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  • Pargalia, un po’ d'Italia nella favola Vaduz: 'Noi, per la prima volta in Europa senza avere un campionato. Ora divertiamoci'

    Pargalia, un po’ d'Italia nella favola Vaduz: 'Noi, per la prima volta in Europa senza avere un campionato. Ora divertiamoci'

    • Michele Antonelli
    Poco più di cinquemila abitanti e un crocevia di culture. Vaduz, capitale del principato del Liechtenstein e gemma sullo specchio del Reno, abbraccia per la prima volta l’Europa del pallone con l’esordio nella fase a gironi della Conference League. Un’impresa mai riuscita in novant’anni di storia e con al centro un pezzo d’Italia: a guidare i rossi ci sono il tecnico svizzero Alessandro Mangiarratti e l’italiano Francesco Pargalia, suo vice, che a Calciomercato.com ha raccontato un percorso sorprendente e silenzioso: "Il nostro staff è composto da quattro persone. Con noi, abbiamo solo un preparatore atletico e un preparatore dei portieri. Il miracolo è questo". Stasera, il Vaduz esordirà nella terza competizione continentale per club al Rheinpark Stadion, contro i ciprioti dell’Apollon. Pronto a stupire ancora una volta: "Siamo un piccolo club, per arrivare fin qui abbiamo passato tre turni preliminari. Un’impresa. Ora pensiamo a goderci l’esperienza, senza niente da perdere".

    Pargalia, un po’ d'Italia nella favola Vaduz: 'Noi, per la prima volta in Europa senza avere un campionato. Ora divertiamoci'

    UN LUNGO VIAGGIO - L’apoteosi poche settimane fa: vittoria per 1-0 contro il Rapid Vienna e qualificazione alla fase a gironi. "Nessun segreto. Abbiamo visto ore e ore di filmati e passato nottate davanti alla tv, studiando molto gli avversari e rispettando i nostri valori. Se il piano di gioco costruito sul Rapid va a snaturare la squadra, non funziona". Un passo alla volta: "E prima, la sfida al Konyaspor, in Turchia. A Konya eravamo sommersi dai fischi, una bolgia. Io e Alessandro abbiamo cominciato a ridere e ci siamo guardati negli occhi, come a dire ‘Ma che c… sta succedendo’ ". Vittoria esterna per 4-2, ancora contro i pronostici: "Passare solo il primo turno sarebbe stato qualcosa di straordinario, non credevamo di poter arrivare fin qui".

    UN CASO CURIOSO - Peculiarità: il Vaduz si è qualificato alle coppe europee e rappresenta il Liechtenstein, ma non ha un campionato. Stranezze del pallone. La squadra, oggi numero 194 del ranking Uefa, gioca nella Challenge League, seconda divisione svizzera, e ha raggiunto l’Europa vincendo l’unico trofeo messo in palio tra i confini, la coppa nazionale: "I preliminari di Conference nascono da lì", spiega Francesco. "Tra l’altro, i nostri impegni nel torneo sono stati rimandati per settimane proprio per colpa delle partite europee. In patria, danno sempre il massimo per vincere contro di noi". In linea con uno spirito diffuso sugli spalti: "Il calcio in Liechtenstein è felicità, nessuno stress. Le persone amano andare allo stadio per sostenere la squadra, il risultato non conta. Al triplice fischio, vanno tutti a bere una birra per stare in compagnia". Ma in questa stagione, almeno a Vaduz, un po’ di tensione ci sarà: "La parola che va di moda in città è ‘Legende’, ci dicono che abbiamo fatto la storia". Cartoline dal vecchio continente.

    Pargalia, un po’ d'Italia nella favola Vaduz: 'Noi, per la prima volta in Europa senza avere un campionato. Ora divertiamoci'

    SENZA PAURA - Fino alle prime vere prove in Europa. "Il giorno del sorteggio, qualche amico mi ha scritto quasi esultando per gli accoppiamenti (Az, Dnipro e Apollon, ndr). Hanno dimenticato che siamo penultimi in Serie B svizzera e che c’è tanto lavoro da fare. È difficile fare pronostici in contesti del genere, non conosciamo il nostro livello rispetto ad altri campionati ma credo che in fondo sia più facile preparare sfide contro squadre superiori sulla carta, c’è meno pressione. Peccato per le gare con il Dnipro, la situazione in Ucraina allontana da ciò che accade in campo. Per Olanda e Cipro, ci aspettiamo una bella atmosfera". La ricetta è sempre la stessa: "Io e Alessandro siamo persone semplici, consapevoli di allenare un club molto piccolo. Nel farlo, ci mettiamo però il massimo impegno e accettiamo il confronto". Un valore aggiunto, in una squadra che ha trovato in alcuni elementi dei leader imprescindibili: "Milan Gajic è di un’altra categoria. Ha fatto una carriera importante, giocando con Zurigo e Young Boys, ed è abituato a palcoscenici di un certo tipo". Per intenderci, nel 2009 segnò di tacco contro il Milan, in Champions League. "Va gestito, ma se prende in mano la situazione la squadra cresce con lui. Ci sono poi Isik, buon difensore centrale e Hasler, capitano del Liechtenstein e tornato con noi dopo una bella esperienza in Mls. E non posso non citare il numero 10, Cicek, autore del gol partita contro il Rapid Vienna. Se siamo qui, il merito è suo (ride, ndr)". 

    OCCASIONE - La strada che ha portato in Europa, per Francesco non è stata immediata: "Ho iniziato in campo. Facevo il difensore centrale, all’occorrenza il terzino. Poi, mi sono accorto che testa e talento non andavano di pari passo e a 17 anni ho cominciato ad allenare in una scuola calcio a Como, la mia città. Sono andato avanti così fino a 26 anni, quando ho avuto un’occasione in seconda categoria. Poi ho lavorato anche a Cavallasca, a un passo dalla Svizzera, e a Chiasso, oltre il confine. Ho conosciuto la realtà del Canton Ticino e preso lì diversi diplomi, iniziando a collaborare con mister Mangiarratti. Si è creata una bella intesa, lo scorso gennaio è venuta fuori l’opportunità di fargli da vice e l’ho seguito". Il filo conduttore? "La praticità. È importante stare compatti in campo e divertirsi con il pallone tra i piedi. Nel calcio di oggi non c’è un’idea buona per ogni occasione, guardiamo un po’ ovunque per prendere il meglio". 

    SEMPRE IN VIAGGIO - Meno divertente è fare i conti con la logistica. "Entrambi non abitiamo a Vaduz e organizzare tutto è una gran fatica. Alessandro è di Bellinzona, io vivo a Como. Giochiamo sempre di domenica e, di solito, io torno in Italia dopo le partite. Poi, dopo aver riposato il lunedì, riparto il martedì". Un itinerario da 217 chilometri, scandito da tappe fisse: "Mi fermo a Bellinzona, Roberto sale su e partiamo insieme verso Vaduz". Sacrifici, con occhi al futuro. Per il primo atto di una carriera con punti di riferimento scolpiti: "Il mio idolo in panchina resta Jurgen Klopp. Sa toccare temi profondi, anche sociali e politici, con semplicità. Non è banale per chi fa altro nella vita". La precisazione è però d’obbligo. "Parliamo di uno dei migliori al mondo, non ho l’ambizione di diventare come lui (ride, ndr). Penso solo a migliorarmi giorno dopo giorno". L’Europa è un buon inizio.

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