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  • Fiorentina, Duncan si racconta: 'Italiano ci spinge oltre i nostri limiti, ho scelto Firenze per il tifo. Il razzismo purtroppo è..'

    Fiorentina, Duncan si racconta: 'Italiano ci spinge oltre i nostri limiti, ho scelto Firenze per il tifo. Il razzismo purtroppo è..'

    Quest’oggi la Fiorentina sul sito ufficiale ha pubblicato una lunga intervista ad Alfred Duncan, centrocampista ghanese classe 1993 a Firenze dalla stagione 20/21. Questi alcuni dei temi trattati al suo interno:
     
    "Tutto ciò che ho imparato ad Accra l’ho portato con me in Italia. E’ questo che mi ha completato. Senza questo non si può arrivare a certi livelli. Quando uno è ‘moscio’ deve avere qualità. Messi, per esempio, non ha la cattiveria di difendere, ma quando ha la palla tra i piedi ha la qualità per risolvere le partite. Quindi o sei Messi, o devi essere qualcos’altro".

    Sul suo arrivo in Italia: "Una volta che sono arrivato in Italia ho cercato di imparare le cose velocemente. Soprattutto la lingua. Arrivare in un paese che non conoscevo, non è stato facile, soprattutto ambientarsi. Tra le prime persone che ho conosciuto a Milano, c’è Alfonso Bonito, il tutore del convitto dove i ragazzi dormono. Per me è stato un padre. Mi ha educato tanto, mi ha fatto capire tante cose dell’Italia, nei primi anni in cui non capivo tanto. Mi ha aiutato a crescere sotto tanti punti di vista. Lui mi diceva sempre di essere paziente e sincero con me stesso. Penso che questo lo ricorderò per sempre. Cerco di portarlo in tutte le cose che faccio". 

    Cosa vuol dire giocare in Italia: “Arrivare in Serie A non è facile. Ci sono tanti giocatori con le qualità, ma poi fanno fatica. La pressione esiste, deve essere così e può essere un fattore determinante. Un giocatore può avere delle qualità spaziali, ma le partite si ‘sentono’. Ed è giusto anche avere questa paura. Perché se non hai paura vuole dire che non ci tieni a ciò che fai. Giocare davanti a tanti tifosi deve essere uno stimolo. Sicuramente non lo è per tutti, perché non tutti hanno questa forza e sicurezza. Ma penso che dopo un paio di anni uno deve essere capace di assumersi le responsabilità di quello che ha. Io per esempio ho fatto la scelta di accettare la Fiorentina anche per questo motivo. Un conto è giocare davanti a 10.000 tifosi, un conto 40.000. Fa un altro effetto. Devo essere sincero. Nei primi miei anni in Serie A non avevo ‘paura’, ma avevo qualche tensione in più quando giocavo a Napoli, perché hanno un tifo che da fastidio all’avversario. Prendersi le responsabilità, e un certo tifo deve essere uno stimolo per i giocatori". 

    Ha parlato anche della Fiorentina di Vincenzo Italiano: "Il rapporto con il Mister è buono, e penso che tutti i ragazzi hanno un rapporto buono con il Mister. Sappiamo quanto è tosto il Mister, sappiamo quanto ci tiene a quello che facciamo in campo e fuori. E’ uno che cerca sempre di dare una mano, aiutarci anche fuori dal campo. Ci sforza ad andare oltre i nostri limiti, e questa è una cosa importante: sta cercando di migliorare ogni giocatore sul campo. É quello che stiamo cercando di fare quest’anno. C’è un rapporto particolare con i tifosi, siamo felici di quello che fanno. Venivano a parlare con noi quando le cose non andavano bene, e ora che le cose vanno bene continuano a parlare con noi: è giusto che sia così. Vogliono avvicinarsi alla squadra, e deve essere così: è una famiglia e combattiamo al fianco gli uni degli altri. Loro sono sempre al nostro fianco, noi andiamo in campo a lottare anche per loro. Andiamo in campo anche per il presidente Rocco Commisso. Da quando è arrivato a Firenze ha sofferto i primi anni per i risultati, e si vede quanto ci tiene: quando le cose non girano bene per la squadra ci soffre. E quando ci chiama e parla con noi e lo sentiamo così vicino e felice ci fa rendere ancora di più in campo e dare qualcosa oltre al massimo".

    Infine ha trattato anche il delicato tema del razzismo nel calcio: "In tutto il mondo il razzismo è radicato, quando analizziamo tutte queste sceneggiate razziste. Alcuni tifosi non lo fanno per cattiveria, ma per dare fastidio ai giocatori avversari. E lo fanno anche alcuni giocatori nei confronti di altri giocatori. Lo fanno perché alla fine non hanno niente di diverso: siamo in campo, da avversari, giochiamo entrambi in Serie A, giochiamo in squadre forti, quindi non abbiamo niente di diverso. E in quel momento l’unica cosa che può dirmi per darmi fastidio è quello. Poi ci sono gli ignoranti, senza educazione. Ma non per colpa loro. E questa cosa io continuo a ribadirla: allo stadio trovi il padre che dice certe cose, e fa certi gesti davanti al bambino, che impara e cresce facendo ciò che fa il padre. E’ inevitabile. Il bambino cresce imitando il genitore. Quindi che uno lo faccia apposta, o che lo faccia per dare fastidio, per me il razzismo non finirà mai. Ci sono tante misure per diminuirlo, ma non vengono implementate. Vuol dire che le autorità non hanno la voglia di diminuire il razzismo. E andremo sempre avanti così. Quando uno vuole evitare una cosa fa di tutto per evitarla, ma se non lo fa, è cosciente, vuol dire che non lo vuole fare. Faccio un esempio, e non ce l’ho con le autorità. Però, se una tifoseria fischia un giocatore di colore in campo, e la società venisse multata una cifra elevata, il club va dai tifosi e gli dice di smetterla. Non sono i tifosi a pagare le multe, ma le società. Oppure se il campo venisse squalificato per un numero elevato di partite, per esempio 5, verrebbero trovare delle situazioni. Fosse così tutto il campionato, il razzismo, secondo me, diminuirebbe. Io la penso così, intanto per cominciare. Però se non viene fatto, vuol dire che c’è qualcosa che non va”. 
     

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