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Herry Goodley: era un arbitro colui che regalò le prime maglie bianconere alla Juve

Herry Goodley: era un arbitro colui che regalò le prime maglie bianconere alla Juve

  • Alessandro Bassi
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I giorni più belli di una vita racchiusi in un orologio, una storia di amicizia e rispetto che si perde nella notte dei tempi e che meglio di altro racconta chi sia stato Henry “Herry” Goodley, uno dei primi pionieri del football in Italia e, più in generale, quale fosse lo spirito di quegli anni molto lontani.

TRA INDUSTRIE TESSILI E PALLONE - Nato nel 1880 a Nottingham da famiglia della working class, il giovane Goodley giocò per diversi anni in un paio di squadre minori inglesi del Nottinghamshire, senza peraltro mai diventare professionista in patria. Probabilmente di lui non avremmo ricordato nulla se agli inizi del XX secolo non si fosse trasferito a Torino per lavoro. Impiegato come il padre nell'industria tessile, Goodley accetta una proposta di lavoro che gli giunge da Torino, nello specifico da una ditta tessile di un imprenditore svizzero che tanta parte ebbe nella storia pionieristica del football nostrano: infatti Alfred Dick era diventato presidente della Juventus da poco quando chiamò Goodley a Torino per lavoro e per farlo giocare nella sua squadra. In realtà, come si legge nel volume di Alfredo Corinti Amichevolmente Juventus, Goodley nella Juventus con la prima squadra non giocherà nessun incontro di campionato e scenderà in campo soltanto una volta, in occasione di un'amichevole del 1903. In quell'occasione la Juventus giocò contro il Club Athletique di Ginevra imbottita di riserve e di alcuni giocatori del F.C. Torinese in quanto il giorno dopo i bianconeri avrebbero dovuto disputare la finale del campionato contro il Genoa.

ARBITRO JUVENTINO - Se quindi Goodley non lo ricordiamo certo come giocatore, il suo nome si lega alla storia della Juventus per un altro motivo: è infatti lui che porta da Nottingham le nuove maglie per la Juventus ordinate dal suo concittadino e calciatore della Juventus Savage, quelle a strisce bianconere che se in un primo momento vengono accolte con disappunto, finiranno per diventare l'icona della squadra torinese.

Come si è detto, quindi, nell'età del football dei pionieri in Italia il suo nome Goodley lo lega non tanto come calciatore. Goodley lega il proprio nome alla storia del football italiano per la sua carriera di arbitro. All'epoca era usanza che ogni società fornisse anche gli arbitri e la Juventus scelse tra i suoi soci proprio Goodley in base alla profonda conoscenza del regolamento che il britannico possedeva. Fu uno dei migliori arbitri del periodo pionieristico e non stupisce che proprio a lui sia stata affidata la direzione del primo incontro della nostra Nazionale, il 15 maggio 1910 contro la Francia. Arbitrò, inoltre, le partite di campionato e anche altre amichevoli della Nazionale italiana, sino a Italia-Belgio del 1913.

L'OROLOGIO DELL'AMICIZIA - Ma l'orologio di cui si parlava all'inizio che c'entra? Ce lo spiega molto bene Stefano Bedeschi nel suo La Juve oscura quando riporta un brano di Mario Pennacchia, un frammento di una storia che meglio non potrebbe raccontarci di quegli anni eroici, di quei pionieri che si agitavano a caccia di una palla tra Ottocento e Novecento. Terminato di arbitrare l'incontro del 10 maggio 1913 tra Italia e Belgio, Goodley saluta tutti e se ne ritorna in Inghilterra. Gli amici juventini decidono di regalargli, in segno di amicizia e riconoscenza, un orologio e per questo organizzano – grazie alla Gazzetta del Popolo, giornale con il quale aveva collaborato – una sottoscrizione di 25 centesimi a persona. L'iniziativa ha successo, l'orologio viene acquistato ma Goodley è più rapido di tutti e lascia l'Italia prima che il regalo possa essere consegnato. A quel punto scatta una ricerca spasmodica dell'amico in tutti i recapiti noti e meno noti, ma dell'inglese non si hanno più notizie. Quando la guerra finisce, gli juventini riprendono le ricerche sino al giorno in cui giunge la notizia della morte di Goodley e così pensano bene di appiccicare sull'orologio un'etichetta “Destinato a Mister Goodley, forse morto”e di consegnarlo alla redazione della Gazzetta del Popolo e lì ci rimane, anno dopo anno, dimenticato sul fondo di un cassetto.

Più nessuno ci pensa fino ad un bel giorno d'inizio 1930 quando nella sede della Juventus – ora di Edoardo Agnelli – si presenta un attempato signore che dice di chiamarsi Henry Goodley. Il passaparola è contagioso e ben presto una gran folla vuole riabbracciare il vecchio amico e, tra una chiacchiera e l'altra, si scopre che Goodley una volta lasciata l'Italia era finito in Russia e lì era stato travolto da una rivoluzione che lo aveva costretto a vagare per il paese e a ritornare in Inghilterra giusto il tempo per essere mandato sul fronte francese. Così tra un ricordo e un abbraccio a qualcuno venne in mente la storia dell'orologio, di quel regalo che quasi vent'anni prima era stato pensato per mister Goodley: ci si precipita nella sede della Gazzetta del Popolo per cercarlo e – miracolo! - viene effettivamente ritrovato, nel fondo di un cassetto e finalmente donato all'amico di un tempo che, ricevendolo, si lascia andare, commosso: “Quest'orologio mi ricorda i giorni più belli della mia vita”.

Così terminava – questa volta davvero per sempre – l'avventura italiana di Goodley a Torino. In patria si fece una vita e una famiglia vivendo e lavorando sempre a Nottingham, sino alla fine dei suoi giorni.

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