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  • Genoa, Bani a CM: 'Se ci salviamo mandiamo Blessin in Germania a piedi. Mihajlovic ce la farà di nuovo'

    Genoa, Bani a CM: 'Se ci salviamo mandiamo Blessin in Germania a piedi. Mihajlovic ce la farà di nuovo'

    • Marco Tripodi
    Seicentocinquanta chilometri: è la distanza che, metro più metro meno, separa Genova da Stoccarda. Rispettivamente luogo di lavoro e di residenza di Alexander Blessin. Una distanza che i suoi ragazzi del Genoa vorrebbero vedergli coprire a piedi in caso di salvezza del Grifone.

    LA PROPOSTA - Questa almeno è l’idea che balena in testa a Mattia Bani, uno dei pretoriani del tecnico tedesco: “Io non sono molto scaramantico - spiega il difensore rossoblù a Calciomercato.com - e visto gli infortuni che ho patito nei mesi scorsi forse è meglio se lascio perdere certe sfide troppo ardite. Però se ci salvassimo qualcuno in pellegrinaggio lo potrebbe effettivamente mandare...magari proprio il mister. Potremmo costringerlo ad andare a piedi fino in Germania! Quella sì che sarebbe una bella impresa...”.
     
    Ovviamente quella di Bani è una proposta scherzosa (o forse no). E’ però anche da questi piccoli particolari che si nota quanto sia cambiata in poche settimane l’aria in casa Genoa. Merito di un allenatore che ha saputo farsi conoscere ed apprezzare da tutti ma anche di un gruppo capace di remare in maniera unitaria verso il medesimo orizzonte dopo una prima parte di stagione disastrosa: “E’ ormai qualche anno che frequento gli spogliatoi - prosegue ancora il numero 13 rossoblù - e so che quando mancano i risultati vengono inevitabilmente a mancare anche l’autostima e la fiducia. Cose che piano piano abbiamo riconquistato con Blessin, iniziando prima di tutto a non prendere gol e poi a ritrovare sempre più la voglia di far bene. Da gennaio con i nuovi arrivati abbiamo creato un bel gruppo e tutti cerchiamo di dare una mano al mister. Anche chi non sta giocando o lo fa meno sa di avere un ruolo importante all’interno della squadra perché con il suo impegno costringe gli altri a dare sempre il massimo, tenendo sempre tutti sulla corda”.
     
    IL GRUPPO - Negli ultimi tempi in molti, anche all’interno dell’ambiente rossoblù, hanno fatto intendere come lo spogliatoio fino a gennaio fosse in qualche modo diviso in fazioni. Ma era realmente così? “No. Non direi. Qui c’è e c’era gente che frequenta il Genoa da una vita e ha sempre fatto il meglio per questa maglia, a volte rappresentandone anche le fortune passate. E’ chiaro però che quando cambiano tante cose e magari i risultati tardano ad arrivare, soprattutto in una piazza importante ed esigente come questa, non tutto possa andare per il meglio. Credo che la spiegazione per quanto avvenuto nei mesi scorsi sia tutta qui”.
     
    STOP E FIDUCIA - La tua stagione è stata fin qui condizionata da diversi infortuni che ti hanno fatto saltare molte gare. Tuttavia quando la salute ti ha assistito sei sempre stato un punto di riferimento a cui nessuno dei tre allenatori alternatisi alla guida del Genoa ha voluto rinunciare. Come giudichi la tua annata fin qui? “E’ vero, sono stato poco fortunato in alcuni casi. Ma in altri, a dir la verità, la colpa è stata tutta mia. Ho voluto forzare il rientro in momenti in cui eravamo in difficoltà sia a livello di risultati che di uomini ma in cui, evidentemente, non ero ancora pronto dal punto di vista fisico. Sarebbe bastato attendere qualche giorno in più. Invece ho voluto accelerare i tempi finendo per complicare ulteriormente la situazione. Sono cose che capitano ma sono comunque contento della fiducia che tutti mi hanno sempre dimostrato e della stima che provano i compagni nei miei confronti. Io da parte mia cerco sempre di dare il mio contributo alla causa, non tirandomi mai indietro”.
     
