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Dal galletto di Pugliese e l'acqua santa del Trap ai limoni di Pochettino e la tuta di Sarri: a ognuno la propria mania

Dal galletto di Pugliese e l'acqua santa del Trap ai limoni di Pochettino e la tuta di Sarri: a ognuno la propria mania

  • Fernarndo Pernambuco
    Fernarndo Pernambuco
La tuta, lo stecchino di Sarri fanno notizia... Chissà perché? In fondo calciatori e allenatori hanno tutti fissazioni più o meno evidenti. Ritualità che stanno a metà tra la superstizione e il carattere. Liedholm, l’elegantissimo, ineffabile “barone” dall’insuperato aplomb, la misura fatta persona, era pieno di amuleti nascosti nelle sue tasche e non poteva fare a meno di sentire, almeno una volta alla settimana, la sua maga. E, a proposito di maghi, il “mago di Turi” alias Oronzo Pugliese, bestia nera di Helenio Herrera, nonché ispiratore di Oronzo Canà, era solito al rito propiziatorio del galletto lasciato a scorazzare in campo poco prima della partita.

Trapattoni, devotissimo, portava sempre con sé una bottiglietta di acqua benedetta e ascoltava, talvolta, le ispirazioni della sorella monaca. Nei mondiali coreani del 2002, però gli andò male: benedì, con l’acqua santa, la sua area tecnica, ma non potè nulla contro il diabolico arbitro Byron Moreno. L’indimenticato petisso, Bruno Pesaola, da allenatore, scendeva sempre in campo con un cappotto di cammello che lo faceva sembrare ancora più basso. Divorava un pacchetto di sigarette a partita, come, del resto prima Scopigno e dopo Zeman. Del tabagista ceco dissero che allenava per poter fumare e non viceversa.

Manie che diventano una specie di talismano per scaricare la tensione, propiziarsi la fortuna o semplicemente cercare (un po’ ossessivamente) di tenere sotto controllo il fato. Pochettino tiene sempre una scodella di limoni freschi sulla sua scrivania per “assorbire le energie negative” e sceglie personalmente i detersivi con relativi profumi con cui si lavano maglie e calzoncini dei giocatori. Anche lui ha la sua divisa, uguale a quella del Cholo Simeone: pantaloni, giacca, camicia (traslucida) cravatta rigorosamente neri. Mourinho deve sempre salutare il collega avversario irrompendo nella panchina vicina pochi minuti prima della fine della partita e, dai suoi saluti anticipati, spesso nascono alterchi.

Maradona, prima di ogni partita, baciava in fronte il massaggiatore del Napoli. Sivori non “poteva” giocare coi parastinchi e i calzettoni a coprire il polpaccio, Trezeguet, al contrario, li tirava fin sopra le ginocchia. Filippo Inzaghi fu spesso rimproverato di mangiare un pacco intero di biscotti Plasmon (lasciandone, per altro, sempre due) prima di una partita. Campos, famoso portiere del Messico, in campo si vestiva come un aquilone dai mille colori “per scacciare gli spiriti maligni”. Beckham, prima di ogni gara casalinga, controllava il frigorifero dello spogliatoio e pretendeva che le bevande (dai succhi di frutta agli integratori) fossero sempre in numero pari, allineate in un certo modo. Gattuso, per un certo periodo, prima della partita si recava in bagno con “I Fratelli Karamazov” di Dostoevskij e al momento di andare in campo, ne pronunciava una frase. Infine, Carlos Bilardo Ct dell’ Argentina, a Italia ’90, dopo avere trascorso una piacevole serata a casa del suo giocatore Pedro Troglio, si accorse della presenza di un ficus in una angolo del soggiorno. Dette in escandescenze pretendendo che fosse immediatamente buttato fuori di casa: la moglie di Troglio cercò di buttar fuori lui.

Cosa volete che siano uno stecchino e una tuta?

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