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  • Ibra e Lukaku, i grandi errori di Milan e Inter

    Ibra e Lukaku, i grandi errori di Milan e Inter

    • Alberto Cerruti
      Alberto Cerruti
    Un campionato fa Inter e Milan avevano chiuso il girone d’andata al primo e secondo posto, separate da quattro punti e non era difficile prevedere un lungo derby per aggiudicarsi lo scudetto, come poi è avvenuto con il sorpasso vincente dei rossoneri. Non era azzardato, quindi, pensare che le due squadre milanesi sarebbero state protagoniste anche quest’anno. E invece il Napoli ha preso il volo staccando, o meglio seminando, i campioni d’Italia a meno 12 punti e i vice-campioni d’Italia a meno 13. Un comune fallimento per rossoneri e nerazzurri, i grandi assenti nella corsa per lo scudetto 2023, rappresentato da due grandi giocatori determinanti nel recente passato delle due squadre, anche loro grandi assenti fin qui sia pure per motivi diversi: il milanista Ibrahimovic che aveva svezzato i tanti giovani di Pioli partecipando all’ultima cavalcata tricolore e l’interista Lukaku goleador nel precedente scudetto dell’Inter, tornato l’estate scorsa per rilanciare Lautaro e compagni. 

    Il campo, che è sempre l’unico giudice attendibile, ha però dimostrato che le due società hanno sbagliato a puntare ancora su questi due grandi attaccanti, perché la nostalgia nel calcio non paga. E’ vero che l’Inter ha ripreso Lukaku con la formula del prestito pagandolo meno di dieci milioni, senza obbligo di acquistarlo a titolo definitivo alla fine della stagione, ma dopo il suo ritorno all’Inter ha segnato soltanto due gol, uno in campionato e uno in Champions, in otto presenze totali. Niente al confronto dei 24 gol nel campionato di due anni fa, al termine del quale fu premiato come miglior giocatore del torneo. Ripensando a tutto questo, Lukaku sembrava la migliore garanzia per tornare a superare il Milan e infatti nessuno aveva sollevato dubbi su questa operazione. Invece i troppi guai fisici dell’attaccante, che lo hanno frenato anche in Nazionale, hanno declassato Lukaku da uomo in più a uomo in meno per Inzaghi, simbolo della clamorosa retromarcia dell’Inter le cui cause vanno comunque al di là dei suoi problemi fisici con conseguente calo di rendimento. 

    Se Lukaku è diventato, suo malgrado, un inatteso peccato di nostalgia di tutta l’Inter, Ibrahimovic ha offerto una meno inattesa conferma in tal senso. Festeggiato il traguardo dei 40 anni in campo, lo svedese aveva segnato il suo ultimo gol con la maglia del Milan il 9 gennaio di un campionato fa a Venezia. Poi tra campo (poco) e panchina (tanta) si è trascinato fino al 22 maggio scorso, nel giorno della festa scudetto, quando a Reggio Emilia ha giocato soltanto 18’. Operato al ginocchio tre giorni dopo a Lione, Ibrahimovic sperava di tornare in campo alla fine di gennaio, disponibile quindi soltanto per metà stagione nella migliore delle ipotesi. Malgrado ciò, il Milan gli ha concesso un altro anno di contratto, sia pure dirotto da 7 milioni a uno e mezzo, ma come si vede i tempi di recupero si allungano ed è impossibile pensare che un giocatore di 41 anni, assente dal campo da oltre otto mesi, possa dare un contributo concreto il 14 febbraio quando il Milan riceverà il Tottenham. Con il senno di prima e non di poi,  sarebbe stato molto meglio prendere un altro attaccante in perfette condizioni fisiche da utilizzare dall’inizio della stagione, a maggior motivo pensando al fatto che Origi era reduce da una lunga sosta per infortunio e Giroud, a 36 anni, non poteva fare gli straordinari in eterno, specie nella stagione del Mondiale. Peccato di nostalgia, appunto, comprensibile da parte del giocatore ma non dalla società. E così, come Lukaku lo è per l’Inter sia pure in modo diverso, Ibrahimovic è il grande assente del Milan, simbolo della crisi di una squadra sparita che vive di ricordi. Una lezione per tutti, perché nel calcio bisogna guardare avanti e non indietro. Come ha scoperto anche Mancini, che ha vinto il titolo europeo ma poi non si è nemmeno qualificato per il Mondiale. 

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