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  • La ribellione dei cinesi al diktat del presidente Xi: ricominciare a spendere? Non se ne parla

    La ribellione dei cinesi al diktat del presidente Xi: ricominciare a spendere? Non se ne parla

    Come stanno davvero le cose in Cina? Dopo settimane passate asserragliata in casa, con le guardie a sorvegliare ogni cancello, la gente pare adesso preoccupata di uscire. I lavoratori cinesi acquistano in massa contenitori per il pranzo e consumano il cibo a casa. Stesso discorso per l’esercizio fisico: ancora niente palestre, i materassini da yoga vanno a ruba e la palestra resta in salotto. Insomma, la vita della superpotenza che ha contenuto, prima e unica, l'epidemia non riesce a rinascere come si sperava.

    L'economia cinese è ferma all'80% della capacità. Non basta che Xi Jinping proclami la vittoria sul virus, che si faccia vedere a spasso senza mascherina, i centri commerciali restano semivuoti. Si compra solo per stretta necessità, la vita è comunque "minima": casa, ufficio e ritorno. Non ci si fida ancora ad andare al ristorante, prenotare una vacanza, comprarsi un'auto o un paio di scarpe. Niente superfluo.

    Se chiudere tutto è stato molto difficile anche in Cina, riaprire lo appare ancora di più.

    Due i motivi essenziali: il primo è che non c’è ancora la necessaria tranquillità che il virus sia stato debellato per davvero. Da qualche giorno il governo sta dando la caccia agli asintomatici. Ieri ne sono spuntati 51 solo a Wuhan, tanto che le autorità insistono nel raccomandare ai cittadini di stare a casa. La riapertura della città prevista per l’8 Aprile appare di nuovo lontana mentre i cinema che avevano aperto richiudono e gli assembramenti restano vietati. Anche tra i cinesi, come da noi, inizia a serpeggiare insicurezza e nervosismo. Molti si domandano se davvero le cifre ufficiali del contagio rispecchino la realtà.

    Il secondo motivo è legato alla paura di impoverirsi. Milioni di persone hanno perso il lavoro, decine di milioni hanno subito tagli allo stipendio. Due mesi di blocco imposto dal regime hanno comportato uno stop alla spesa senza precedenti. Indispensabile far ripartire i consumi globali e interni pena il taglio di nuovi posti e buste paga. Un circolo vizioso che preoccupa.

    Riattivare i consumi compulsivi è diventato quindi l’obbiettivo primario delle autorità comuniste che hanno rinnovato gli incentivi per l’acquisto di auto mentre i funzionari di Partito ricevono voucher per lo shopping sperando così di dare il buon esempio alla popolazione.

    La campagna anticorruzione di Xi di qualche tempo fa che invitava i cinesi al rigore economico e morale sembra lontana anni luce. Spendere, bisogna spendere, e farsi vedere. Possibilmente con la stessa rapidità e efficienza con le quali i cinesi sono stati capaci di chiudersi in casa e affrontare il virus.
    Le autorità cinesi hanno adesso un nuovo nemico, perfino più subdolo: la paura di ricominciare.
     

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