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  • Francesco è cresciuto e va ai Mondiali: 'Italia, tifa per la Nazionale amputati'

    Francesco è cresciuto e va ai Mondiali: 'Italia, tifa per la Nazionale amputati'

    Il giorno che Francesco si mise in testa di fondare la Nazionale di calcio per amputati aveva appena 13 anni. "Mi ero stufato di giocare con la protesi - racconta in un'intervista a La Repubblica -, il gap con i normodotati era diventato incolmabile. E poi perché in tutto il mondo c'erano squadre del genere e solo qui in Italia nessuno ci aveva ancora pensato?". 

    Francesco, che di cognome fa Messori e vive con i genitori a Correggio, in provincia di Reggio Emilia, è nato senza la gamba e il rene destri per il distacco dell'esofago dallo stomaco quando era ancora nella pancia di mamma Francesca. Di interventi chirurgici nella sua vita ne ha subiti parecchi, eppure a calcio ha giocato da sempre. Una passione che gli ha trasmesso proprio la madre, ex atleta di buon livello: "A 11 anni ho scoperto Leo Messi e mi sono innamorato follemente del suo modo di giocare. Qualche anno dopo sono andato a Barcellona per vedere una sua partita, è stato gentilissimo malgrado quel match i blaugrana l'avessero perso. Mi ha fatto l'autografo sul braccio, il giorno dopo me lo sono tatuato sulla Rambla". 

    A Francesco, del resto, i tatuaggi piacciono parecchio. Uno, sulla nuca, riassume la sua filosofia di vita: "It’s only one leg less", è solo una gamba in meno, che vuoi che sia per uno che gioca a pallone? Così fin da bambino, via la protesi: "Non mi sentivo me stesso, non mi permetteva di esprimere le mie potenzialità. Per questo ho deciso di passare alle stampelle con le quali mi sento più libero". 

    L'avvento dei social è la chiave per realizzare il suo sogno: "Ho aperto una pagina su Facebook, il gruppo 'Calcio amputati Italia', chiedendo a ragazzi come me di aderire. All'inizio eravamo appena cinque, buoni per una partita di calcetto. Ma nel giro di qualche mese tanti mi hanno contattato, altri li ho convinti in chat. Ed eccoci qua, pronti a giocarci il nostro primo Mondiale. A ottobre si va in Messico a sfidare nazioni fortissime, la Turchia, la Polonia, un paio di africane, le asiatiche. Però nel calcio non si può mai dire: agli Europei eravamo considerati la 'cenerentola' della competizione, ci siamo piazzati al quinto posto su 24 partecipanti, mica male no?". 

    Francesco Messori è il capitano della Nazionale, un autentico trascinatore in campo e fuori: "Le storie di ciascuno di noi sono costellate da difficoltà, sofferenze, spesso anche da pregiudizi. Il calcio ci ha ridato una speranza, sono orgoglioso di quello che ho fatto". Lui per pudore non vorrebbe entrare nei dettagli, ma sono state tante le volte in cui, grazie alle parole giuste, è riuscito a 'salvare' ragazzi caduti in depressione, magari dopo un incidente che aveva loro stravolto la vita: "Il nostro portiere giocava in serie C. Era una promessa del calcio, c'erano diverse società importanti che lo seguivano. Una caduta dal motorino, il braccio che va in frantumi e viene curato male. La cancrena che costringe i medici a tagliarlo. Ti crolla il mondo addosso, non sai più se ce la farai a rialzarti. La nostra Nazionale gli ha dato una seconda chance, adesso è tornato a sorridere". 

    Qualche settimana fa Francesco è volato a New York, ospite dell'Associazione Diplomatici che ogni anno guida all'Onu migliaia di ragazzi provenienti da tutto il mondo. Nell'Assemblea generale del Palazzo di Vetro, questo timido diciannovenne emiliano è salito sullo scranno più alto per raccontare la sua storia. Accanto a lui un campione del mondo come Marco Tardelli e l'allenatore italiano che ha vinto più di tutti in Europa, Carlo Ancelotti. Alla fine i tremila studenti che l'ascoltavano mentre sullo schermo sfilavano le immagini dei suoi gol si sono alzati in piedi per salutarlo: "Ho preso più applausi di Bill Clinton, l’ospite d'onore", scherza Francesco ancora commosso per quella serata indimenticabile. 

    E dopo i Mondiali? Messori e i suoi compagni hanno da sempre un obiettivo, essere riconosciuti dalla Federazione e diventare, magari, professionisti: "In Italia è ancora un miraggio, ma in tanti altri Paesi è già così. Speriamo che i capi del calcio si accorgano di noi. Peccato che la Nazionale vera quest'anno non possa partecipare ai campionati del mondo. Gli amputati invece ci sono. Indossiamo la stessa maglia azzurra, che dite, fate il tifo per noi?". 
     

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