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  • Daraselia e la favola della Dinamo Tbilisi europea: il gol storico, la tragica morte

    Daraselia e la favola della Dinamo Tbilisi europea: il gol storico, la tragica morte

    • Remo Gandolfi
      Remo Gandolfi
    Allora poteva ancora accadere.
    Ed era semplicemente meraviglioso.
    Alla finale delle Coppe Europee arrivavano “piccoli” club da nazioni della periferia del grande calcio.
    AZ Alkmaar, Goteborg, Videoton, Dundee United, Malines, Gornik Zabrze, Ferencvaros, Rapid Vienna, Lokomotive Lipsia, Bastia … e l’elenco sarebbe ancora lunghissimo.
    Ora questo non è più possibile.
    O meglio, le poche, pochissime volte in cui è accaduto negli ultimi trent’anni la retorica ci racconta di un “miracolo sportivo”. 
    Anche nel contesto di allora però quello che accadde il 13 maggio del 1981 rimane nella storia del calcio europeo come un evento praticamente unico.

    A contendersi la vittoria nella Coppa delle Coppe
    in finale arrivano i tedeschi dell’Est del Carl Zeiss Jena e una squadra della Georgia, al tempo ancora sotto l’egida dell’Unione Sovietica: la Dinamo Tbilisi.
    Per arrivare fin lì non hanno certo incontrato solo ostacoli abbordabili.
    Il Carl Zeiss Jena nel suo percorso ha eliminato la Roma di Falcao e di Pruzzo al primo turno, gli spagnoli del Valencia di Kempes e Bonhof al secondo e in semifinale i portoghesi del Benfica.
    Lungo la strada la Dinamo Tbilisi si è dovuta sbarazzare  degli inglesi del West Ham di Brooking e Devonshire e degli olandesi del Feyenoord in semifinale.
    Insomma, non esattamente una passeggiata.
    Due squadre dell’Est in una finale di Coppa.
    Un evento unico.

    Solo che non è esattamente quello che era nei desideri della UEFA quando assegnò al Rheinstadion di Dusseldorf la finalissima della competizione.
    Sugli spalti quella sera ci sono meno di cinquemila persone in uno stadio che può contenerne dieci volte tanti.
    Aldilà della “Cortina di ferro” è un’impresa assoluta all’epoca arrivare in occidente.
    Anche se si tratta “solo” di una partita di calcio.
    Ci riescono in poche decine dalla Georgia, qualcuno in più dalla Germania Orientale.
    Gli altri sono addetti ai lavori e tiepidi tifosi locali che decidono di andare allo stadio quella sera.
    Perfino tante tv europee snobbano l’evento.
    Economicamente  quella finale sarà un disastro per la UEFA, da sempre molto attenta al portafoglio.
    Ma sarà un giorno indimenticabile per un popolo interno che diventerà finalmente “Nazione” esattamente dieci anni dopo.
    In campo la supremazia tecnica della Dinamo è evidente. Davit Q'ipiani è un regista illuminato, Vladimer Gutsaevi è un attaccante rapido e opportunista e poi ci sono giocatori del valore di Tengiz Sulakvelidze, Aleksandre Chivadze,  Ramaz Šengelija, Otar Gabelia ... tutti nel giro della Nazionale Sovietica.
    E poi c’è lui.
    Vit'ali Daraselia.
    Gioca a centrocampo. E’ poco più di 170 cm di altezza ed ha un fisico compatto, quasi tozzo.

    E’ un motorino inesauribile.
    “Box to box” lo hanno definito i britannici in occasione della doppia sfida con il West Ham dei quarti di finale dove la Dinamo incantò il pubblico inglese con due prestazioni sontuose.
    Daraselia lo puoi trovare sulla sua trequarti a spezzare una trama offensiva degli avversari e pochi secondi dopo vederlo apparire nei pressi dell’area di rigore avversaria ad inserirsi su una sponda di Gutsaevi o un pallone filtrante di Q’ipiani.
    Ma quella sera di maggio Vit’ali Daraselia farà qualcosa di più
    Qualcosa che il popolo georgiano festeggerà per giorni interi e che entrerà per sempre nella storia sportiva di quel Paese.
    Mancano meno di cinque minuti al termine dell’incontro.
    Le due squadre sono in perfetta parità.
    Uno a uno.
    Al gol del vantaggio dei tedeschi dell’Est di Gerhard Hoppe ha risposto pochi minuti dopo Vladimer Gutsaevi.
    Nel finale di partita è un monologo della Dinamo che si riversa nella metà campo del Carl Zeiss Jena alla ricerca del vantaggio.
    L’organizzata difesa di Lothar Kurbjuweit e compagni tiene.
    Quando Vit’ali Daraselia riceve palla da Q’ipiani è ad almeno quaranta metri dalla porta avversaria.
    Sembra puntare verso la sinistra, magari cercando la linea di fondo per mettere in mezzo un cross.
    Poi improvvisamente rientra verso il centro, lasciando sul posto il primo difensore tedesco.
    Entra in area di rigore e si prepara al tiro con il piede destro.
    Invece fa un’altra finta mandando letteralmente “al bar” un altro difensore teutonico.
    A questo punto è solo davanti ad  Hans-Ulrich Grapenthin, il portiere del Carl Zeiss Jena.
    Daraselia scarica un sinistro potente e preciso che si infila all’angolino basso alla destra del numero “1” dei tedeschi.
    E’ il gol partita.
    E’ il gol che metterà per sempre la Dinamo Tbilisi nella mappa del calcio europeo.

