Calciomercato.com

  • E' di nuovo la mia Juve in jeans!

    E' di nuovo la mia Juve in jeans!

    • Marco Bernardini
    Invecchiare non è il massimo. Anzi. Da giovane la curiosità e le voglie frenano il trascorrere del tempo. Da anziano, gli acciacchi e il progressivo rincoglionimento fanno viaggiare i giorni a velocità da film di ridolini. Il finale lo sconosciamo e non ci si può fare nulla. Resta, per fortuna, la possibilità di rendere meno sgradevole il tempo che rimane. Non è l’elisir della giovinezza, ma un buon  placebo che può consolare.

    Recuperare, setacciando nella memoria, preziosi scampoli di passato e renderli attuali. Mi capita, ultimamente, quando gioca la Juve. La squadra nella quale e per la quale il giovane Paulo Dybala è diventato elemento irrinunciabile. La “campagna a” fatta per smettere di doverlo vedere seduto sulla panchina, con l’espressione di un condannato alla ghigliottina, è andata di pari passo con la ragionevolezza di Massimiliano Allegri il quale ha dimostrato di essere furbo oltreché intelligente. Ora osservo l’argentino e ci ragiono sopra. Non vorrei passare per fissato o pedante, ma più va avanti il campionato e più in Dybala vedo (cioè rivedo) Omar Sivori. Non la sua reincarnazione, ma proprio “el cabezon” risorto. Il  fermo immagine che ritrae il nuovo fuoriclasse juventino nell’attimo successivo al calcio di punizione vincente contro il Verona è esemplare. Né Platini, nè Baggio e neppure Del Piero. La postura di  Dybala è speculare a quella di Omar Sivori. E il risultato, memorabile, pure. Ecco il  metodo  ideale per tornare indietro nel tempo, recuperare una gemma preziosa e immaginare un futuro egualmente fantastico.

    Il 1959-60, inteso come stagione calcistica, coincide con il ritorno della Juventus sul trono del campionato. E’ la squadra, presieduta da Umberto Agnelli il babbo di Andrea, ricca di carichi da novanta come Charles, Nicolè, Ferrario, Stivanello, Mattrel e Sivori appunto. C’è n’è per  tutti, specie al Comunale dove per esempio l’Alessandria del giovane Rivera viene travolta per sette gol a zero. Gli italiani, affollati dietro la scia del “boom” economico che ha provocato inflazione e abbattimento dei costi, hanno desiderio di divertirsi. Con Omar si tolgono la voglia e aumentano, per numero, i plotoni delle “vergini della domenica” che, insieme con Rita Pavone, chiedono al maschietti di portarle alla partita di pallone. Si respira aria di trasgressione. Sivori, carattere fumantino e una selva di capelli in testa, alimenta il mito del personaggio “contro”. Ha ottimi allievi. Uno si chiama Gianfranco Zigoni. Veronese, cresciuto nelle giovanili bianconere, crede in due sole cose: Che Guevara e Gesù Cristo. Anzi in tre cose: in se stesso come futura stella del calcio. “Zigo, prendimi la borsa dell’allenamento e portala al pullman”, gli fa Omar un  giorno. “No, guarda, porta tu la mia”, risponde il ragazzo. Cosa sia accaduto subito dopo non è dato sapere, ma è facile da immaginare. Una mattina, d’inverno con la neve addosso, Zigoni si presenta al campo Combi in jeans, maglione e sopra una pelliccia di orso bianco. Boniperti diventa matto. Ne parla con il presidente. Scatta la multa per il giocatore. Nessuno può indossare quelle braghe all’americana alla Juve dove noblesse oblige anche per ciò che concerne il look. I perbenisti applaudono.

    In effetti i jeans, fino all’anno del quale stiamo parlando, rappresentavano una sorta di tabù per la borghesia italiana. Un indumento  da poveri cristi oppure da teddy boy a cavalcioni delle loro motociclette e con sulle spalle il “chiodo” in pelle nera. Se portavi i jeans non potevi entrare nei ristoranti di lusso, nei ritrovi “nobili”, persino nelle balere e men che meno negli uffici o in banca. Poi accadde l’inverosimile. Alla riunione annuale degli azionisti Fiat, l’avvocato Gianni Agnelli si presenta in blazer blu notte, camicia bianca con orologio “Vacheron-Constantin” sopra il polsino chiuso dai gemelli, cravatta in tinta e jeans senza riga. Anche lui, come Sivori, amava stupire. Ai cronisti d’assalto regala la sua chicca destinata a diventare regola: “Guardate, a me questo tipo di pantalone piace davvero molto. Lo trovo comodo, allegro e adatto per ogni occasione”. Due giorni dopo negli uffici di Corso Marconi in Fiat un numero incredibile di impiegati si presentarono in jeans tra l’imbarazzo del “capi” che non osavano aprire bocca. Idem alla Juve anche se nessuno seppe mai se a Zigoni venne restituita la somma di denaro pagata per la multa. E l’anno si  chiuse con i cartelloni pubblicitari delle strade italiane dove si potevano ammirare due formidabili chiappe femminili strette dentro un paio di jeans corti e sfilacciati. “Chi mi ama mi segua” suggeriva la reclame della “Jesus”. Un geniale capolavoro  di griffe per un’operazione commerciale e industriale senza tempo e né confini per la quale, si diceva, l’Avvocato fosse socio promotore. Da quell’anno io i jeans non l’ho più smessi. Ora, guardando  Dybala e pensando  Sivori, rivedo la mia Juve anche lei di nuovo in jeans e mi sento meno anziano.

    Altre Notizie