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  • Laziomania: il mio problema personale con questa vittoria decisiva

    Laziomania: il mio problema personale con questa vittoria decisiva

    • Luca Capriotti
    Samp-Lazio ha un grosso problema: divide il mondo in chi vede un bicchiere pienissimo, florido, del primo tempo, e chi vede un secondo tempo vuoto e imbarazzante. Io ho un problema con questo genere di partite, un problema lo ammetto personale. Sarò emotivo, sentimentale, ma quando vedo la spina staccata mi sento veramente ferito. Ne faccio quasi una cosa personale, sicuramente sbagliando.

    LA LAZIO VINCE, E QUESTO CONTA - Si può avere l'amaro in bocca vincendo con 3 gol fatti in trasferta? Vi potrei banalmente intrattenere con la Lazio a due facce, con Sarri che ama la Lazio del primo tempo e odia con tutta la sua anima la Lazio del secondo, potremmo trastullarci e lo faremo su quanto si è visto in campo a Genova. Ma voglio che vi focalizzate su una roba centrale per la Lazio: serviva vincere. Servivano i 3 punti, come il pane, sono arrivati. Partiamo da qui, e ora torniamo al mio amaro in bocca personalizzato.

    AFFRONTO - Allora lo ripeto: qui contava vincere, la vittoria è larga,  ma io ho un problema personale con questa vittoria. Io ho difficoltà a commentare il secondo tempo della Lazio perché lo vivo come una specie di affronto alla maglia che questi ragazzi indossano. E a chi mi dice: ma hai visto che primo tempo sontuoso e incredibile? Io rispondo: a maggior ragione. A maggior ragione mi imbufalisco io, a maggior ragione era arrabbiato Sarri. Scendere in campo con la spina così staccata fa un po' rabbrividire, oltre ad essere una specie di insulto a tutto quello in cui stiamo credendo.  E non sto parlando di Muriqi: questo ragazzo sta faticando a fare qualsiasi cosa, e lo sa pure lui, non riesce ad aiutarci ma almeno ci prova,  la sua autostima a pezzi non mi permette di giudicarlo. Non è lui il problema, ogni volta che possiamo anzi dovremmo fargli un applauso, almeno finché sta con noi. Fa male? Certo che sì, ma la sua maglia merita anche il nostro rispetto, e chiunque la indossi va sostenuto, sempre. Come uno di famiglia, in qualche oscuro modo. A maggior ragione quando non sta bene, quando fatica, quando fa male. 

    ISTERIE E SCADENTI AMBIZIONI - Non parlo di lui, ma della fase difensiva imbarazzante di Felipe Anderson, della reazione isterica di MIlinkovic Savic (al netto del solito arbitro boh, da capitano il suo è gesto  di maleducazione, oltre ad averci messo in una situazione più spiacevole, ANCORA più spiacevole nella giornata in cui diventa il centrocampista che ha segnato di più nella storia della Lazio, con un primo tempo maestoso), dei calci piazzati senza nessuno a saltare e delle innumerevoli parate che ha dovuto fare Strakosha (che vale, ma lo sapevamo, anche se non sono sul suo carro). Questo secondo tempo senza tiri, senza voglia, come se la partita fosse finita, può andare bene contro una Samp che non segna manco con le mani, e comunque ti ha segnato, ma è francamente un pugno in un occhio a chi, dopo quel primo tempo, si aspettava gestione, accurato controllo, magari il ritorno della Samp ma rintuzzato,  sopito, spernacchiato. Maturità, ordine mentale. Non questa battaglia in area di rigore, non questo battimuro su Strakosha. Ci sta, visto che alla fine contava vincere, ma promemoria per il futuro: questo no, questo no per favore, non va bene, non è una cosa replicabile senza farsi male.

    SAREBBE INGIUSTO - Va detto, lo ammetto, al netto del mio personale problema, non posso essere ingiusto. Sarebbe ingiusto parlare del secondo tempo senza mettere in conto la partita di giovedì, in cui la Lazio si gioca tanto, senza mettere in conto un primo tempo sontuoso, giocato su ritmi e tocchi sopraffini, una bellissima prova di forza, quasi da squadra da ben altre posizioni. Finalmente Zaccagni ha trovato la formula, la chiave di lettura personale del ruolo che gli ha chiesto Sarri. Sta entrando in forma, sta bene, sta giocando da dio, gli riesce tutto. Due assist, costante spina nel fianco, intelligente e sempre lucido: oggi Zaccagni è tutto quello che Felipe Anderson vede col binocolo. È antipatico dirlo, ma purtroppo è così. Non posso evitare di mettere in mezzo Ciro Immobile: fa due gol da puro rapace, forse la sua essenza di attaccante. Una volta un ex attaccante mi diceva: i gol li devi sentire dentro, qualcuno ha questo istinto primordiale, qualcuno no. Ciro è questo istinto primordiale nella sua più ancestrale espressione e potenza.

    PROMEMORIA - Bene Basic (ahi Luis Alberto), benissimo Cataldi di nuovo, bene la difesa: il primo tempo è stato quello che sognavamo. E il secondo quello di cui abbiamo paura: una squadra tiltata, passiva, evitante, nervosa e leggerina, senza anima. L'obiettivo è far crescere la Lazio dei primi 45', abbattere a pallonate la seconda Lazio. Lo dico, lo ripeto: chi non ha voglia di metterci la gamba, di lottare, di sbattersi, se ne stesse a casa. Promemoria per il futuro: non sottovalutare mai le conseguenze di un primo tempo perfetto. Si può avere l'amaro in bocca per una vittoria larga, quasi mai in discussione, con quel primo tempo da favola? Forse sì, io sì, ma solo per un motivo: non è la prestazione, non è nemmeno il gol preso o le parate di Strakosha, ma attenzione al rispetto. Quello ce lo devono, sempre, fino al minuto 97, e oltre se necessario. Fino a che hanno quella maglia addosso. Scusatemi, è un mio problema personale: la Lazio d'altronde credo sia per tutti una speciale interlocutrice di famiglia, appunto personale. Ma contava vincere, dopo un periodo complesso, contava davvero tanto. Anche i miei problemi personali con questi secondi tempi non contano niente, in confronto ai 3 punti, alla fiducia ritrovata, a quel primo tempo sontuoso. Quello che serviva, un esempio per il futuro.

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