    E’ il gol che in Georgia quella sera davanti alla tv non si è perso nessuno ... a tal punto che quella notte in tutta Tbilisi non si registra una sola violazione del codice penale.
    Nessuna.
    E’ un gol che lascia spiazzati per la bellezza, per l’energia, il coraggio e la lucidità di quel gesto avvenuto ormai al crepuscolo del match.
    La sera successiva la storia del calcio regalerà a tutti i suoi appassionati un altro gol di altrettanta bellezza. Lo segnerà l’argentino Ricardo Villa nella finale di FA CUP tra Totthenam e Manchester City.
    Un altro “slalom” di rara bellezza tra le maglie della difesa del City chiuso da un delicato tocco a depositare la palla in rete.
    Ma se quello del barbuto centrocampista argentino degli Spurs è diventato leggenda sono purtroppo in pochi a ricordare il capolavoro di Vit’ali Daraselia ... Georgia a parte ovviamente ...

    E’ passato poco più di un anno da quella magica notte di Dusseldorf.
    Nell’estate del 1982 Vit’ali Daraselia ha giocato con l’URSS i mondiali di Spagna.

    Sulla schiena ha il suo adorato numero “13”.
    «E’ il mio portafortuna. Il 13 è il giorno in cui mi sono sposato ed è anche il giorno in cui abbiamo vinto la Coppa delle Coppe. Direi che come numero portafortuna sta facendo il suo dovere!» dirà più volte questo eccellente centrocampista con i lineamenti da pugile.

    Mosca, la sede del potere politico e sportivo, ha deciso che dalla Dinamo Tbilisi possono essere convocati al massimo quattro giocatori e questo nonostante l’indiscussa qualità di tanti componenti di quella squadra.
    Il grosso deve venire da Mosca o da Kiev a tal punto che della squadra campione di quella stagione, la Dinamo Minsk, c’è solo il centrocampista Sergej Borovskij mentre dallo squadrone della Dinamo Tbilisi sono stati esclusi giocatori del valore di Davit Q'ipiani, Vladimer Gutsaevi e Otar Gabelia.
    Quella di Q’ipiani in particolare desta scalpore.
    E’ un calciatore straordinario, di sicuro il regista più talentuoso di tutto il Paese.
    Vit’ali Daraselia è nei quattro previsti (imposti?) dalle alte sfere delle gerarchie sportive sovietiche.
    Disputerà un buon mondiale e sarà uno dei migliori nell’ultima partita del girono di qualificazione, quella persa contro il Brasile per due reti ad una e condotta in vantaggio fino ad un quarto d’ora dalla fine.

    E’ il 13 dicembre di quel 1982.
    Quando arriva la notizia la Georgia intera si ferma.
    Incredula, sbigottita e disperata.
    L’auto di Vit’ali Daraselia è stata rinvenuta in un fiume nei pressi di Zestafoni.
    E’ una strada di montagna.
    Daraselia, forse per colpa dell’asfalto ghiacciato, ha perso il controllo della sua auto.
    Solo che il suo corpo non si trova.
    Ci vorranno quasi due settimane e l’aiuto dei cani per ritrovarlo sotto uno strato di sabbia.
    Il fiume lo aveva trascinato per diversi chilometri a valle.
    Vit’alj Daraselia aveva solo 25 anni e un futuro garantito ai massimi livelli con la sua Dinamo Tbilisi e con la Nazionale nella quale stavano emergendo diversi giovani di valore come Oleksander Zavarov, Oleg Kuznetsov, Igor Belanov, Sergey Aleinikov e Oleg Protasov.
    Vit’ali Daraselia non potrà giocare con loro.
    Morto il 13 dicembre e il corpo ritrovato esattamente 13 giorni dopo.
    No, non sempre il 13 gli ha portato fortuna.

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