Calciomercato.com

  • Lo sconvolgente libro scritto da Federico Masi, ex promessa viola

    Lo sconvolgente libro scritto da Federico Masi, ex promessa viola

    • Federico Masi
    Calciomercato.com pubblica alcune pagine del libro Masia, uno sconvolgente spaccato del calcio italiano, raccontato da un diretto protagonista: Federico Masi ex calciatore della Fiorentina e del Bari. E’ la storia romanzata (ma non troppo) scritta dal giovane calciatore che arrivò ad esordire in Champions League con Prandelli per poi cadere nella polvere del malaffare che ammorba il mondo del calcio fino a smettere di giocare a soli 24 anni.
    Ogni riferimento a fatti, persone o cose realmente esistenti è puramente casuale ed è frutto esclusivo della fantasia dell’autore.
     
    PREFAZIONE
    “Un uomo non abbandona mai la propria passione” è la frase ‘chiave’ di uno dei successi di critica e pubblico della cinematografia moderna, il film argentino del 2009, oscar per la migliore pellicola straniera l’anno successivo, “Il segreto dei suoi occhi”. E in effetti è vero, la storia di ogni essere umano è segnata dalle proprie passioni, siano esse presenti in campo affettivo, di amicizie, lavorativo o ricreativo. Anche negli uomini più freddi e distaccati, sono le pulsazioni che ci fanno accelerare il cuore a dettare il nostro istinto nelle scelte di tutti i giorni, e a muoverci verso un ambito rispetto a un altro. L’autore di questo libro, Federico Masi, è passione allo stato puro. Chi lo conosce sa che, incrociando i suoi occhi, si riesce a percepire la purezza del suo essere interiore. In questo suo primo, e si spera non ultimo, romanzo, sembra quasi volerci parlare anche di una parte di sé. Nel racconto, frutto della fantasia narrativa di Federico, vi è un condensato di situazioni che mischiano curiosità, ma anche arguzia e raziocinio: la centralità è tutta per un personaggio suo omonimo che, attraverso i sentimenti, l’istinto, la curiosità, ma soprattutto la passione, cerca di venire a capo di una torbida vicenda, in cui si mischia il giallo al rosa, in cui l’intelletto non può bastare per sgombrare il campo dai quesiti che incrocia. In cui solo astraendosi, andando oltre, quasi forzandosi di separare i sentimenti dai meri fatti di cronaca, si riescono ad ottenere le risposte cercate. Ci si perde nelle pagine di questo racconto, immedesimandosi inevitabilmente nel protagonista che sembra quasi chiedere aiuto al lettore nelle sue riflessioni a “voce alta”, cercando di coinvolgere chi segue la sua storia, in una descrizione molto particolareggiata degli “attori”. Il contesto delle varie situazioni accentua la profondità della storia che si sviluppa anche in ambiti calcistici, in un mondo del pallone che da sempre per gli italiani è condensatore di passioni. La cosa più importante di un libro come Masia è che è un insieme di pagine oneste, che non “strizzano l’occhio” con vocaboli superflui o episodi adulatori. Una storia che ci invita a vivere a pieno i sentimenti che affrontiamo giorno dopo giorno, e a credere che, con onestà e voglia di non porre limiti alla propria esistenza, si può anche sognare. È un segnale importantissimo quello che ci vuole trasmettere l’autore, soprattutto in momenti difficili come quelli che ad esempio sta attraversando da diversi anni il nostro Paese. Un invito a coltivare le emozioni che la vita ci offre, con ottimismo e passionalità, per una non vana ricerca di quel pezzo di felicità che ogni giorno è possibile trovare per ognuno di noi. Buona lettura.
    Luca Cellini
     
     
    PREMESSA
    “La vita si può interpretare liberamente. Io la interpreto così, con un lato umano e uno magico! Masia si può leggere e interpretare con l’accento sulla prima a, come una parola che ricorda molto “mafia”, con tutti quegli orrori che porta con sé e tutto quel sistema a cui l’Italia è legata in modo particolare, senza esclusioni, da nord a sud, da est a ovest. È forse una delle poche cose che accomuna gli abitanti di questa nazione e che li fa sentire “italiani”, insieme (e non sempre) alla nazionale di calcio.
    Oppure si può leggere con l’accento sulla i, come una parola che ricorda molto il suono della “magia”, con tutto il fascino che porta con sé.
    Io la sento la magia dentro me! La sento in quel che faccio, in quel che penso, in quel che dico, in quel che scrivo. La magia ci aiuta a vivere, mi aiuta a vivere.
    La magia non è quella che fa il mago, ma è quella che fa ognuno di noi, ogni essere umano, semplicemente svegliandosi la mattina e affrontando con il sorriso la sua giornata, la sua vita.”
    Federico Masi
     
