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  • Inter, Zanetti: ‘Dal discorso di Mou prima della finale al rito notturno con Cordoba: tutti i segreti del Triplete'

    Inter, Zanetti: ‘Dal discorso di Mou prima della finale al rito notturno con Cordoba: tutti i segreti del Triplete'

    Javier Zanetti, ex capitano e bandiera dell’Inter, racconta la stagione del Triplete nerazzurro a Sportweek, settimanale della Gazzetta dello Sport.


    LA FOTO DELLA STAGIONE - “Facile: quando entriamo in campo al Bernabeu per fare riscaldamento, l’immagine dei nostri tifosi, la spinta perfetta per coronare il sogno. Non posso dimenticare".

    SULL’ADDIO DI IBRA - "Eravamo a Los Angeles, dopo l’amichevole col Chelsea arrivò la notizia. Se ne parlava, non fu un fulmine a ciel sereno. E comunque, per uno che andava via, da noi stava sbarcando Eto’o. Insomma, la squadra non era mica depressa. Distanza del gruppo con Ibra? A me non risulta. Fu una sua scelta, andare al Barcellona, non ci fu molto altro dietro. Noi con Ibrahimovic avevamo vinto negli anni precedenti".

    COSA DISSE MOURINHO L’ESTATE PRIMA DEL TRIPLETE - "In ritiro ci spiegò il progetto: “Abbiamo trionfato in Italia. Ora dobbiamo fare qualcosa in più. Che dite se proviamo a fare la storia di questo club? In conferenza stampa dava il meglio di sé, tutta la sua personalità emergeva. Parlava chiaro, nello spogliatoio e fuori. A noi non restava che dargli ragione in partita".

    ZANETTI CON MOU - "Non ho mai avuto tanta fiducia in me stesso come con lui allenatore. Ho capito presto che, se avesse avuto bisogno, mi avrebbe schierato in qualsiasi ruolo. Mi creda: questa cosa qui per un calciatore è il massimo".

    SULLA LITE PRIMA DI BARCELLONA-INTER - "Perché mi chiede di quella discussione e non di un’altra? In quella stagione litigammo tra di noi mille volte, c’erano personalità fortissime. Magari era solo un modo di scaricare la tensione…".

    PARTITA SIMBOLO DELLA CHAMPIONS - "In Champions a Kiev eravamo fuori, all’intervallo Mourinho ci disse: “Ragazzi, o restiamo così e usciamo oppure rischiamo”. Rischiammo e vincemmo. Ma se devo indicare una partita, dico la gara col Chelsea a Londra. Il sabato precedente avevamo perso a Catania, c’erano mille polemiche…".

    PASSAGGIO AL 4231 LA SVOLTA? - "Fu una svolta importante, sicuro. Ma, con i giocatori che c’erano, oggi posso dire che avremmo vinto comunque, con qualsiasi modulo".

    PARTITA SIMBOLO COPPA ITALIA - "Semifinale di ritorno a Firenze. Quattro giorni prima avevamo giocato sullo stesso campo: pareggio in campionato, la Roma ci aveva sorpassato in testa alla classifica. Vincemmo noi, gol di Eto’o, andammo in finale: fu un segnale, l’ennesimo".

    PARTITA SIMBOLO CAMPIONATO - "Come simbolo direi Inter-Juve: la prima partita da secondi in classifica. In teoria avremmo potuto mollare di testa, invece neppure per idea. È proprio quello che ci aveva inculcato Mourinho nella testa. Aveva un potere magico, differente da qualsiasi altro tecnico: davanti a lui, ti convincevi che avresti potuto sfidare il mondo. E che per lui l’avresti fatto. José ti entra dentro, non ti molla più. Lo faceva con tutti, prima di ogni singola partita, che si trattasse di Milito o Mariga era lo stesso. In allenamento si respirava un’aria particolare, tutti volevano rendersi disponibili, tutti andavano a mille. Paura di farsi male e saltare il finale di stagione? Mah, io e Samuel abbiamo fatto mezza Champions da diffidati, pensi cosa mi sarei perso se avessi preso un giallo a Barcellona…".

    SUL PREMIO CHAMPIONS - “Andai io da Moratti, da capitano, dopo aver parlato con i miei compagni. Finii in ufficio dal presidente quasi per “dovere”, per noi in quel momento quel che contava era la voglia di gloria. Ma tanto poi, si sa, con Moratti non c’era problema. E infatti accadeva sempre che ci mettevamo a parlare di calcio…".

    SEMIFINALE COL BARCELLONA - "Il piano partita saltò dopo il rosso di Motta. Fu resistenza allo stato puro. All’intervallo Mourinho quasi non parlò. Ci disse solo: “Ragazzi, a rischiare qui sono solo loro”".

    LA NOTTE PRIMA DELLA FINALE - “Non ho mai sofferto una vigilia di un match in vita mia, ho sempre riposato alla grande. Ma quella notte non la dimentico: ero in camera con Cordoba, siamo entrambi devoti a Santa Rita, che si festeggia il 22 maggio. Aspettammo mezzanotte, ci guardammo, accendemmo insieme una candela e ci mettemmo a pregare. Meno male che non prese fuoco l’hotel!".

    LE PAROLE DI MOURINHO PRIMA DELLA FINALE - "Mourinho ci ricordò il progetto iniziale. E ci disse che eravamo a un passo dal fare la storia. Fu un discorso emozionante. Fu così convincente, Mou, che entrammo in campo con una concentrazione pazzesca. Me ne accorgo quando rivedo la foto in cui alzo la Coppa. Quello non sono io. Quello non è Zanetti, non è la mia faccia, quel viso va al di là della felicità. Era una vita che mi passava davanti, in pochi istanti ripensai a tutto, a me bambino in Argentina. Quella sera, proprio quella sera, facevo 700 partite con l’Inter. In una finale di Champions, al Bernabeu: insomma, tutto scritto, tutto perfetto".

    SULL’ADDIO DI MOURINHO - "Avevo intuito qualcosa, come me pure molti miei compagni. Ma c’era pudore ad affrontare l’argomento. Anzi, paura più che pudore. Paura che questa cosa potesse farci male, potesse privarci del sogno per cui stavamo lottando. Ricordo che dopo la partita, in campo, io e Mou ci abbracciammo forte. E ci dicemmo solo una parola, la stessa: “Grazie”".

    DOVEVA CAMBIARE SUBITO LA SQUADRA? - "Era troppo difficile farlo, in quel momento, complicato modificare quel gruppo. E comunque la stagione dopo, nonostante un cambio di allenatore, arrivammo secondi in campionato e vincemmo la Coppa Italia. Quell’Inter aveva ancora fame. Solo successivamente il calo fu fisiologico".

    MEGLIO ALLORA O ORA, SUL DIVANO? - ”Allora fu l’esplosione. Oggi è felicità pura. Ogni tanto mi fermo e mi metto a pensare, mi rendo conto con il passare del tempo della grandezza delle nostre imprese. In questi giorni ho rivisto mille volte le partite di quella stagione con i miei figli… Wow, cosa abbiamo combinato”.

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