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  • Lotito: 'Tifosi della Lazio? Li ho abituati troppo bene. I romanisti sono sempre contenti...'
Lotito: 'Tifosi della Lazio? Li ho abituati troppo bene. I romanisti sono sempre contenti...'

Lotito: 'Tifosi della Lazio? Li ho abituati troppo bene. I romanisti sono sempre contenti...'

  • Redazione CM
Ospite di un evento elettorale a Viterbo, ieri sera Claudio Lotito è tornato a parlare del rapporto con i tifosi della Lazio. Il patron biancoceleste ha raccontanto prima un aneddoto, in ricordo anche dello scomparso Arturo Diaconale, ex portavoce del club.

LA CITOFONATA - "Mi trovavo a Ladispoli con Arturo Diaconale che non c’è più. Citofonai al primo abbonato di quell'anno e gli dissi che ero il presidente Lotito. Lui pensò fosse uno scherzo e riattaccò il citofono senza aprirmi. Riprovai un'altra volta, poi alla terza gli dissi di scendere o almeno di affacciarsi, così avrebbe visto di persona che ero davvero io. Rimasero colpiti. Erano una bella famiglia di laziali. Ecco, io concepisco il calcio così: come una grande famiglia. Io sono il padre di quella dei laziali".

TIFOSI - "Non sono abituato a vendere sogni, bensì realtà. I tifosi hanno ragione quando dicono che la squadra è un loro patrimonio. È vero, da un punto di vista passionale. Ma dal punto di vista della gestione, no. Nel calcio però quando porti i fatti, la gente non torna sui propri passi. Al contrario, vuole sempre di più. Quando vincemmo la Supercoppa contro l'Inter di Mourinho, la partita dopo allo stadio non c'era nessuno. I laziali sono un po' particolari in questo, forse li ho abituati troppo bene..."

DIFFERENZE - "I romanisti invece sono contenti anche se la squadra va male. Partono a inizio stagione per vincere tutto, poi si accontentato di lottare per altre posizioni. Noi laziali siamo diversi. I tifosi sono abituati a soffrire, hanno fatto collette, sono stati depauperati, però erano coinvolti emotivamente. In passato ci sono state persone abituate a mungere la vacca, poi si sono trovate un presidente che ha detto stop. E non l'ho fatto non per me, ma per la società".

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