    CARTELLINI - Fino ad ora hai raccolto una sola ammonizione in tutto il campionato. Un’inversione di tendenza rispetto al tuo passato e in confronto al ruolo che occupi in campo. Credi che sia solo un caso oppure significa che sei cresciuto molto tatticamente? “Da un lato è sicuramente sinonimo di maturità. D’altronde non sono più giovanissimo e qualche partita alle spalle ce l’ho e magari riesco a leggere meglio alcune situazioni rispetto a prima, quando spesso mi facevo sopraffare dalla foga. Sicuramente ha influito anche il fatto di aver giocato un po’ meno del solito, proprio per via degli infortuni di cui parlavamo prima. Inoltre il modo in cui ci chiede il mister di giocare agevola in qualche maniera il lavoro di noi difensori. E’ vero che giochiamo molto uno contro uno, però se gli attaccanti sono i primi a fare pressing, per chi sta dietro diventa più facile leggere le azioni in anticipo ed evitare interventi scomposti”.
     
    GOLEADOR - Restando sui numeri, due anni fa a Bologna segnasti quattro gol in una sola stagione. Un bottino importante per chi, come te, in campo ha altre priorità. Da allora però non hai mai più trovato la via della rete. Ti manda segnare? “Mi manca eccome. Fare gol è sempre una bellissima sensazione. Se poi dovesse succedere come a Bologna quando i miei 4 gol fruttarono 10 punti alla squadra sarebbe il massimo. Spero, da qui alla fine del campionato, di riprovare quelle sensazioni, magari contribuendo a portare a casa una vittoria che sarebbe fondamentale nella nostra corsa salvezza”.
     
    GAVETTA - Tu sei il classico esempio del giocatore che per arrivare ad alti livelli ha dovuto davvero fare tanta gavetta, avendo giocato in tutte le categorie a partire dalla Serie D prima di arrivare in A. Non pensi che in Italia manchi il coraggio di investire sui giovani e sui ragazzi dei campionati minori? “Salire le categorie è difficile e per un difensore lo è ancora di più. Soprattutto se poi non vinci i campionati. Però con il lavoro quotidiano questo è possibile, anche se per nulla semplice. Sono convinto che al nostro calcio i giovani di valore non manchino e che i talenti ci siano anche tra i dilettanti. Ma vanno messi in condizione di rendere senza dar loro troppe pressioni nei momenti di difficoltà. Per arrivare ad alti livelli, tuttavia, un calciatore deve anche metterci parecchio del suo. Ci vuole cattiveria agonistica e fame di emergere, perché niente è dovuto. Nessuno deve credere che basti avere talento ed essere giovani per arrivare a giocare in Serie A. Quello è un traguardo che si deve conquistare ogni giorno, dimostrando di meritarlo una volta che si è raggiunto”.
     
    LA LOTTA DI MIHA - In questi giorni Sinisa Mihajlovic, tuo tecnico ai tempi di Bologna, ha annunciato di dover tornare a curarsi. Hai avuto modo di sentirlo? “Sì, ci siamo messaggiati qualche giorno fa, prima che entrasse in ospedale. Ho vissuto in prima persona, assieme ai miei compagni dell’epoca, la sua prima lotta contro il male. E’ stato un periodo impegnativo per tutti noi e non oso immaginare cosa potesse essere per lui. Ma Sinisa è un esempio per tutti. Ha un forza incredibile e sono sicuro che ne uscirà anche questa volta e che tornerà a fare il suo in mezzo al campo come ha sempre fatto nella sua vita”.
     
    DOMANI - Il futuro di Bani sarà ancora rossoblù? “Io ho ancora due anni di contratto qui e intendo onorarli al meglio. Ora però l’unico futuro che mi interessa è quello immediato della squadra. Sono fermamente concentrato solo sulla conquista della salvezza. Tutta la squadra è convinta di potercela fare e darà fondo a tutte le sue energie per raggiungere questo obiettivo”.
     

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