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Il disadattamento psichico e sociale dietro all'assalto a Capitol Hill: il delirio complottista non finirà con Trump

Il disadattamento psichico e sociale dietro all'assalto a Capitol Hill: il delirio complottista non finirà con Trump

  • Fernando Pernambuco
    Fernando Pernambuco
Il multiforme e violento assalto al Campidoglio, sede del Congresso statunitense, non è una ragazzata, ma nemmeno il requiem della democrazia americana. Certo, è stato un vulnus drammatico (morti, feriti) e carnevalesco per il miscuglio di corna, pelli di bisonte, bandiere sudiste, effigi di Batman… Drammatico perché molti di coloro che sono irrotti violentemente nel cuore pulsante della rappresentanza democratica statunitense erano armati. Carnevalesco perché sembravano altrettante repliche dei Village People, tarantolati nei loro travestimenti (per altro le corna camune o vichinghe ricordano il nostro Borghezio, degno rappresentante della Lega d’antan con tanto di riti pagani: l’ampolla, il Dio Po…). Come afferma il Global Times, un primo immediato effetto, la tragica sceneggiata lo ha avuto: quello di far dire ai cinesi di andarci piano con le lezioni di democrazia mondiale a “tutto ciò che non è United States of America” e a permettere a Putin più d’un’irrisione. Chi si ritiene così superiore, da poter additare la Repubblica Popolare Cinese quale “nemico della democrazia” per i fatti di Hong Kong, cosa può dire nel vedere scoppiare un caos violento e emblematico il giorno in cui viene di fatto consacrato il nuovo Presidente degli Stati Uniti?

E cosa può pensare  del “vecchio” Presidente in carica, il quale non solo non riconosce la sconfitta, ma giustifica palesemente una rivolta incapace di accettare il responso delle urne? Ora, se mettere Cina e Stati Uniti sullo stesso piano per quanto riguarda l’assetto democratico pare risibile, l’uso strumentale ideologico per far passare, alla fine, la guerra dei dazi (in sé, in parte comprensibile) anche come una lotta tra democrazia e antidemocrazia si ritorce come un boomerang contro Trump e il trumpismo.

Non illudiamoci, comunque, che le ultime, indecorose ore di Trump Presidente cancellino il trumpismo: dietro l’assalto a Washington prospera e cresce un delirio complottista iniziato molto tempo fa. Un delirio in cui si mischiano anatemi millenaristici, afflati magici, frustrazione, emarginazione, rabbia e paranoia. Realtà e finzione presa e, proprio con l’elezione di Trump, buttata nel frullatore digitale. Ma QAnon (da QClearence, presunto livello massimo di autorizzazione all’accesso di fonti top secret e Anonymus) il movimento  filo-trumpiano alla base dell’aggressione al Congresso, che ritiene il mondo occidentale minacciato da un complotto giudomassonicoomosessuale, capeggiato da Hilary Clinton, Obama e Soros, è solo l’escrescenza cutanea più vistosa d’una lunga incubazione.
Ideologia della frontiera, secondo cui conta prima di tutto difendersi da un nemico  (lo straniero, il diverso, lo sconosciuto…) e depauperimento fra gli anni’80 –’90 in molti stati del Sud e del Midwest (il “Corn Belt” dove si coltiva il mais) sono fra gli elementi base di tante teorie del complotto, nate e alimentate nella cosiddetta “destra rurale”. In quegli anni, in quegli Stati, si assiste appunto a un impoverimento di massa determinato da un oligopolio delle grandi imprese agroalimentari, giunte a possedere l’80% del mercato con la conseguente chiusura di circa 1 milione di aziende familiari medie e piccole. Alla crisi economica, si accompagna il taglio del welfare (soprattutto quello alla sanità), mentre la scuola pubblica gratuita, continua a latitare. Ne consegue un ingigantimento del disadattamento psichico e sociale, fatto di solitudine, depressione, alcool, ben presto legato a un senso di abbandono ed esclusione. L’esclusione porta a non sentirsi rappresentati da quelli che stanno a Washington: né dagli intellettuali democratici che “guardano il mondo dall’ alto in basso”, né dai Repubblicani, attenti solo agli interessi delle banche e delle grandi corporation.