    CAPITOLO PRIMO
    Le cose in città andavano bene. La vita scorreva via come sempre, fluida, libera, senza interruzioni di nessun genere.
    Il sole a quell’ora era alto nel cielo, le nuvole sembravano essersi dissipate e il cinguettio degli uccellini si faceva sempre più intenso.
    Federico Aldobrandini era seduto sulla panchina della piazza, a sorseggiare il suo amato chinotto.
    Mentre aspettava Pier Filippo Lancellotti, pensava a quel film che aveva visto la sera prima. Gli era piaciuto. A tal punto che gli era venuta voglia di scrivere un libro anche a lui, proprio come il protagonista, però di genere diverso. Gli era venuta voglia di far successo, di fare dei propri pensieri un capolavoro, di dar vita alla sua testa e alla sua solitudine! Con tutto quello che creava la sua mente, avrebbe potuto scrivere chilometri di pagine.
    Gli piaceva stare nella sua Frascati: gli riempiva il cuore. Ogni volta che ci tornava, la sua mente si liberava e ripercorreva tutte quelle emozioni belle che aveva vissuto quando era bambino, quando quella piccola cittadina laziale era la culla che lo addormentava ogni notte. Il lavoro lo portava spesso fuori casa. Di questo ne soffriva, anche se era consapevole che prima o poi vi sarebbe tornato e il solo pensiero del suo ritorno lo spingeva e gli dava coraggio per affrontare quegli ostacoli che ogni giorno gli si presentavano davanti. Il suo mestiere era un segreto ai più. Prestava servizio per una compagnia di investigazioni privata in un piccolo paese delle Marche, ma nessuno doveva saperlo. In città ci si chiedeva come facesse a tenere quel livello di vita, visto che Federico rispondeva sempre di fare il ricercatore universitario, e si sa che in Italia quel mestiere è sottopagato. Le malelingue dicevano ancora che era il papà a mantenerlo, e per un ventottenne fiero e orgoglioso come Federico era un pettegolezzo veramente fastidioso.
    Pier Filippo stava camminando con la sigaretta in bocca verso di lui, felice di poterlo riabbracciare dopo due settimane. I due erano amici inseparabili. Federico aveva lasciato la sua Frascati all’età di diciannove anni. Quando decise di frequentare l’università di Pisa, Pier Filippo non ci voleva credere. Tratteneva dentro di sé, allo stesso tempo, la gioia per gli studi dell’amico fraterno e il dolore per non poter più vivere insieme a lui l’età post liceale e tutte quelle esperienze che ti segnano per la vita. Erano cresciuti insieme e si capivano con un semplice sguardo. Le loro passioni erano soprattutto due: il calcio e le ragazze, anche se quello più scaltro e fortunato con queste ultime era proprio Pier Filippo.
    Le volte in cui si incontravano insieme agli altri loro amici Luca, Sandro e Danilo per giocare a pallone nel giardino di Pier Filippo, non erano di certo scivolate via molto facilmente dalla testa di Lella, la nonna del ragazzo, che spesso rinfacciava con odio ai cinque amici tutto il fracasso che facevano usando il suo portone come porta principale! D’altronde, a quell’epoca le risorse economiche non erano tante e quei ragazzi, se volevano divertirsi e giocarsi spensierati una partita di calcetto, dovevano pur arrangiarsi in qualche modo. Appena si incontrarono,  i due  si  abbracciarono come se fosse passato un secolo dall’ultima volta che si erano visti. Cominciarono a raccontarsi le loro vicissitudini di quelle due settimane che li avevano separati. Pier Filippo era l’unico a sapere del mestiere del suo amico, oltre ad Antonio e Marilena, i genitori di Federico.
    Pier Filippo lavorava per un’importantissima catena di ristorazione che lo vedeva impegnato come maître di sala. La sua azienda serviva le più importanti autorità italiane e forniva anche servizi di catering per i clienti più facoltosi. Pier Filippo e Federico erano coetanei, li separavano pochi mesi. Erano giovani ed entrambi avevano una forte personalità. Pier Filippo sotto la propria responsabilità aveva persone molto più vecchie di lui, ma che comunque lo rispettavano e lo prendevano a esempio. A essere sinceri, lui non era felice di quell’impiego. Quando a venti anni gli fu proposto di lavorare per il presidente della Repubblica egli accettò entusiasta, anche se solo successivamente gli fu detto che doveva fare il cameriere! Comunque, dopo la delusione iniziale, iniziò a lavorare anche per sostenersi gli studi e ritagliarsi un po’ di autonomia dalla famiglia. Ora, alla soglia dei trent’anni, le cose erano cambiate; Pier Filippo si era laureato in Economia e commercio e stava cercando di ampliare l’azienda del padre, ma comunque quel lavoro da maître era ben pagato e, fin quando non avesse raggiunto una solidità finanziaria per avviare definitivamente il suo progetto da commercialista, non era certo prudente abbandonare tutto. Perciò continuava a servire le personalità più importanti d’Italia e lo avrebbe fatto ancora a lungo.
    Federico iniziò a raccontare a Pier Filippo di un caso particolare che aveva cominciato a seguire: lo strano ritrovamento di un cadavere in una grotta vicino al Tuscolo. Nei giorni precedenti al loro incontro, Federico aveva assunto le redini delle indagini su mandato della fidanzata dell’uomo morto. Dalla descrizione che la giovane ragazza gli aveva fatto di quell’uomo, Federico si era reso conto di avere molti punti in comune con il cadavere, tanto da pensare di stare ascoltando la descrizione di se stesso fatta da qualcun altro. All’inizio ne era rimasto turbato, ma poi si era fortemente convinto di dover capire meglio chi fosse quell’uomo nato alcuni anni prima di lui e come mai le loro vite e i loro pensieri fossero così simili, a tal punto da poterli confondere molto facilmente.
     
    1. Continua
     
     
     

    Altre Notizie