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Confermare Filippo Inzaghi alla guida della squadra, nonostante la bruciante eliminazione dalla Coppa Italia, è stata l'unica cosa giusta che Silvio Berlusconi abbia fatto negli ultimi tempi per il Milan. Perché il tecnico non può e non deve essere né il parafulmine né il capro espiatorio di una crisi che affonda le sue radici in due anni e mezzo di mercati sbagliati, di confusione societaria, di parametri zero strapagati e sopravvalutati, di scelte controproducenti che hanno portato alla critica situazione attuale.
Sia chiaro: l'allenatore ha commesso i suoi errori e non poteva essere altrimenti, considerato che sta pagando lo scotto al noviziato in serie A e, soprattutto, visto l'organico che gli hanno messo a disposizione che si attaglia perfettamente all'attuale posizione occupata in classifica poiché il campo non mente.
Ma Inzaghi ha il diritto di sbagliare. Ha il diritto di fare esperienza. Ha il diritto di avere il tempo per dimostrare ciò che sa fare e, questo, Berlusconi e Galliani dovevano metterlo nel conto, quando gli hanno affidato la panchina di una fra le tre società più titolate del mondo in campo internazionale, dopo avere fatto fuori in sei mesi prima Allegri e poi Seedorf.  
Ma c'è un altro diritto importante da evidenziare: è il diritto dei tifosi del MiIan di pronunciarsi su ciò che sta accadendo in un club che, dopo avere vinto 28 titoli fra nazionali e internazionali, da due anni e mezzo si è impantanato in una crisi che Berlusconi in testa deve risolvere una volta per tutte. E deve fare in fretta perchè, dopo avere fallito anche in Coppa Italia, l'obiettivo di rientrare in Champions League si sta disgraziatamente allontanando.
Un pronunciamento che, va da sé, tanto più è legittimo quanto più viene manifestato con civiltà e rispetto delle persone: in questo senso, a Galliani va tutta la solidarietà di calciomercato.com contro gli insulti e gli improperi che ha ricevuto ieri sera a San Siro da chi confonde il diritto di critica con l'inciviltà e la maleducazione.
I tifosi non solo polli da spennare con i prezzi sempre più folli di biglietti, abbonamenti, pay tv e pay per view che li spremono come limoni. O con la criminalizzazione di intere curve. O con la la tessera che indebitamente è stata intestata a loro nome, lo sfollagente più micidiale mai inventato da mente umana applicata al calcio. O, rimanendo in ambito rossonero, con dichiarazioni marziane tipo: "Il nostro organico non ha nulla da invidiare a nessuno"; "Siamo più forti della Roma"; "Arriveremo terzi e vinceremo la Coppa Italia", eccetera eccetera).
I tifosi sono l'architrave del Sistema Calcio Italia che l'ha capito così bene da mandare in fuga sei milioni di spettatori nelle ultime sei stagioni, come ha certificato il rapporto Figc 2014.
I tifosi del Milan, a cominciare dagli ultrà della Curva Sud, hanno dimostrato passione, pazienza, attaccamento alla maglia. E non soltanto in questi mesi, ma da quando è cominciata la buriana cioè nell'estate 2012, cioè nel momento in cui è stato raso al suolo l'organico, a cominciare da Ibrahimovic e Thiago Silva, percorrendo poi tutte le tappe di una via crucis di mercato scandita da molta improvvisazione e troppi giocatori non da Milan. Perché qui si parla di Milan, il cui primo patrimonio sono i suoi milioni di sostenitori, caso mai qualcuno se lo fosse dimenticato.
Sarebbe stato giusto parlare loro chiaro sin dall'inizio, spiegare le ragioni della congiuntura economica negativa, il progetto di riorganizzazione societaria e puntare davvero sulla valorizzazione dei giovani (magari non cedendo Cristante al Benfica per prendere Van Ginkel in prestito secco dal Chelsea e qui ci fermiamo, per carità di patria). 
Escluso De Sciglio e dopo Albertini, classe 1971, qual è stato il giovane cresciuto nel vivaio di Milanello divenuto titolare fisso del MIan in questi anni? Forse è il caso di cominciare a chiederselo.

Xavier Jacobelli
Direttore Editoriale www.calciomercato.com

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