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  • L'Arabia Saudita non è la nuova Cina. Pif, Ronaldo e ora il fanta-mercato: cosa c'è dietro la pioggia di milioni

    L'Arabia Saudita non è la nuova Cina. Pif, Ronaldo e ora il fanta-mercato: cosa c'è dietro la pioggia di milioni

    • Emanuele Tramacere
    Antiche città di pietra e panorami mozzafiato, l'Arabia Saudita sta ufficialmente crescendo, rilanciando un progetto di espansione mediatica a suon di milioni, o per meglio dire di miliardi, che ormai da diversi anni ha iniziato ad allungare le proprio lunghe mani dorate sul business dell'enterteinment in tutto il mondo. Sono le nuove "Notti d'Oriente" che inevitabilmente, e ora con sempre maggior forza, si stanno riversando sul mondo del calcio, che da un lato lancia grida d'allarme e dall'altra, complice un debito senza fine, presta il fianco e gongola delle nuove entrate economiche che non sono altro che ampie boccate d'ossigeno. Ma perché il governo arabo sta spingendo così tanto con gli investimenti nel calcio?

    LEGGI QUI - GLI INVESTITORI ARABI PIU' POTENTI

    DAL GOLF A WRESTLING E FORMULA 1- Prima di addentrarci sul progetto calcistico va ricordato che il governo dell'Arabia Saudita da tempo sta investendo nel mondo dello sport. Basti pensare alle polemiche nate sulla "fusione forzata" fra la neo lega LIV e lo storico PGA tour nel mondo del golf,  o l'organizzazione annuale di un Pay Per View in Arabia da parte dell'americanissima WWE, il massimo del Wrestling Enterteinment con la richiesta ottenuta anche di riesumare vecchie leggende da mettere sul ring. Poi c'è la più grande sponsorizzazione di sempre nella Formula 1 con Aramco e la creazione dell'Abu Dhabi GP e infine le voci di possibili investimenti nei pacchetti azionari delle franchigie di NBA ed NFL negli USA che hanno tolto il divieto ad acquisti da parte di fondi sovrani.

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    PIF E LO SPORT WASHING - E il più celebre fra i fondi sovrani resta l'ormai notissimo PIF, Public Investmen Fund, creato in realtà nel 1971 allo scopo di investire nel mondo per conto del governo Saudita è ora il protagonista assoluto del nuovo progetto Saudi Vision 2030 che dovrà portare il paese lontano dalla dipendenza dal petrolio e diversificare economia ed introiti. Ma perché la dinastia Saud che regna sul paese ha scelto proprio lo sport per veicolare questo progetto? Servirà fare un piccolo passo indietro e affiancare l'enorme Arabia Saudita a quanto fatto nel ben più piccolo Qatar. Stati simili, sovrani, governati con gli stessi (pochi) diritti e culture molto simili. Il Qatar tramite gli investimenti dell'"Ente Turismo" nel calcio (PSG E Manchester City su tutti) ha ottenuto i Mondiali dalla Fifa e la 'pulizia' di un'immagine sporcata perfino dalle innumerevoli morti sul lavoro per la costruzione degli impianti per il torneo, un dato oggi tragicamente dimenticato. Ed è proprio qui, in quello che è ribattezzato "sport washing" che l'Arabia Saudita sta investendo di più. E no, non è perché Khaled Al-Rubaian, consulente in investimenti e marketing sportivo, abbia a cuore il mondo degli sport o perché lo sia a sua volta l'emiro Mohammed bin Zayed Al Nahyan. No lo sport è semplicemente un veicolo per ripulire l'immagine del paese fra le altre cose dai legami con Al Qaeda e gli attentati dell'11 settembre, dal caso Kashoggi, dal fatto che gli oppositori politici vengono sequestrati, torturati e uccisi, e dal fatto che le donne e le comunità LGBTQ+ non abbiano pari o non abbiano del tutto diritti. Perché? Perché un paese "sano" attira investimenti, turismo, fonti di guadagno differenti dalla semplice compravendita di Petrolio.

    L'Arabia Saudita non è la nuova Cina. Pif, Ronaldo e ora il fanta-mercato: cosa c'è dietro la pioggia di milioni

    RONALDO E IL CALCIO -
    E cosa c'è di più globale e pubblicizzante del calcio? SE una stella assoluta come Cristiano Ronaldo sceglie di accettare di giocare in Arabia Saudita significa che il campionato può essere attraente. Se Messi accetta di sponsorizzare il paese fino alla possibile assegnazione dei Mondiali 2030 significa che tanto male il paese non è. E allora sì, altri campioni sceglieranno la stessa via, come già successo per Benzema, Kanté, Ruben Neves e presto potrebbe accadere anche a Koulibaly, Ziyech e perché no, Lukaku.

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    NON E' COME LA CINA - 
    "L'Arabia Saudita sta facendo lo stesso errore della Cina di qualche anno fa. Non è un sistema che permette lo sviluppo del calcio nel paese". Aleksander Ceferin, presidente della Uefa, ha commentato così la scelta del paese arabo di investire enormi cifre di denaro nel nostro mondo del calcio. Il numero 1 della Uefa ignora però, o fa finta di ignorare, le differenze immense che ci sono fra i due paesi e fra i due campionati. Sì, l'operazione di sport washing è la stessa, ma la Cina l'ha stoppata per paura di "occidentalizzare" la sua cultura, mentre in Arabia l'obiettivo è l'esatto opposto, ovvero quello di attirare il più possibile i capitali occidentali. Inoltre, sebbene le culture restino differenti, il turismo nel paese per i nostri standard è già elevato e restando alla visibilità del campionato, la fascia oraria risulta molto più "visibile" ai paesi europei legati al pallone di quanto non potesse essere quello cinese. No, sviluppare il calcio alla base non è e non sarà mai una priorità per l'Arabia Saudita e cosa accadrà dopo il 2030 sarà difficile prevederlo.

    @TramacEma

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