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  • Cosa c'è dietro l'addio di Allegri alla Juve: con Zidane sarà rivoluzione
Cosa c'è dietro l'addio di Allegri alla Juve: con Zidane sarà rivoluzione

Cosa c'è dietro l'addio di Allegri alla Juve: con Zidane sarà rivoluzione

  • Giancarlo Padovan
    Giancarlo Padovan

Non è ufficiale, ma è assolutamente certo: Massimiliano Allegri a fine stagione lascerà la Juventus. Non è solo una decisione dell’allenatore, non è esattamente un esonero da parte della società: finisce perché cinque anni sono tanti, perché i rapporti si logorano, perché lui pensa di fare l’esperienza di un altro campionato e perché Andrea Agnelli vuole fortissimamente Zinedine Zidane. Una cosa è lampante: Allegri e la Juventus si separeranno anche se - ipotesi ormai remota dopo la sconfitta di Madrid con l'Atletico - dovesse arrivare la conquista della Champions League. Questo sgombra il campo da equivoci: l’allenatore non se ne va perché non ha vinto abbastanza, ma se ne andrebbe anche se vincesse quel che gli manca.

Credo fermamente che sia giusto così e che la consapevolezza reciproca della fine del rapporto derivi dal fatto che il suo epilogo è naturale. Con Allegri, infatti, finisce una fase importante della storia bianconera e un’altra ne dovrà incominciare con il rinnovamento della squadra a partire dalla difesa. Zidane, di per sé, non può garantire né lo scudetto (in tre stagioni ha vinto un solo campionato alla guida del Real Madrid), né la Champions. E’ vero che ne ha messe in bacheca tre consecutive ma è altrettanto vero che lo ha fatto con una rosa di giocatori superiore agli avversari e, come detto, sacrificando due volte su tre il campionato. Non so ancora se Zidane sia un grande allenatore. Ha guidato una sola squadra, quella nella quale ha giocato di più e della quale sapeva tutto. La Juve, questa Juve, e più ancora quella che verrà, è un terreno sconosciuto, il rientro in Italia potrebbe essere traumatico, continuare a collezionare scudetti non sarà un’operazione scontata. Inoltre non ho ancora capito a quale gioco si rifaccia Zidane. Detto che il francese ama guidare una squadra offensiva, c’è da stabilire se sarà Ronaldo-centrica, come il Real, o una formazione organizzata dove uomini e reparti siano strettamente connessi.

La stragrande maggioranza degli juventini comincia ad essere in crisi perché si è accorta che per imporsi in Europa non basta giocare come in Italia. E’ questa la grande accusa che rivolgono ad Allegri, questo il presupposto sul quale è nato #Allegriout che tanto ha fatto infuriare il tecnico bianconero fino a farlo uscire, oltre che dai gangheri, anche dai social. La mia opinione è che Allegri sia un allenatore pragmatico, poco incline a dare un’organizzazione collettiva per la fase offensiva, ma molto attento alla gestione dei singoli. Specificato che quella di Ronaldo non è stata governata (il calciatore è temuto dall'allenatore e pretende di giocare sempre), è impensabile preparare così poco e così male le partite. Mi riferisco, ovviamente a Madrid, dove ad una condizione fisica allarmante si è accoppiata una totale mancanza di idee. Mi domando cosa pensi lo spettatore qualsiasi - non parlo del tifoso - quando vede che la fase d’impostazione, anziché passare da Pjanic o, in subordine da Bonucci, che ha piedi per realizzarla, si consuma sulle iniziative, quasi sempre approssimative di Chiellini. Ora, mettiamo pure che in una grande squadra, tutti debbano sapere come e con chi palleggiare, se giocare ad un tocco o a due e, di conseguenza, quali tempi di gioco preferire. Mi chiedo: la Juve ha l’abitudine di farlo? I giocatori hanno queste capacità? E se non ce l’hanno chi li addestra?

E’ paradossale che le soluzioni di Allegri vengano solo dal sistema di gioco e dai cambi in corsa. La lettura della partita è fondamentale, ma è solo così che si mette in scacco un avversario? Certo, Allegri non è Sarri, non foss’altro perché, ad alto livello, ha allenato e vinto più di lui. Tuttavia mi chiedo se l’esigenza di un calcio codificato, cioè riconoscibile, sia per forza un difetto. Comunque è sicuro che, soprattutto nel calcio, non si può chiedere a qualcuno di essere diversi da come si appare. Allegri finora alla Juventus ha conquistato quattro scudetti, quattro coppe Italia e due Supercoppe. Impossibile chiedergli di fare meglio. Come, invece, sarebbe dovuto accadere in Champions. Due finali sono il segnale di una vicinanza alla vittoria non casuale, ma il passaggio a vuoto con l’Atletico, che porterà alla quasi certa eliminazione agli ottavi, notifica che neppure Allegri, al pari di Conte, ha messo a frutto tutto quel che sa. La Juve gli ha dato tempo e mezzi, quest’anno perfino Ronaldo, epppure non è bastato. Solo il tempo dirà se - a dispetto dell’evidenza - non fosse più giusto insistere ancora con lui. 

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