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Leggenda Schiavio: l'Inter provò a strapparlo al Bologna, la sua risposta fu una perla di saggezza

Leggenda Schiavio: l'Inter provò a strapparlo al Bologna, la sua risposta fu una perla di saggezza

  • Alessandro Bassi
    Alessandro Bassi
Oltre ad essere tra i più grandi attaccanti della storia del calcio italiano Angelo Schiavio semplicemente è stato il più forte giocatore di tutti i tempi del Bologna, con il quale ha vinto tutto ciò che c'era da vincere sia in Italia che in Europa.

IL BOLOGNA NEL DESTINO - Schiavio nasce nell'ottobre del 1905 da una famiglia della buona borghesia bolognese, il padre è un noto commerciante di tessuti proprietario di una serie di rinomati negozi. Durante i primi anni scolastici con gli amici assiste ad alcune partite di calcio giocate in strada da gruppi di ragazzi più grandi e ben presto egli stesso cominciò a giocare al football, anche contro il volere dei genitori. Studio e pallone, dopo le elementari la vita di Schiavio ha questi due orizzonti: entra nel settore giovanile del Bologna e ottiene la licenza tecnica, ma nel 1921 abbandona definitivamente gli studi per continuare a giocare e iniziare a lavorare nell'azienda del padre. Qua nel poco tempo libero coltiva la sua passione sportiva tanto che sempre in quell'anno gioca nella prima squadra della Fortitudo mettendo in luce tutte le sue qualità di goleador tanto che l'anno successivo torna al Bologna e da quel momento non lo lascerà più.
 
È NATA UNA STELLA - Gioca diverse partite con la squadra riserve sino a quando sul finire del novembre 1922 Felsner, l'allenatore austriaco dei rossoblù, decide di provarlo in una squadra mista contro la Fortitudo. Schiavio gioca molto bene, segna la prima rete dell'incontro e Felsner decide di concedergli un'altra occasione, questa volta contro un avversario ben più ostico. La vigilia di Natale del 1922 Schiavio gioca contro gli austriaci del Wiener. Gioca bene, ma non riesce ad incidere come vorrebbe. Il giorno di San Silvestro altra amichevole prestigiosa contro i magiari del Ujpest e Schiavio questa seconda occasione non se la lascia sfuggire: dribbling secco e angolato tiro di destro che va ad insaccarsi alle spalle del portiere ungherese. 1 a 0 per i rossoblù, è nata una stella, i tifosi bolognesi hanno un nuovo idolo.

Da quel momento la carriera di Schiavio decolla. Un altro paio di incontri con la squadra riserve e poi domenica 28 gennaio 1923 contro la Juventus Schiavio debutto in campionato, il primo passo di un cammino lunghissimo e luminoso, sedici anni durante i quali Schiavio e il Bologna vincono tutto. Quattro campionati italiani, due Coppe dell'Europa Centrale, il prestigioso Torneo dell'Esposizione Universale del 1937 battendo in finale i “maestri” inglesi del Chelsea per 4-1, e il titolo di capocannoniere nel campionato di serie A del 1931/32.

IL “NO” ALL'INTER - Insomma, una vita in rossoblù. Da giocatore, allenatore, dirigente e bandiera. In realtà l'Inter nella tarda estate del 1934 prova a convincere Schiavio a lasciare il Bologna e manda nientemeno che Meazza come ambasciatore. Il presidente dell'Inter Pozzani vuole portare in nerazzurro il trio centrale dell'attacco della Nazionale, Meazza già c'è, Ferrari ha già dato il suo assenso, manca Schiavio. Meazza lo avverte che al pomeriggio sarebbe stato chiamato dal presidente nerazzurro, quest'ultimo cerca di convincere Schiavio che invece è piuttosto dubbioso, tanto che arriva a fare una super offerta. Possiamo leggere direttamente del blog Archivio e Ricerca storica sul Bologna Football Club come andò il colloquio:

"Schiavio, so che al momento tu possiedi a Bologna tre negozi, questo pomeriggio ti prego di misurarne la superficie (si trattava di centinaia di metri quadrati) e di comunicarmela domani mattina quando ti ritelefonerò. Se accetterai di venire a giocare all'Inter, dopodomani ti ritroverai proprietario di un'uguale superficie commerciale in Galleria a Milano. E ciò senza grossi impegni da parte tua; dovrai soltanto restare all'Inter per tutto il tempo che continuerai a giocare”.

Insomma l'offerta interista è davvero allettante, sono tantissimi soldi. Ma non per Schiavio che il giorno dopo declina gentilmente l'offerta rispondendo in questo modo:
"Qui a Bologna lavoro con la mia famiglia e gioco nella mia squadra; i soldi non me li porterò all'altro mondo ed a quelli che verranno dopo di me, se avranno voglia di lavorare, resterà quanto necessario per continuare ed il mio augurio di una buona salute che è quella che conta di più".

CENTRAVANTI RAPSODICO - Così lo definisce un fuoriclasse della parola quale è stato Vladimiro Caminiti: “Un lottatore e un tecnico. Un coraggioso per antonomasia”. Schiavio infatti era un combattente, potente e determinato nel corpo a corpo, uno di quei calciatori che durante la partita danno davvero tutto, ma era anche dotato di una eccellente tecnica, di un dribbling micidiale che gli permetteva di liberare un tiro preciso che quasi mai lasciava scampo ai portieri avversari. Insuperabile palla al piede, era uno dei pochissimi della sua epoca a riuscire a cambiare repentinamente fronte del gioco e a smarcarsi con facilità.




UN GOL MONDIALE - Realizzatore eccezionale, Schiavio in 348 partite giocate con il Bologna ha segnato la bellezza di 242 reti, primatista assoluto per i rossoblù e quarto nella classifica di tutti i tempi dietro a Piola, Meazza e Totti; a queste vanno aggiunte le 15 reti segnate con la maglia azzurra della Nazionale in 21 incontri, la più importante di queste quella realizzata contro la Cecoslovacchia nella finale mondiale di Roma per il definitivo 2-1 che regalò il titolo di campione del mondo all'Italia.  Così lo stesso Schiavio racconta a Caminiti quella vittoria storica: 
La finale con la Cecoslovacchia fu per me l'ultima partita in maglia azzurra. Avevo ventinove anni e, a quei tempi, si smetteva presto di giocare. Chiusi comunque in bellezza, con un goal storico, quello del 2-1 che diede il primo titolo mondiale all'Italia. Ricordo che Guaita mi allungò la palla in avanti, io feci qualche passo, palla al piede, entrai in area e sferraio un gran destro in diagonale. Fui fortunato, poiché il pallone s'infilò prioprio nell'angolo superando Planicka, che in precedenza mi aveva parato alcuni palloni difficili. Ero stanchissimo; fui travolto dall'abbraccio dei compagni e ne approfittai per rimanere qualche secondo sdraiato a terra, sull'erba.”


(Alessandro Bassi è anche su http://storiedifootballperduto.blogspot.it/)

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