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L’Inter non ha ancora vinto niente, ma la fame è già venuta meno: l'umore di Conte è grigio

L’Inter non ha ancora vinto niente, ma la fame è già venuta meno: l'umore di Conte è grigio

  • Giancarlo Padovan
    Giancarlo Padovan
Due pareggi in due partite. L’Inter rallenta all’improvviso quasi senza sapere perché. Ma le ragioni ci sono e sono molto precise. A San Siro si è imbattuta in un’Atalanta che correva il doppio e ha mantenuto un’altissima intensità fino alla fine, quando avrebbe potuto vincere (rigore sbagliato da Muriel). A Lecce ha trovato una squadra che ha rinnegato se stessa e si è schierata con un irriducibile 5-3-2. Non che sia una novità, ma credevo che Liverani non sarebbe mai tornato indietro e avrebbe continuato a giocare in modo aperto e propositivo. Evidentemente, però, la ragion di stato (ovvero la salvezza) ha fatto cambiare idea ad un allenatore che aveva saputo conquistarsi consensi proprio per come la sua squadra giocava.

A dimostrazione che il primo Liverani aveva più ragione del secondo c’è stato l’andamento della partita. Se è vero, infatti, che la difesa a cinque, e una grande densità in mezzo al campo, hanno mantenuto la difesa del Lecce imbattuta fino al 71’ (gol del subentrato Bastoni, di testa, su cross di Biraghi), è altrettanto vero che il pareggio (Mancuso di interno piede destro su assist di Majer sostituto di Lapadula) è arrivato solo quando la squadra pugliese è tornata al 4-3-3, con Falco al posto di Rispoli. Insomma, con la difesa blindata e la rinuncia ad almeno un giocatore a centrocampo, si può imbrigliare anche l’avversario più titolato - e l’Inter lo è -, ma non impedirgli di segnare. Al contrario, facendo una partita di iniziativa, prima o poi lo si mette in difficoltà e magari di segna. Per fortuna del Lecce, Mancosu ha trovato la porta subito dopo il vantaggio dell’Inter (sei minuti), altrimenti Liverani avrebbe avuto il rimpianto di aver fatto una partita quasi completamente di contenimento e di averla persa.

L’Inter, però, non è più quella di un mese fa. E il problema non è il gol che, anche se non hanno segnato Lukaku e Lautaro, è arrivato ugualmente con il quattordicesimo marcatore in rosa (Bastoni). Il problema è il ritmo, la determinazione, la fame che a qualcuno è venuta meno.

Grave che sia successo quando ancora non si è vinto niente, meno grave se la si cataloga come deficit fisiologico. L’Inter non ha smesso di correre, ha solo rifiatato e in questo senso Conte non ha torto quando invoca ricambi. Brozovic che nel primo tempo ha colpito un palo (28’) e creato un’altra occasione sventata due volte da Gabriel, nella ripresa avrebbe avuto bisogno di fermarsi. E se non lui, di certo Sensi per il quale è entrato Borja Valero. Ma un conto è affidarsi allo spagnolo, unica alternativa possibile (Vecino, coinvolto nel mercato, e Gagliardini infortunato, erano rimasti a Milano), un altro poter far alzare dalla panchina Eriksen. Il danese arriverà quasi certamente, ma serve da subito. Così come serve Ashley Young perché Asamoah è scomparso (pubalgia) e Biraghi non è inossidabile. 

Detto tutto questo, non è giusto farsi condizionare solo dal risultato perché nel primo tempo l’Inter ha giocato (squadra corta e alta), sfiorato il gol (3’ Rispoli rischia l’autorete in anticipo su Sensi), tirato (7’, Lukaku sfiora il palo), articolato la manovra sugli esterni (le punte hanno fatto quasi sempre sponda per i centrocampisti).

Insomma un vantaggio prima dell’intervallo sarebbe stato legittimo. Invece, per poco, l’occasione clamorosa non è capitata al Lecce. Su ripartenza rapida, l’Inter si è trovata scoperta e un colpo di testa di Babacar ha colpito una mano di Sensi. L’arbitro Giacomelli ha decretato il calcio di rigore, poi è andato al Var e ha cambiato opinione. Decisione giusta perché le braccia dell’interista erano aderenti al corpo. 

Se assegnato ed eventualmente trasformato, il rigore non avrebbe cambiato l’atteggiamento del Lecce. Liverani l’ha fatto solo quando stava perdendo per tornare definitivamente alla difesa a cinque negli ultimi dieci minuti (Meccariello per Mancosu). Eppure, a dimostrazione che nel calcio basta poco per cambiare il corso della cronaca e, a volte, della storia, un calcio piazzato di Falco ha colpito il palo esterno. Fosse entrato qualcuno avrebbe dato del genio all’allenatore dei pugliesi, come accaduto quando Conte ha inserito Bastoni, andato subito in gol. Peccato che in occasione del pari di Mancosu, Bastoni fosse colpevolmente in ritardo.

Conte ci ha provato anche con Sanchez al posto di Brozovic (colpo al piede), ma a dimostrazione che pure Giroud serve e tanto, l’assist a Lukaku, da propiziatorio, è stato sciagurato. L’Inter così ha perso due punti vitali e la Lazio (una partita in meno con il Verona) virtualmente potrebbe esserle già davanti. Non significa nulla, ma l’umore di Conte è grigio.

Da ultima un’osservazione a mio disdoro: quando la Juve pareggiò a Lecce con lo stesso punteggio scrissi che all’Inter non sarebbe assolutamente accaduto. Ancora una volta, mi ero sbagliato.



IL TABELLINO


Lecce-Inter 1-1 (primo tempo 0-0)

Marcatori: 26' s.t. Bastoni (I), 32' s.t. Mancosu (L)

Assist: 26' s.t. Biraghi (I), 32' s.t. Majer (L)

Lecce (5-3-2): Gabriel; Rispoli (31' s.t. Falco), Lucioni, Rossettini, Dell'Orco, Donati; Deiola, Petriccione, Mancosu (37's.t. Meccariello); Babacar, Lapadula (17' s.t. Majer). All. Liverani

Inter (3-5-2): Handanovic; Godin (23' s.t. Bastoni), De Vrij, Skriniar; Candreva, Barella, Brozovic (37' s.t. Borja Valero), Sensi (37' s.t. Sanchez), Biraghi; Lautaro, Lukaku. All. Conte

Arbitro: Giacomelli di Trieste

Ammoniti: 20' p.t. Donati (L), 32' p.t. Candreva (I), 43' s.t. B. Valero (I), 48' s.t. Meccariello (L).

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