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    De Rossi, la Bertè e le sconfitte di cui andare fieri. Spoiler: non esistono

    De Rossi, la Bertè e le sconfitte di cui andare fieri. Spoiler: non esistono

    • Renato Maisani
      Renato Maisani
    C'è stata parecchia differenza tra la sfida tra Inter e Roma disputata ad ottobre a San Siro e quella tra giallorossi e nerazzurri di qualche giorno fa all'Olimpico. La Roma a Milano era parsa timorosa, priva di idee e incapace di rendersi pericolosa, mentre quella vista nella Capitale ha segnato due goal, spaventato l'Inter e, probabilmente, avrebbe meritato di uscire dal campo con un punto in tasca.

    Ciò che però, appunto, non è cambiato, è stata la distribuzione dei punti: 3 all'Inter e 0 alla Roma, proprio come all'andata. Sia chiaro, ci sono sconfitte e sconfitte e - ribadiamo ancora una volta - la Roma di sabato è stata sicuramente una squadra più bella da vedere rispetto a quella che contro i nerazzurri aveva perso la gara d'andata, tuttavia essere "contenti" per una sconfitta sembra un concetto che va proprio a scontrarsi con l'essenza dello sport perché sì, è importante partecipare, ma se si gareggia l'obiettivo deve essere quello di vincere. Lo è a livello amatoriale, figurarsi tra i professionisti.

    Probabilmente questo commento, scritto a caldo, avrebbe generato le ire dei cosiddetti 'giochisti', pronti a difendere l'inutile battaglia de "l'importante è giocare bene". Per fortuna, a dar manforte a questo pensiero ci ha pensato proprio il protagonista della sconfitta, vale a dire il tecnico della Roma Daniele De Rossi che, con l'eleganza e la coerenza che lo hanno sempre contraddistinto, ha commentato: "Quando ti fanno i complimenti quando perdi c'è qualcosa che non va. Se siamo contenti per aver giocato una buona partita pur persa, la direzione è la mediocrità e noi non vogliamo essere mediocri".

    Difficile spiegare meglio il concetto. Chi gioca (o in questo caso, allena) vuole vincere. E dei 'complimenti per la sconfitta', divenuti ormai una consuetudine stucchevole e a tratti insopportabile, se ne fa poco. Specialmente quando si tratta di un uomo di sport come Daniele De Rossi, che pur senza farne un'ossessione, ha sudato ogni vittoria e goduto per quelle conquistate.

    "Guai a chi è sollevato dalla prestazione o fa un complimento. Bisogna essere realisti, 2-0 all'andata e 2-0 al ritorno, zitti e a casa!". Erano queste le parole di Spalletti alle quali faceva riferimento ieri l'allenatore della Roma. Parole che l'attuale commissario tecnico della Nazionale aveva usato per commentare l'eliminazione dei giallorossi dagli ottavi di Champions League del 2016.  Perchè se è vero che dall'altra parte c'era il Real Madrid di Cristiano Ronaldo, Sergio Ramos, Marcelo e del trio Modric-Casemiro-Kroos che meno di tre mesi dopo sarebbe diventato Campione d'Europa, dopo una sconfitta - sebbene arrivi per mano dei migliori - non si può essere felici.

    Ripetiamo, per la terza volta e con l'obiettivo di evitare fraintendimenti, ci sono modi diversi di perdere e sicuramente la Roma di De Rossi non ha fatto una brutta figura contro un'Inter decisamente più forte. Quella dei giallorossi, anzi, è stata una buona espressione del potenziale della squadra (e del suo allenatore) che ha innegabilmente generato un po' di ottimismo tra i tifosi romanisti in vista della volata per un piazzamento europeo. E perdere avendoci provato è sicuramente più gratificante, almeno nell'arco dei 90 minuti. Ma da qui a esserne contenti, ne passa.

    E proprio il concetto di "non arrendersi alla mediocrità", sul quale De Rossi sembra voler insistere,
    sarebbe bello che diventasse un mantra per molti: non bisogna essere ossessionati dalla vittoria - ok - ma nemmeno essere felici per una sconfitta.

    Del resto anche Loredana Bertè, classificata settima al Festival di Sanremo ma vincitrice del premio della critica, ha commentato con chiarezza: "Essere sempre la vincitrice morale è una rottura di palle". Amen.

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