e situazioni che coinvolgevano il resto della squadra e non affidandosi alle letture individuali del momento. Difesa e centrocampo che vanno in affanno - basti pensare soltanto al calo drastico di rendimento di Reijnders nelle ultime partite, non c’entra solo l’ampio minutaggio collezionato da agosto ad oggi - e un attacco che non punge più da troppo tempo. Certo, al Milan manca un centravanti capace di garantire una continuità realizzativa superiore a quella di Giroud e più affidabile, ad oggi, di Okafor e Jovic. Ma pensare che la sterilità offensiva nasca esclusivamente da ciò che il mercato non ha risolto sarebbe miope.

    MILAN SENZA GOL IN CHAMPIONS: TUTTI I RECORD NEGATIVI

    IN AFFANNO - Gli uno contro uno sono diventati un mantra nel calcio moderno, ma questo non significa che la capacità di fare male ad un avversario debba essere relegata solamente alla libera iniziativa dei calciatori. Il Milan segna poco e attacca peggio perché in molteplici occasioni, soprattutto nei big match e contro squadre che difendono in una certa maniera, Leao, Giroud e Pulisic sono apparsi slegati l’uno dall’altro e dal resto della squadra. Il Milan non realizza a sufficienza coi suoi centrocampisti, che accompagnano sempre meno l’azione nel tentativo di ricreare quegli equilibri difensivi che si rivelano fragilissimi non appena di fronte ci si trovi qualunque capace di saltare agevolmente la prima pressione - che si chiami Mkhitaryan, Weah o Zaire-Emery fa poca differenza - e aprire delle praterie. Il Milan non coinvolge più i suoi terzini come una volta, rinunciando ad un’ulteriore fonte di gioco per venire a capo delle situazioni più intricate, per esempio proprio contro chi difende col blocco basso.

    IL PESO DELLE PAROLE - Tanti problemi da risolvere, col lavoro sul campo e la necessità di prendere atto che quello che non sta funzionando non rappresenta una novità, bensì una riedizione dei molti passaggi a vuoto della complicata stagione precedente. Calabria non è sceso così nei dettagli nel post-gara di Parigi, ma togliere peso ai contenuti del suo sfogo ed ignorare il suo grido di allarme sarebbe un autogol pesante per il prosieguo della stagione. Nella scorsa primavera la triplice sfida col Napoli aveva indicato una strada alternativa da percorrere e aveva pure prodotto dei grandi risultati: sempre al “Maradona” il Milan può rinascere dalle sue ceneri o naufragare definitivamente. E con sé le sue individualità, tra cui un Leao che da qualche partita sempre aver smarrito i suoi super poteri.
     

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