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  • Higuain: al Chelsea come al Milan. È ancora (o è mai stato) un campione?

    Higuain: al Chelsea come al Milan. È ancora (o è mai stato) un campione?

    • Giancarlo Padovan
    L’esordio di Gonzalo Higuain nel Chelsea (3-0 allo Sheffield Wednesday in FA Cup) fa registrare tre notizie.
    La prima: l’argentino ha toccato il primo pallone dopo 7 minuti e dodici secondi. Un’eternità.
    La seconda: al minuto 25 ha declinato la possibilità di battere il calcio di rigore con il quale la squadra di Sarri ha aperto le marcature. Un gesto di saggezza.
    La terza: Gonzalo è uscito a nove minuti dalla fine (81’) tra gli applausi non proprio scroscianti del suo nuovo pubblico. Speravano in qualcosa di più.

    Le statistiche, aride e impersonali, dicono che Higuain ha fatto tre tiri e giocato trenta palloni. Francamente mi sembrano del tutto eccessive. Ho seguito la partita monitorando soltanto Higuain e sono in grado di dire che un paio di conclusioni ci sono state, ma la terza è stata nettamente murata. Quanto ai palloni toccati, va già bene se gliene accreditiamo una ventina.

    Insomma il primo Higuain con la maglia del Chelsea non è stato molto diverso dall’ultimo visto con il Milan. Anzi, questa volta, se possibile, ha fatto addirittura di meno.

    Sarà un caso, ma Giroud che lo ha sostituito, ha servito subito una sponda a Willian (doppietta personale e terzo gol di squadra), provando poi anche una rovesciata (sbilenca in verità) per segnalare la sua presenza. Per fortuna del Chelsea, non sono Sarri. Ma se fossi in lui non considererei il francese tanto inferiore a Gonzalo. E’ vero che segna e ha segnato infinitamente di meno. Ma è più mobile, dialoga con maggiore frequenza, non è per nulla monocorde o esangue.

    Higuain, invece, sembra svuotato. Da che cosa non si sa, ma il passaggio al Milan non gli ha fatto bene. Il problema non è solo il gol, ma le poche volte in cui attacca la profondità (tre contro lo Sheffield), le contorsioni quando è in possesso di palla, la propensione a rifuggire l’area. E poi ha perso l’istinto ferino sotto porta: Willian, all’inizio del secondo tempo, ha messo in mezzo una palla sulla quale Gonzalo avrebbe dovuto allungare la zampa. L’ha fatto, ma fuori tempo e senza cattioveria, tanto che la palla gli è sfilata via.

    Ora non è giusto giudicare Higuain dopo una partita nella quale è stato catapultato a tre giorni dall’arrivo, con compagni di squadra nuovi e poco conosciuti e, per la maggior parte, riserve. Tuttavia Sarri, il suo padre calcistico, si sta giocando con Higuain quasi tutto il credito accumulato in questi mesi.

    La società lo ha accontentato dopo che lui aveva puntato i piedi (il Chelsea, in genere, non prende mai calciatori sopra i trent’anni) e l’andamento della squadra è in linea con le previsioni (piena zona Champions in Premier, comoda qualificazione in Europa League, finale di Coppa di Lega, avviato percorso in FA Cup). Tuttavia, oltre alla conquista di un trofeo che fa sempre bacheca e curriculum, a Sarri si chiede il lasciapassare per la Champions del prossimo anno che Conte ha mancato. Non dovesse raggiungerla, la posizione dell’allenatore italiano verrebbe messa in discussione, nonostante il fresco e lungo contratto, così come andrebbe disperso il feeling che ancora c’è con i vertici del club.

    Higuain è arrivato, Higuain deve rendere. Strade alternative non ne esistono e se l’argentino gioca come nel Milan o, come all’esordio con il Chelsea, c’è da preoccuparsi. Nessuno mi farà dire che è finito, ma non si può non rilevare quanto sia involuto: non scatta, non strappa, non allunga.

    Questo è un attaccantre da ricostruire e, di sicuro, solo Sarri può riuscirci. L’incognita è il tempo. In Inghilterra si gioca più spesso che in Italia e nessuno ti fa sconti. Meno che mai se sei un campione. Higuain lo è ancora o lo è stato?

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