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Il 20 settembre 1918 e la Nazionale come addestramento alla guerra

Il 20 settembre 1918 e la Nazionale come addestramento alla guerra

  • Alessandro Bassi
Il 20 settembre di cento anni fa le celebrazioni per la ricorrenza della festa nazionale all'epoca più importante del calendario si andavano ad incrociare con gli ultimi mesi di una guerra che era stata lunga, drammatica, logorante e origine di migliaia di morti. Bene, in quel 20 settembre, come accadeva ogni 20 settembre durante gli anni del Regno d'Italia, anche lo sport festeggiava la presa di Porta Pia e a Roma, tra le varie discipline del meeting sportivo organizzato allo Stadium, il calcio regalò un grande momento. Infatti a Roma, quel 20 settembre 1918 fece il suo ritorno la Nazionale italiana di calcio, in una gara della cui esistenza si erano ormai persi i ricordi e che a distanza di cento anni può essere inserita negli almanacchi.

LA PRESA DI PORTA PIA - Come detto il 20 settembre nell'Italia della “Belle Epoque” nostrana era la festa più solenne, il momento nel quale si compiva l'apice del Risorgimento italiano con la conquista di Roma a capitale del Regno d'Italia, che verrà ufficializzata per legge nel febbraio del 1871. I fatti sono di qualche mese prima. Dopo un ultimo tentativo diplomatico di Vittorio Emanuele II con Pio IX degli inizi di settembre 1870, senza esito positivo, l'11 settembre il Regio esercito entrava nello Stato Pontifico ed avanzava sino alla cinta muraria da dove, proprio nei pressi di Porta Pia, sarebbe entrato in città nel pomeriggio del 20 settembre. Roma diventava sì italiana ma si apriva per il Regno un nodo – la c.d. “Questione Romana” - che si sarebbe sciolto solo decenni più tardi con la firma dei Patti Lateranensi del 1929. Sebbene l'Unità fosse stata raggiunta e proclamata il 17 marzo del 1861, è con Roma capitale che può dirsi compiuto quel lungo cammino di affrancamento dal dominio straniero che ha portato alla nascita del Regno d'Italia e all'unità amministrativa e politica della Penisola. O quasi, per la verità. Perchè restavano fuori i territori del Trentino e la città di Trieste che sarebbero diventati italiani solo al termine della Prima guerra mondiale, che alcuni storici vogliono vedere come una prosecuzione del Risorgimento italiano e arrivano anche a definire “quarta” guerra d'Indipendenza.

LA NAZIONALE DURANTE LA GRANDE GUERRA - In realtà qualcosa di vero in questa definizione di certa parte degli studiosi c'è, se non altro da un punto di vista schiettamente emozionale ed emotivo in una parte della popolazione. Quella parte, cioè, più incline al nazionalismo e – scoppiata nel 1914 la guerra – decisamente votata all'intervento. La retorica interventista di quei primi mesi del 1915 è basata sì sull'accentuare il sentimento anti austriaco, ma anche rivolta all'irredentismo delle terre ancora sotto il dominio austro-ungarico quale necessario completamento dell'Unità nazionale. Il calcio italiano dell'epoca era interventista per – potremmo azzardare – sua intima natura e struttura. Fatto è che sin da subito amichevoli e tornei benefici vengono organizzati a favore sia del Belgio invaso dai tedeschi nell'agosto del 1914 sia delle popolazione dei territori irredenti. Tra gli “strumenti” utilizzati per la retorica e propaganda interventista spicca la Nazionale azzurra di calcio che già il 1° e il 3 gennaio 1915 gioca all'Arena Civica di Milano e allo Stadium di Torino  due amichevoli contro una selezione di calciatori francesi e belgi sotto le armi. Queste due amichevoli benefiche sono solo le prime di una serie di partite della nostra Nazionale ormai cadute nell'oblio poiché non conteggiate tra quelle ufficiali. Spulciando tra archivi e vecchi giornali abbiamo potuto constatare che altre partite simili la Nazionale italiana ha disputato negli anni bui e tragici della guerra.

PREPARIAMO I SOLDATI CON LO SPORT - Prima di parlare di quell'incontro e delle poche notizie rinvenute, occorre dire che durante gli anni della Prima guerra mondiale a calcio in Italia si giocò sempre, seppur tra difficoltà via via maggiori. Ciò che non si disputò fu il campionato, ancora fermo all'interruzione del maggio 1915, con ancora aperta la questione della vittoria finale di quel torneo, questione che abbiamo qua già affrontato e che è ritornata in questi recenti anni di stretta attualità. Il calcio e lo sport più in generale durante quegli anni vengono usati non solo come macchina di propaganda interventista, non solo come retorica nazionalista ma anche come strumento di addestramento ed allenamento dei futuri soldati. È un elemento di una novità straordinaria nel panorama militare italiano. Lunghi e corposi gli studi storiografici in materia, qui basti segnalare un estratto di un articolo apparso su La Domenica Sportiva nel gennaio 1918: 
“[Lungo le linee combattenti] là è tutta l'aristocrazia della gioventù e dello sport italiano, là è il fior fiore di nostra gente. Là si fa il grande sport. Al cospetto del nemico, sotto gli stessi tiri ed alle perfide insidie del nemico.”
Più esplicita ancora la prima pagina de La Gazzetta dello Sport del 29 marzo quando titola:
“Vogliamo soldati svelti, destri e arditi? Prepariamoli e alleniamoli con le gare sportive.”

20 SETTEMBRE 1918, ITALIA-BELGIO - Meeting, tornei, amichevoli, partite al fronte, è tutto un fiorire di attività sportiva, tanto che anche in quel 1918 in occasione delle celebrazioni del XX settembre vengono organizzati incontri sportivi un po' in tutte le principali città. Allo Stadium di Roma per il 20 settembre viene organizzato un imponente meeting sportivo, tra le cui discipline trova spazio anche l'incontro di calcio tra Italia e Belgio. Proprio uno degli incontri dimenticati e che nell'anno del 120° anniversario di fondazione della F.I.G.C. pare importante riportare alla luce. In realtà quella partita la si sarebbe dovuta giocare in maggio, al Velodromo Sempione a Milano, ma venne annullata perché il comando belga non diede il permesso ai suoi giocatori soldati di venire in Italia. Alcuni giorni prima il Belgio aveva giocato una partita in Francia contro i francesi (vinta 5-2) e da lì avrebbe dovuto venire a Milano, ma non se ne fece nulla. L'incontro viene dunque riprogrammato a Roma e viene organizzato direttamente dal Comitato Sportivo Interalleato, il quale avverte la F.I.G.C. con telegramma del 12, quindi con pochissimo preavviso, tanto che la Nazionale che scende in campo non è certamente delle migliori. Di quella formazione azzurra fanno comunque parte il portiere Cameroni, i fratelli Cevenini, Sardi, Soldera e l'interista italo-svizzero Aebi. Non il giovane  Baloncieri, dato invece presente alla vigilia. La partita non offre spunti particolarmente interessanti, ma tanto basta per il pubblico e per il morale degli spettatori. Per la cronaca, l'incontro termina 1-1 “al chiarore della luna”.
Un mese più tardi inizierà l'ultima offensiva italiana sul Monte Grappa, l'offensiva che segnerà finalmente  il tanto sospirato inizio della fine della guerra.

(Alessandro Bassi è anche su http://storiedifootballperduto.blogspot.it/)

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