Quest’ “eclissi della rappresentanza” e quindi della democrazia rappresentativa, di fatto sorda o distratta, determina una profonda sfiducia nello Stato, nelle mediazioni e nelle procedure della politica. Come ai tempi dei pionieri, ci si sente soli, abbandonati, frustrati, ma liberi. Le pianure di Whitman, ora sono attraversate da pick up arrugginiti  e i boschi di Thoreau esplorati con cabine di precisione. Ma i fucili non servono solo a sparare agli orsi o ai cervi: sono l’elemento cardine della difesa (atavica) contro il nemico ovvero chiunque. Le frontiere non si delineano solo tra Stati o contee, bensì soprattutto tra se stessi e gli altri. E l’impoverimento fa riemergere, tiranni, i vari, mai del tutto sopiti archetipi. Quegli archetipi, appunto, che cent’anni fa lo storico Jackson Turner aveva descritto e identificato: libertà individuale difesa a costo della vita, diffidenza verso qualsiasi intrusione delle istituzioni, ricorso abituale alla violenza spesso ritenuta non solo necessaria ma “rigenerante”. La “diffidenza paranoica”, come la definiva Richard Hofstadter in The Paranoid Style in American Politics è, comunque, già un tratto comune nel 1964 a tutte quelle associazioni che vedono, nelle proposte di contenimento e controllo di commercio delle armi, “un aggressione del governo mondiale comunista”.

Come rileva Sandro Modeo, in un bell’articolo sul Corriere della Sera, senza rappresentanza politica, impoveriti, soli, armati di Bibbia (o di riassunti evangelici) e revolver, nascono i Patriots e altre sette che fondono Klu Klux Klan, neonazismo, messianesimo, con l’odio, l’apocalisse, la violenza. Il loro scopo: combattere l’ “Armageddon prossimo venturo” in cui “giudei, negri, omosessuali e intellettuali” precipiteranno il mondo. Tutto ciò che sa di scienza, di analisi, di storia, di filosofia e diritto, “puzza”: è un grande inganno tirato su dagli intellettuali, dai professori, dagli avvocati, dai medici, dagli scienziati per “truffare il popolo”. La complessità, la relatività, la differenza: tutte balle giudaicocapitalisticomassonicoelitarie a cui, naturalmente, aggiungere pedofili e comunisti. Più del diritto positivo dei tribunali contano gli immediati impulsi del diritto naturale ovvero “ciò che si sente nel cuore”.

 Nel 1995 l’ARA, Esercito della Repubblica Ariana, dopo 22 rapine partecipa alla strage di Oklaoma City con 168 morti. Decine di sette trascorrono in lungo e in largo attraverso il cuore profondo dell’America, passando anche per i centri urbani, lanciando anatemi contro gli abortisti di Chicago, le lesbiche di New York, i gay di San Francisco, i corrotti (tutti) che siedono al Congresso. Nel mirino, quale nemico di Trump, s’insinua anche quello che il repubblicano Mike Lofgren definirà, nel 2016, “Stato profondo” ovvero non solo gli organi rappresentativi (Governo, Parlamento) piuttosto organismi non elettivi come i Ministeri, da molto tempo ormai divenuti “i centri del potere di fatto: un ibrido di sicurezza nazionale, forze dell’ordine, più parti chiave di settori come il Dipartimento della Difesa, quello della Sicurezza Nazionale, la CIA, il Dipartimento della Giustizia e quello del Tesoro”. Insomma, un gruppo di potere formatosi dal sodalizio tra burocrazia, esercito, finanza e industria high-tech, che, già negli anni’70, era stato criticato dalle frange più liberal della società (i movimenti studenteschi e giovanili) e da alcuni esponenti democratici 

