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  • Il Milan è una bellissima squadra, ma non è grande: da Calabria e Gazidis segnali di una pericolosa presunzione

    Il Milan è una bellissima squadra, ma non è grande: da Calabria e Gazidis segnali di una pericolosa presunzione

    • Cristiano Ruiu
      Cristiano Ruiu
    Da un anno a questa parte il Milan perde poco, anzi pochissimo rispetto al precedente dissestato quinquennio. Ma le poche sconfitte incassate hanno tutte un comune denominatore: sono clamorose, fragorose e devastanti. Nel punteggio e nel gioco. Partite senza storia. Quest’anno di gare così ne abbiamo già viste tre: in Europa League contro il Lille, in campionato contro l’Atalanta e ieri contro lo Spezia. Un atteggiamento simile si è visto anche nei primi tempi di San Siro contro Verona e Parma, partite poi raddrizzate in extremis. La ragione di queste partite senza storia, in cui il Milan capolista sembra ripiombare di colpo nel suo rovinoso passato, è molto semplice: il Milan è una bellissima squadra, ma non è una “grande” squadra. E dunque non può permettersi di giocare da tale.

    La “grande” squadra nella comune accezione applicata al nostro calcio e non solo, è quella che vince quasi tutte le partite ed è quella che sa vincere tutti i tipi di partita. Anche e soprattutto quando non brilla, quando ci sono le classiche giornate storte. E, se non riesce a vincere, si salva, magari pareggia di fortuna o, anche se perde, salva la faccia. Questo Milan no, quando perde tracolla di brutto e da’ l’impressione di non essere nemmeno in campo. Questo accade semplicemente perché non è composto per lo più da grandi giocatori affermati e consolidati, ma da un’eccezionale gruppo di buoni elementi e giovani promesse che per rendere al massimo devono sempre andare a duecento all’ora. Appena cala leggermente la tensione e sono necessari mestiere ed esperienza questa squadra affonda. E non possono tenerla a galla nemmeno Ibra e Donnarumma, gli unici due veri fuoriclasse.

    Questo si era visto nitidamente contro Lille e Atalanta e si è rivisto contro il modesto Spezia. A testimonianza del fatto che, quando il Milan non è mentalmente in partita, basta una normale squadra affamata e organizzata per metterlo in crisi. Non servono grandi squadroni. La morale è chiara: con i mezzi tecnici a disposizione questo Milan non può permettersi di sottovalutare nessuno, nemmeno lo Spezia. Altrimenti il crollo è verticale e totale. Estendibile a tutti o quasi tutti i membri della squadra. A Spezia infatti non si salva nessuno dalla figuraccia e in 93 minuti il Milan, incredibile a dirsi, non riesce mai a tirare in porta. Ed è così che il turno favorevole per i rossoneri si trasforma maledettamente in una straordinaria opportunità per l’Inter di presentarsi al derby addirittura davanti in classifica. I nerazzurri sognavano il sorpasso nella stracittadina e invece adesso possono addirittura ambire a vivere il derby dell’allungo, la famosa fuga.

    Già, il derby. Proprio quel derby di campionato che ronza nella testa dei milanisti da dopo quello di Coppa Italia. Quel derby che profumava di sfida scudetto già a distanza di un mese. Quel derby che per molti già da tempo rievocava quello del 3 a 0 del 2011. Quel derby che, a mio giudizio, era già troppo presente nella settimana appena terminata con la debacle della Spezia. Ambienti interni rossoneri si erano quasi compiaciuti dell’eliminazione della Coppa Italia, convinti di poter recuperare con calma gli infortunati e di avere due settimane di lavoro pieno per mettere nelle gambe le energie necessarie per il derby e per il rush finale della corsa scudetto. Dei riti preparatori ha fatto parte anche la squalifica “pianificata” di Calabria, in modo da non fargli saltare l’Inter: un calcolo giusto da una parte, ma dall’altra un chiaro messaggio di sottovalutazione della partita in Liguria.

    La settimana di lavoro “pieno” è diventata la settimana delle celebrazioni, dei meriti, delle iniziative da derby e delle interviste. Su tutte quella in cui Gazidis ha deciso di salire solennemente sul carro della capolista
    affermando coram populo: “Stiamo tornando grandi”. Eh no, caro Gaz, l’errore commesso da tutto l’ambiente rossonero è stato proprio quello di sentirsi di nuovo “grandi”. Il primato in classifica per 20 giornate è stato costruito su 20 umili partite con mentalitá operaia e di sacrificio, partite giocate alla grande, ma con la testa di una squadra “piccola”. E per continuare quel sogno scudetto il Milan doveva e deve continuare a giocare con quello stesso spirito. Per vincere in casa dello Spezia avrebbe dovuto giocare la partita mettendosi allo stesso livello degli uomini di Italiano. E invece no, il Milan a Spezia è sceso in campo “da grande”, con la puzza sotto il naso e un atteggiamento di supposta superiorità, pensando che la vittoria arrivasse da sola e ci si potesse già proiettare al derby. E invece è arrivata la tranvata.

    Adesso è dura perché si torna a giocare ogni tre giorni: in Europa scattano le partite a eliminazione diretta e in campionato il Milan da capolista diventa probabilmente inseguitrice. Tensione e concentrazione dovrebbero salire da sole. Tempo per fare i calcoli non ce ne dovrebbe essere più. E a questo punto, forse, diventa un bene per i rossoneri. La speranza è che questa inaspettata sconfitta senza appello non costituisca l’inizio di una discesa da molti ipotizzata e auspicata. Ma finora sempre scongiurata. La speranza è che il Milan si rialzi un’altra volta. Sapendo che questa sará molto più difficile.

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