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  • Ciao Sinisa, che bella lezione ci hai lasciato! Nel giorno del dolore, è giusto chiedere scusa anche al Bologna

    Ciao Sinisa, che bella lezione ci hai lasciato! Nel giorno del dolore, è giusto chiedere scusa anche al Bologna

    • Andrea Distaso
    Sarebbe facilissimo adesso - oltreché tremendamente sgradevole e indelicato - ergersi a paladini della "parte giusta", di chi non aveva voluto accodarsi ad un dilagante e sempre più imperante perbenismo che aveva investito da subito il mondo del calcio alla notizia dell'esonero di Sinisa Mihajlovic del 6 settembre scorso. In quanti avevano scritto e parlato di scarsa sensibilità nei confronti di una persona che dal 2019 combatteva come un leone contro un male bastardo e infame come la leucemia. Ne abbiamo lette di cotte e di crude sul comportamento del club rossoblù, costretto a prendere in mano una situazione che dal punto di vista tecnico si era fatta insostenibile e per colpa di nessuno. Se non di un destino che non ha dato scampo nemmeno ad un lottatore di natura come Sinisa. Un uomo che ha saputo sfruttare la sua immagine di uomo pubblico per dare una lezione di dignità a tutti quanti noi.
     
    Su queste pagine, Gianni Visnadi scrisse all'epoca che - per quanto duro e difficile da accettare e, ne siamo certi, dopo giorni e notti di tormenti morali e domande esistenziali - quello del Bologna era in fin dei conti un atto di rispetto e di dignità estrema verso un uomo che stava soffrendo fisicamente e che, mentalmente, non poteva più essere l'allenatore giusto per condurre un gruppo di ragazzi variegato e fatto di tante anime come può e sa essere solo uno spogliatoio in qualsiasi ambito sportivo. Trattarlo da allenatore e non da malato, questo era il messaggio insito, nascosto e sfuggito ai più nel comunicato nel quale si ufficializzava l'interruzione del rapporto di lavoro. Semplice allora parlare di atto indelicato, di accanimento nei confronti del Sinisa ferito ed indifeso; comodo oggi rimangiarsi tutto e ammettere, timidamente, che forse il Bologna qualche ragione ce l'aveva. Chi parlava all'epoca evidentemente non sapeva quanto grande fosse il legame tra Mihajlovic e la piazza emiliana, con una tifoseria, una squadra, un gruppo di lavoro e una società che, pur non condividendo in toto certe prese di posizione e certe strategie sul mercato, mai ha fatto mancare il suo appoggio.
    Questo però non può e non dovrà essere mai il giorno dei rancori e dei cattivi pensieri. Lo dobbiamo all'uomo Sinisa, lo dobbiamo al professionista Mihajlovic. Lo dobbiamo alla moglie Arianna, alle figlie Viktorija e Virginia, ai figli Marco, Nicholas, Dusan e Miroslav. E anche alla piccolissima Violante, alla quale in tanti racconteranno da oggi in avanti tante belle storie su un nonno che ora guarda tutti dall'alto. 

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