Martinelli passa e consegna l'Hellas a Setti
Faceva freddo quel pomeriggio, in tutti i sensi. L'Hellas appeso a un filo, scenari tetri, il fallimento dietro l'angolo. Il 30 gennaio del 2009 tutto cambiò. Con Giovanni Martinelli, la firma davanti al notaio Laura Curzel di stradone San Fermo e le bottiglie di prosecco stappate in un bar vicino pochi minuti dopo. La città tirò un sospiro di sollievo, il Verona era finalmente passato in mani veramente sicure dopo un susseguirsi di vicende degne di una telenovela di basso profilo. Da lì in avanti si alternarono delusioni cocenti e straordinarie gioie. Fino ad oggi. Tempo di lasciarsi tutto alle spalle presidente, ogni storia finisce. Comprese quelle fatte di passione e amore vero. Martinelli in tre anni e mezzo ha dato tutto e forse anche di più. Stamattina sarà al suo posto, nella sede di via Torricelli diventata col tempo casa sua, per consegnare la sua creatura a Maurizio Setti, all'ormai ex presidente del Bologna che non vede l'ora di presentarsi alla città e dichiararne i progetti. Qualcosa Verona ha già intuito, come il carattere sanguigno di un imprenditore con il vizio del calcio, un vulcano di intenzioni e la voglia di trasformare tutto in realtà. La ricetta ispira fiducia, concreta come piace alla gente. «Il lavoro forte prima di tutto, senza troppe promesse. Cercheremo di restituire a Verona la categoria che merita». Martinelli resterà col 20 per cento e quasi sicuramente con la carica di vicepresidente. Se ne parlerà poco prima della presentazione di Setti, prevista per le undici. Uscirà di scena invece Giampietro Magnani, sua fedele spalla in questi mesi belli e duri allo stesso tempo. BRIVIDI INTENSI. Il primo Verona di Martinelli? Rafael, Mancinelli, Pugliese, Bellavista, Conti, Bergamelli, Rantier, Parolo, Gomez, Corrent, Rantier. Era l'8 febbraio, la Cremonese passò al Bentegodi coi gol e i chili (di troppo) di Christian Riganò. Festa rovinata, per di più al Bentegodi. Peccato, ma era solo l'inizio. Da lì in avanti il Verona si è rialzato, ha perso un campionato già vinto, è andato in B con Mandorlini dopo essere stato in piena zona playout con Giannini, ha quasi coronato un sogno dopo una stagione esaltante, trascorsa a collezionare record e a far sognare la città come ai bei tempi. Martinelli ha chiuso ad un passo dalla serie A, con un Bentegodi diviso fra applausi e lacrime. Ha preso in mano il Verona settimo in C1 e lo lascia quarto in serie B, dopo averlo ripulito da debiti e scorie varie, con 18 giocatori sotto contratto. Troppi forse, ma ad un certo punto spalmare gli ingaggi era diventata una tappa obbligata. Vantaggiosa per l'immediato, un po' meno per il lungo periodo. Un occhio ai conti ed uno a quei ragazzi che Martinelli sono sempre stati molto più di semplici dipendenti. Ci ha messo il cuore, fino in fondo. Straordinario. STRADA TRACCIATA. Il nuovo Hellas sa come muoversi, i primi segnali sono interessanti. Setti ha sistemato alcuni tasselli di qualità in posizioni strategiche. Sean Sogliano sta lavorando sodo, direttore sportivo tutto sostanza, uno dei più bravi del panorama italiano fra le giovani leve. Massimiliano Dibrogni è già entrato in un ruolo più alto di quello di semplice segretario, Roberto Gemmi al settore giovanile ha illustrato propositi e traguardi possibili a chi rimarrà. Come Stefano Ghisleni, ex coordinatore del vivaio che lavorerà dai Giovanissimi alla Scuola Calcio. L'impalcatura c'è. Martinelli è stato chiaro, consegnando a Setti un assist troppo facile da cogliere e conservare il più a lungo possibile. «È un ragazzo eccezionale», disse il presidente del suo successore, conosciuto nella vita imprenditoriale di tutti i giorni in un settore come quello dell'abbigliamento femminile in cui entrambi sono attori protagonisti del mercato. Il resto verrà strada facendo. Con una priorità su tutte: il bene dell'Hellas. Punto e basta.