Juve, Allegri non è l'unico in bilico: a giugno può lasciare anche Agnelli
Può essere uno dei motivi dell'1-2 rimediato a Firenze, non l'unico in grado di spiegare la quarta sconfitta in campionato. Il numero di ko non è alto in senso assoluto, in questo caso lo diventa per una squadra indicata da (quasi) tutti imbattibile in Serie A. E tutto, ovviamente, non appanna e tantomeno cancella i meriti di una società che con Conte e dopo con Allegri ha creato un ciclo vincente unico per il calcio italiano. Però questa volta l'obiettivo dichiarato dal club non è solo vincere in Italia, ma pure in Europa. Meglio, è un altro il retropensiero che si fa largo: puntiamo alla Champions e usiamo la Serie A come un impegnativo allenamento settimanale. In fondo sul secondo obiettivo si potrebbe anche glissare, la Juventus è ancora in testa, ha un punto in più e una partita in meno della Roma (deve recuperare con il Crotone). Vincerà dunque anche questo campionato, lo farà grazie alla solita e solida difesa (la migliore), più che per merito di un attacco che può contare su Higuain, ma che paradossalmente si è inserito in una squadra che ha segnato meno rispetto alla Roma e al Napoli privato appunto di Higuain. Così la Roma non rimpiange Pjanic (ieri in panchina, “problema fisico, non rischio”, si è giustificato Allegri), mentre nel Napoli vanno a segno più centrocampisti e difensori rispetto a un anno fa, ottima contromisura trovata da Sarri per cancellare il ricordo del Pipita.
I due campioni strappati alle squadre che hanno provato a contrastare il dominio Juve sono stati due colpi straordinari, in primo luogo (ma non solo) il loro impatto simbolico. Il momento attuale dice che potrebbero non esserlo dal punto di vista dell'equilibrio tattico e del valore complessivo della squadra, intesa ovviamente come 11 elementi da schierare in campo. Allegri ci sta riflettendo, anche per questo comunque fa sedere Pjanic, che non può giocare sull'esterno. E osserva che Dybala, anche domenica, è tornato ripetutamente a centrocampo, in quel territorio dove la presenza di almeno cinque compagni gli permetteva di nascondersi con relativa facilità. Lo ha spiegato Mario Sconcerti, alla Domenica Sportiva: non necessariamente vedere un attaccante come l'argentino rientrare è sinonimo di generosità, può anche nascondere un disagio, una minore sicurezza in area. Dovuta, magari, alla presenza di un altro argentino, un catalizzatore assoluto delle manovre che arrivano in attacco. E cioè Higuain.
Spunti di riflessione, non certezze, certo. Ma sta sicuramente riflettendo anche Allegri. Il suo rinnovo non è ancora arrivato, qualcuno in società (nel ricordare ovviamente che il contratto del tecnico scade tra un anno e mezzo) vuol far capire che l'obiettivo Champions sarà determinante per il nuovo (possibile) accordo. Nessuna delle due parti giura amore eterno, come è giusto che sia. Allegri si guarda intorno, più che in Cina volerebbe in Inghilterra, ma in Premier pare che solo la panchina dell'Arsenal potrebbe liberarsi a giugno. Quella del Manchester City? Forse solo nel 2018, se Guardiola confermerà l'intenzione di mollare per un po' il calcio. Anche Andrea Agnelli si guarda intorno. Il destino di Allegri potrebbe non essere la sua priorità. A fine stagione potrebbe lasciare la presidenza? La società ha sempre smentito, ma certo neppure l'avvicendamento Cobolli Gigli-Andrea Agnelli era mai stato confermato. Altra storia, vero, oggi sarebbe più difficile cambiare i protagonisti di una società che vince e stravince. In caso contrario sarebbe Pavel Nedved il sostituto più accreditato alla presidenza bianconera. E potrebbe toccare a lui scegliere l'allenatore e l'organigramma societario ritenuti più opportuni.