Calciomercato.com

  • Milan, a che serve rinnovare Ibra? Eroico ma anche patetico, la sua strafottenza si sta smagnetizzando

    Milan, a che serve rinnovare Ibra? Eroico ma anche patetico, la sua strafottenza si sta smagnetizzando

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    In settimana il Milan, che sul mercato è praticamente fermo, farà firmare il contratto a Zlatan Ibrahimovic, infortunato e destinato a tornare in campo forse dopo la pausa del Mondiale. La decisione era già presa, gli accordi economici anche (un milione e mezzo con bonus annuali legati alle presenze e ai gol), quindi non è questo a lasciare perplessi.

    C’è da chiedersi, invece, quale sia l’utilità di ritrovarsi Ibrahimovic nello spogliatoio quando i titolari saranno Origi e Giroud. Dice il veterano di cento battaglie: porta esperienza, aiuta i più giovani. Premesso che Ibrahimovic è un bell’impiccio, perché, ammesso e non concesso che torni in piena efficienza, si metterà certo in concorrenza con gli altri due, personalmente non credo allo svedese come faro e guida per i compagni. Uno, perché la guida c’è già e si chiama Stefano Pioli. Due, perché se c’è uno che in campo (ma anche fuori) se la prende con i compagni per un passaggio sbagliato, questo è proprio Ibrahimovic. E non mi pare che finora abbia contribuito né alla serenità, né al buonumore dei ragazzi.

    Credo, perciò, che il Milan si stia incamminando su una strada ambigua: da una parte, non ha palesemente bisogno di Ibrahimovic dal punto di vista tecnico in ragione dell’età, della prognosi e della lenta guarigione, ma lo ingaggia ancora come un calciatore della sua rosa. Dall’altra, lo designa come una sorta di capitano non giocatore che “affianca” Pioli nel “trascinare” la squadra. Non so voi, ma io credo che, oltre alla chiarezza, manchi proprio la ragione per rivedere nel Milan un calciatore senza ruolo.

    Mi meraviglio dello stesso Ibrahimovic. Il tentativo di prolungare la carriera oltre le colonne d’Ercole di un tempo esaurito è qualcosa di eroico e patetico insieme. Il calciatore, con candida onestà, ha spiegato di aver paura del dopo e, quindi, di spostare l’asticella sempre più in là. Al contrario, sono convinto che Ibrahimovic dovesse partire proprio da questa paura per capire che il suo personaggio strafottente si sta smagnetizzando e che la vita, prima che il tempo, lo chiamava da un’altra parte. Non necessariamente fuori dal calcio, ma di certo fuori dal campo.

    Il problema è che per Zlatan il campo è il perimetro in cui non si sente insidiabile, dove non vige una legge, ma un regolamento, dove, anche se non si è più re, il rispetto te lo sei già guadagnato. La vita no. Rimessi gli abiti civili, per quanto eccentrici, bisogna ricominciare da zero dimostrando di essere bravi come quando si faceva gol. La maggioranza ricomincia, ma sposa un profilo basso e, tranne eccezioni (Cantona per esempio), diventa il gendarme della propria mesta esistenza. Probabilmente Ibrahimovic è atterrito dalla banalità del vivere senza conflitto, confronto e agone. Tuttavia un’altra partita, almeno ai suoi livelli, non è possibile e, dunque, nemmeno prevista. E non capisco perché il Milan voglia fargliela giocare anche se la fine è nota e immutabile.

    Altre Notizie