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  • Metti un nemico in panchina: Conte e Sarri nelle rivali storiche

    Metti un nemico in panchina: Conte e Sarri nelle rivali storiche

    • Alberto Polverosi
      Alberto Polverosi
    Metti un nemico in panchina. Ma un nemico di quelli bravi, che cerca di strapparti dalla tua linea tradizionale per trascinarti in un mondo nuovo, quasi sconosciuto. Antonio Conte è lo juventinismo impersonificato e il prossimo anno allenerà l’Inter, la grande, rovente, a volte furibonda avversaria del suo passato. Maurizio Sarri è il nuovo partenopeismo, un movimento che aveva l’obiettivo di ostacolare il dominio della Juventus, e il prossimo anno, almeno per quanto sostengono gli esperti di mercato, allenerà la Juve. E’ come se Marcello Lippi diventasse l’allenatore della Fiorentina, Mourinho quello del Milan, Simone Inzaghi quello della Roma, Mazzone quello dell’Atalanta e Prandelli quello del Casette d’Ete (per chi non lo sapesse, è il paese dei Della Valle).

     

    LO JUVENTINO CONTE -  Il calcio ha porte ampie e sempre aperte. Per cui se Conte va all’Inter e Sarri alla Juve non c’è da scandalizzarsi. Peraltro tutt’e due hanno trascorso un periodo nello stesso club londinese che, evidentemente, restituisce una verginità calcistica. Dobbiamo solo capire se l’Inter, la Juve e i loro mondi sono pronti a un cambiamento così drastico. Se prendi Conte, sai che le possibilità sono due: o si fa come dice lui o arrivederci e grazie. Prima mossa: Icardi fuori. Perché Conte non crede al gruppo, Conte è convinto che non ci sia nient’altro che il gruppo. L’Inter, come disse un giorno il direttore del Corriere dello Sport-Stadio, Italo Cucci, rispondendo in tv a Riccardo Ferri che si lamentava delle troppe voci sulla sua squadra pubblicate sui giornali, è una fabbrica di notizie. Esce sempre di tutto. Se c’è una possibilità che gli spifferi (gli stessi denunciati anche da Spalletti nel corso di questa stagione) vengano rinchiusi alla Pinetina, questa possibilità si chiama Conte. Il salentino non allena solo la squadra, allena tutto l’ambiente. Sotto questo aspetto è l’unico che si avvicina a Mourinho. Ma a differenza di Mourinho è juventino dentro. Non che sia un difetto in assoluto, lo è per l’interista. O l’interista capisce che questa è l’ultima possibilità per riconquistare la grandezza, o altrimenti può restare nel suo mondo nerazzurro e fregarsene di riprendere la sua antica posizione. Un tifoso segue percorsi diversi dal ragionamento normale, ci sarà sempre qualcuno a cui non farà piacere rincorrere la Juve con uno juventino.

       

    IL PARTENOPEO SARRI - Lo stesso, anzi di più, va detto sul conto di Sarri e la Juventus. Qui il cambiamento è davvero epocale. La Juve ha vinto i suoi scudetti con allenatori impastati di pragmatismo e concretezza, Parola, Vycpalek, Trapattoni, Lippi, Capello, Conte e Allegri, tecnici di mentalità bonipertiana (vincere non è la cosa più importante, è l’unica cosa che conta) ancora prima che juventina. Sarri appartiene al fronte opposto, al partito della vittoria è bella se accompagnata dalla bellezza dello spettacolo. E’ vero che una parte dei tifosi non era soddisfatta del gioco di Allegri, ma siamo sicuri che quella stessa gente, di fronte al bel gioco accompagnato da una non vittoria, resti fedele alla sua idea? Lo juventino è abituato a vincere, sente il successo come qualcosa che gli appartiene per natura. Sarebbe pronto a sostenere Sarri se all’inizio non ingranasse? A Empoli hanno resistito ed è nato una specie di mito, a Napoli non c’era l’obbligo di vincere ma anche quando nelle prime gare il sarrismo non funzionava sono stati dalla sua parte, alla Juve sarà lo stesso? Parliamo del tifo, ovviamente, non della società. Sarri significa Napoli, è stato un duro nemico e ora potrebbe diventare il primo riferimento tecnico della squadra campione d’Italia.

    Comunque vada, il passaggio dei nemici da un fronte all’altro darà più interesse al campionato. Che già aspettiamo con impazienza. 

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