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  • Lippi: 'Italia, batteremo il coronavirus all'ultimo rigore'

    Lippi: 'Italia, batteremo il coronavirus all'ultimo rigore'

    L'ex ct dell'Italia, Marcello Lippi parla del coronavirus in un'intervista a La Repubblica: "I miei amici cinesi mi ripetono di stare attento e mi hanno promesso di mandarmi le mascherine. E' stato giustissimo e sacrosanto chiudere qui da noi come in Cina, loro ce l'hanno fatta e ce la faremo anche noi. Io non ho paura, ma non sono un incosciente: adesso quello che conta è essere prudenti e responsabili". 

    "Domenica qui a Viareggio c'era un sole splendido, pareva già estate e la gente si affollava nei ristoranti, nei bar, nelle gelaterie. 'Ma siete matti?', pensavo io. Non state sentendo cosa succede? Una prova di irresponsabilità scoraggiante anche da parte di chi, dal nord, è sceso nelle seconde case in Versilia e all'Elba. Ma non più tardi di due giorni dopo sembrava di stare in guerra. Ci volevano i decreti governativi per far capire davvero la gravità della situazione. Ora è tutto deserto, silenzioso. Irreale ma necessario. Così si combatte questo nemico tremendo, questo avversario invisibile". 

    "Per fortuna l’Uefa ha finalmente deciso di sospendere le Coppe, e credo sarà così anche per gli Europei: al limite, disputiamoli l’anno prossimo ma non adesso, non a tutti i costi e chissà come, chissà dove. Questo permetterà di tentare di salvare almeno i tornei nazionali, che secondo me vanno sempre privilegiati. Ho letto dei play-off, ma non mi convincono, e neppure l’idea di assegnare lo scudetto adesso, così, in base alla classifica. Se tra un mese, un mese e mezzo la situazione renderà possibile il ritorno in campo, credo che il campionato debba essere ripreso e concluso nel modo tradizionale, altrimenti pazienza. Altre soluzioni mi sembrano mortificanti". 

    "Dopo l’appello del nostro paese, la signora Lagarde ci ha dato un bello schiaffo in faccia. Il problema del virus è continentale, anzi planetario: se ne può uscire solo insieme, senza egoismi e chiusure. Come una partita all’ultimo rigore? Più o meno, sì. Ai Mondiali del 2006 prendemmo coraggio dopo le prime vittorie, quelle che io definisco dell’autostima.
    Battemmo in amichevole Olanda e Germania, sapevamo di essere in forma. Ricordo che i miei giocatori dicevano “siamo forti, cavolooo!” e lo diventammo ancora di più dopo quel casino di Calciopoli. Lo sport è un esempio da seguire. In questo momento, come in Germania tanti anni fa, avremmo bisogno dei primi risultati, di qualche numero finalmente incoraggiante, qualche statistica positiva: e allora riprenderemmo coraggio come l’Italia prima della finale contro la Francia. Sentivamo che ce l’avremmo fatta e anche adesso ce la faremo". 

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