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  • E se arriva il calciatore vegano?

    E se arriva il calciatore vegano?

    • Ribaldo Saporoso
    Un piccolo, sparuto spettro s’aggira per i campi di calcio: la cucina vegana. Siamo solo agli inizi, ma comunque qualche medico comincia a nutrire una certa preoccupazione.

    La cucina vegetariana in Italia conta ormai circa 4 milioni di persone. Di questi i vegani, cioè coloro che evitano di mangiare non solo carne, ma anche qualsiasi cibo di derivazione animale (per esmpiodal latte di mucca o capra, dai formaggi  alle uova) sarebbero circa il 15% ossia 600 mila. Che c’entra? C’entra, perché vegetarianismo e  veganismo, per altro sempre più in ascesa, incontrano molti adepti nelle nuove generazioni e ragazzi di 13, 14, 15 anni provenienti da famiglie vegetariane, hanno assunto abitudini che possono contrastare con la dieta sportiva.

    Quanto può influire sul rendimento fisico d’un giovane calciatore una dieta totalmente priva di carne, di pesce o di proteine animali? Soprattutto nei college delle squadre più importanti si sono segnalati casi, per così dire, omissivi. Qualche filetto di trota e più d’un brandello di carne sono stati ritrovati sotto i tavoli o nei vasi di piante ornamentali. Sembra che alcuni staff medici abbiano cominciato a intervistare gli atleti sui loro comportamenti alimentari, sulla base d’una legittima richiesta di venire a conoscenza di possibili allergie non dichiarate.

    In alcuni  casi (per la verità, rari) i genitori di giovani calciatori in regime di “pensione” hanno richiesto di conoscere nei dettagli la dieta giornaliera dei propri figli.

    Non sappiamo se qualcuno, al posto della cotoletta alla milanese (per altro assai ambita perché quasi mai concessa) abbia optato per la più triste cotoletta di zucchine. Ci sarà chi, scansando il pecorino, s’è buttato sul tofu?

    Forse ancora no, ma i numeri della cucina vegetariana e di quella collegata a pratiche biologiche e biodinamiche, come si diceva, ogni anno in Italia conoscono un’ascesa ad almeno 2 cifre. In tutte le grandi città europee si aprono dai 3 ai 4 nuovi ristoranti vegetariani o vegani all’ anno. Le coltivazioni di soia si stanno estendendo in tutto il mondo e talvolta il veganismo assume i contorni d’una vera e propria ideologia.

    D’altra parte, problemi legati all’alimentazione si sono già posti nei campionati europei. Basti pensare ai calciatori di fede islamica che praticano il Ramadan ossia un digiuno giornaliero di un mese, col risultato d’un relativo indebolimento.

    Consapevole d’avervi intristito con l’argomento, vi propongo una ricetta vegetariana (non vegana) di forte impatto sul palato e sulla digestione: la Parmigiana di melanzane, che non ha nulla a che vedere con Parma, essendo napoletana.

    Parmigiana di melanzane (4 persone). Tagliate a fette sottili 4 melanzane, preferibilmente del tipo lungo. Con poco sale fra una fetta e l’altra, impilatele e fatele lacrimare, ponendo un peso sopra, per togliere loro l’amaro. Lavatele, asciugatele e friggetele in olio di semi di arachide fino a che non diventino dorate. Asciugatele con carta gialla o carta da cucina poi ponetene un primo strato in una pirofila. Su ogni strato mettete una fetta di mozzarella fior di latte, 2 foglie di basilico, una grattata di parmigiano e qualche cucchiaio di sugo di pomodoro non troppo cotto. Terminate con uno strato di melanzane e salsa coperto da pangrattato e parmigiano. Poi in forno a 180° per ½ ora o più. Fate riposare la parmigiana per almeno 30 minuti perché è buona tiepida. Anche il giorno dopo, appena scaldata in forno, è ottima perché come tutti gli umidi, ci guadagna a riposarsi.

    Nel lettore: Murolo, Peppino Di Capri o Pino Daniele. Dipende dall’età.

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