Molti repubblicani pescano, soprattutto a livello locale, in questo serbatoio di rabbia e frustrazione. Reagan, quando si reca nel Midwest, non resiste alla tentazione di ricorrere allo spiritualismo e di lanciare anatemi antiabortisti. Karl Rove, stratega della campagna politica di Bush junior, è il primo a comprendere la potenzialità di banche dati elettroniche su cui tarare un efficace “microtargeting” elettorale e varia i messaggi: con toni messianici per un certo ceto di repubblicani scettici, compassionevoli per i più moderati. Però per arrivare a convogliare prepotentemente i cento rivoli dell’energia complottista verso un unico nucleo, cioè Trump, ci vorrà Stephen K. (Steve) Bannon, che aggiunge di suo elementi mistici e fantasy come se già non bastassero quelli della fine del mondo, della patria, del sacrificio, della razza e del mistero. Entrano in gioco Dart Fener e “il Lato oscuro della forza”, “il Lord del grande inverno” e Satana, ma soprattutto la capacità di catalizzare le precedenti esperienze dei mass media “classici” complottisti nella nuova realtà della rete. Dentro  la sua creatura, Breitbart News (fondata per altro 8 anni prima da un altro giornalista conservatore) confluisce di tutto: dagli anatemi per la fine del mondo, alla vendita di armi di Hilary Clinton all’Arabia Saudita; dalla superiorità dei bianchi americani, al revolver personale come perno della libertà, per convincere quella larga fetta d’elettorato “patriottico e realmente americano” a scuotersi dalla rassegnazione e a votare Trump. Farà quello che non soltanto Mc Cain (un repubblicano galantuomo di prim’ordine), ma nemmeno Bush hanno mai fatto: piantare la bandiera suprematista e anti istituzionale, per additarne il campione, in un terreno già fertile.

Da tutto questo trae alimento nel 2017 QAnon, che in tre anni diventerà la sigla del più vasto movimento complottista mondiale (esiste anche in Italia), difensore di Trump quale unico baluardo “contro la kabala ebraica (un paradosso per il più filoisraeliano dei Presidenti americani anche se politica e religione non collidono) e la rete di pedofili satanisti”, intenzionata a impadronirsi dell’ America, con l’aiuto della borghesia urbana e dell’establishment delle due coste. Anche la Cina è nel mirino per voler mettere in ginocchio gli Stati Uniti con la guerra dei dazi e il Covid.  Pure in questo caso, sfugge del tutto come le contro-sanzioni trumpiane abbiano determinato un crollo dei prezzi dei prodotti agroalimentari, colpendo proprio quel mondo rurale abbandonato e insoddisfatto. Poco importa che nessuna delle profezie alla Nostradamus (suicidi in massa, prove schiaccianti video contro Hilary Clinton, Mark Zuckerberg in fuga dagli Stati Uniti, “qualcosa di grosso che avverrà Chongqing”, ecc…) di QAnon si avveri. I fatti, in fondo, sono solo indizi, che rimandano ad altri indizi come ad altrettanti colpi di scena, fino ad una sorta di rivelazione finale sempre procrastinata. Ma nel videogame paranoico, vissuto come reale, cosa gliene frega di ciò che veramente accade agli sciamani di Capitol Hill o agli alcolizzati che abitano in una baracca ai piedi degli Appalachi? Il miscuglio millenaristico e complottista è un passepartout che non costa fatica a nessuno e permette di coltivare un’ignoranza senza lacune. Ma  quel passepartout non sparirà con Trump, non lo si impugnerà solo negli Stati Uniti. Chi lo usa, ogni tanto, esce - come ha già fatto - o potrebbe uscire dal videogame per andare nelle strade con pistole e fucili veri.

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